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L'offensiva britannica: l'operazione Compass La prima controffensiva italo-tedesca Operazioni Brevity e Battleaxe La seconda controffensiva italo-tedesca La conquista di Tobruch e la battaglia di Marsa Matruh La prima battaglia di El Alamein Alam El-Halfa o "la corsa dei sei giorni" L'ultima battaglia di El Alamein Kasserine - l'ultima offensiva di Rommel
Il 10 giugno 1940 l'Italia dichiarò guerra alla Francia e alla Gran Bretagna, con inizio delle ostilità alle ore 0000 dell'11 giugno: in quel momento, lo scacchiere libico era l'unico a contatto con entrambi i nemici. Verso ovest, in Tripolitania, gli italiani schieravano la V Armata, comandata dal generale Italo Gariboldi, con 9 divisioni, e verso l'Egitto, in Cirenaica, la X Armata, comandata dal generale Mario Berti, con 5 divisioni. In tutto 236.000 uomini. I francesi disponevano di circa 139.000 uomini in Tunisia, 134.000 in Algeria e 137.000 in Marocco. Le truppe inglesi nello scacchiere africano e mediorientale erano al comando del generale Archibald Wavell. In Egitto si trovava la Western Desert Force, in tutto circa 50.000 uomini, compresi gli addetti ai servizi; altri 28.000 uomini erano dislocati in Palestina. Italo Balbo, governatore generale della Libia e comandante in capo delle forze ivi dislocate, era conscio della scarsità di mezzi e materiali delle sue truppe ma, nonostante le reiterate richieste in tal senso, ottenne solo la promessa dell'invio di 70 carri medi M11/39. Alle ore 0135 del 25 giugno le ostilità con la Francia cessavano. Balbo sperò allora di poter procedere all'occupazione della Tunisia per risolvere i suoi problemi prelevando il materiale francese, ma ottenne da Roma la risposta che le condizioni di armistizio non prevedevano tale evenienza e che occorreva concentrare tutte le forze sulla frontiera orientale.
Da parte loro, fin dall'11 giugno le autoblindo dell'11° Ussari, avanguardia della 7° divisione corazzata britannica della Western Desert Force dislocata in Egitto, avevano molestato le guarnigioni italiane dislocate al confine tra Libia ed Egitto, annientando un paio di colonne motorizzate inviate a rinforzare i presidi attaccati. In particolare il 16 giugno venne duramente colpita la colonna del col. D’Avanzo che, nonostante il rinforzo di alcuni carri leggeri CV33, venne sopraffatta da elementi blindati nemici nei pressi di Sidi Omar. La maggior parte delle puntate britanniche fu in ogni caso respinta, ma il fatto stesso che esse persistessero non poteva che allarmare i comandi italiani, tanto più che i carri leggeri italiani ebbero spesso la peggio contro le autoblindo britanniche. Verso la fine di giugno Mussolini cominciò a premere per un'avanzata contro gli inglesi in Egitto. Alle 1740 del 28 giugno, però, il trimotore S.79 col quale Balbo stava giungendo a Tobruch da Derna fu abbattuto per errore dalla contraerea italiana. Al comando delle truppe dell'Africa settentrionale fu nominato quindi il maresciallo d'Italia Rodolfo Graziani, il quale giunse a Tripoli il 30 giugno. Il 2 luglio era a Cirene, dove ebbe il primo colloquio con il suo capo di Stato Maggiore, generale Giuseppe Tellera. Nel corso del mese di luglio arrivarono i 70 carri medi promessi, insieme ad altri 500 veicoli, mentre reparti della V passavano alla X Armata, Graziani poteva contare inoltre su 3787 autocarri e 340 carri leggeri. Continuavano intanto le puntate britanniche, meno frequenti, però, che nel mese di giugno. Il 5 agosto, nei pressi della località di Sidi Azeiz, ebbe luogo un vivace scontro nel quale furono impiegati per la prima volta i carri M11: gli inglesi abbandonarono 4 carri, 2 dei quali furono rimorchiati nelle linee italiane.
Carri M11/39 appena giunti dall'Italia in movimento nel deserto libico Dopo vari colloqui a Roma e innumerevoli scambi di telegrammi con Mussolini e Badoglio, alla fine di agosto Graziani esaminò seriamente l'idea di un'avanzata in Egitto. Si pianificò quindi di far procedere a nord, lungo la strada costiera, le 3 divisioni del XXIII Corpo d'armata, comandato dal generale Annibale Bergonzoli (soprannominato "barba elettrica"), e a sud le 2 divisioni libiche, comandate dal generale Sebastiano Gallina. Il raggruppamento speciale del generale Pietro Maletti integralmente motorizzato e con ampia autonomia restava in riserva, . Si contava di autotrasportare completamente le divisioni libiche non appena giunti 600 autocarri che si aspettavano dall'Italia. Alle 1530 del 7 settembre1940 Graziani ricevette però l'ordine di Mussolini di dare inizio all'operazione il 9 settembre, prima che arrivassero gli autocarri. Vista la mancanza di automezzi, Graziani decise allora di avanzare con l'intera massa lungo la direttrice costiera: gruppo divisioni libiche in prima schiera, XXIII Corpo d'armata in seconda schiera, divisione Camicie Nere 23 Marzo in riserva d'armata, raggruppamento Maletti alle dirette dipendenze del Comando Superiore per una eventuale manovra sul fianco dello schieramento inglese. L'8 settembre fu diramato l'ordine di operazioni. Graziani contava molto sull'appoggio aereo e invero, all'inizio dell'avanzata, la 5° squadra aerea della Libia poteva schierare 300 velivoli perfettamente efficienti contro un numero identico ma di qualità assai più eterogenea degli inglesi. Durante l'assunzione dello schieramento il generale Maletti si portò troppo rapidamente in avanti, deviando dalla direzione di movimento e smarrendosi. Il generale Bergonzoli, mossosi anche lui troppo velocemente, finì per trovarsi con parte delle truppe autotrasportate sulla stessa linea delle divisioni libiche, dando origine a incroci di colonne e intasamenti di strade e piste. Perciò, all'alba del 12 settembre, Graziani ordinò ventiquattr'ore di sosta per rimettere in sesto il raggruppamento Maletti e far riposare i libici. Rinunciò quindi anche all'idea di aggirare il fianco nemico dalla parte del deserto. Maletti passò agli ordini diretti del generale Berti e l'avanzata su Sidi el-Barrani divenne il più elementare degli attacchi frontali, iniziato il mattino di venerdì 13 settembre, dopo uno spettacolare bombardamento terrestre e aereo. Alle 0830 gli italiani occupavano Sollum alta. Nel tardo pomeriggio, il possesso del ciglione dell'altopiano da Sollum a Halfaya e degli sbocchi in piano era saldamente assicurato, mentre gli inglesi si ritiravano ordinatamente. In seguito a ulteriori mescolamenti di reparti, l'avanzata riprese solo nella tarda mattinata del 14 settembre, e fu lenta e molto disturbata dagli inglesi, che inflissero dure perdite con le artiglierie mobili, specialmente mentre le truppe italiane scendevano dalla scarpata dell'altopiano. Il nemico aveva abilmente devastato la grande strada costiera, disseminando poi le macerie di mine. Gli autocarri più pesanti affondavano nel piano stradale, bloccando la strada. Quelli che sopraggiungevano tentavano di passare sul terreno laterale, che a sinistra era fangoso a causa degli stagni costieri, mentre a destra era coperto di dune di sabbia.
Truppe italiane in movimento verso Sidi el Barrani
Truppe italiane in movimento verso Sidi el Barrani Gli automezzi rimasero perciò uno dopo l'altro impantanati o insabbiati fino agli assali. Fu quindi un succedersi di imbottigliamenti e di arresti, oltre alle soste dovute al fuoco nemico. A ogni modo, alle 1445 il 16 settembre le Camicie Nere della 23 Marzo entravano indisturbate in Sidi el-Barrani. Nei due giorni seguenti Bergonzoli fece compiere una serie di ricognizioni armate per una trentina di chilometri in tutte le direzioni, senza trovare traccia dell'avversario. L'avanzata su Sidi el-Barrani era conclusa. Dal 13 al 18 settembre gli italiani avevano avuto complessivamente 120 morti e 410 feriti. Le perdite inglesi furono di circa 50 uomini.
Gli inglesi intanto si erano ritirati, come era nei loro piani, nel campo trincerato di Marsa Matruh, circa 120 chilometri a oriente di Sidi el-Barrani. Ma gli italiani non mostrarono nessuna intenzione di avanzare su Marsa Matruh. Appena raggiunto l'obiettivo, infatti, Graziani si era affrettato a comunicare a Roma che Sidi el-Barrani rappresentava il massimo limite del primo sbalzo offensivo. In effetti, i mezzi richiesti non erano giunti se non in parte, i reparti avevano bisogno di riordinarsi, bisognava superare le difficoltà logistiche poiché l'interramento dei pozzi da parte degli inglesi aveva privato la zona di risorse idriche e l'avanzata aveva prolungato le linee di comunicazione di 150 chilometri. Quindi Graziani si fermò e dispose le sue truppe in una serie di campi fortificati su un'area di circa 130 chilometri quadrati. I mezzi più importanti per una offensiva decisiva da parte italiana erano naturalmente i carri armati e gli autocarri. Di questi ultimi ne erano pronti in Italia almeno 6.000 perfettamente adatti al teatro di guerra africano, ma pochi furono inviati via mare. Intanto i tedeschi si offrirono più volte di inviare 2 divisioni corazzate in aiuto degli italiani, ma l'offerta fu per il momento declinata. Il 7-8 ottobre una ricognizione armata condotta da una colonna della div. Cirene su Gabr Abu Raydan in collaborazione con la 2 Libica, costrinse mezzi blindati nemici a ritirarsi,
Caposaldo italiano attorno a Sidi el Barrani I capisaldi italiani, disposti in un largo semicerchio attorno a Sidi el-Barrani erano troppo lontani per sostenersi reciprocamente,e il generale Berti cercò di coprire gli spazi intermedi,che andavano dai 10 ai 30 chilometri, con pattuglie motorizzate. In particolare, esisteva un ampio varco tra la posizione del Gruppo divisioni libiche, di cui faceva parte anche il raggruppamento Maletti, e la divisione di fanteria Cirene, una quarantina di chilometri a sud di Sidi el-Barrani. Le più esposte apparivano le truppe di Maletti. Questi, la sera del 18 novembre 1940, rilevò un'infiltrazione di mezzi cingolati inglesi in direzione nord-est. Un battaglione di carri M11 del raggruppamento della brigata corazzata speciale al comando del generale Valentino Babini venne inviato immediatamente, e vennero diramati ordini affinché una colonna celere della 2° divisione libica e una del raggruppamento Maletti fossero approntate per intervenire al momento opportuno insieme con il resto dei carri medi rimasti presso Sidi el-Barrani. Il 19 novembre due colonne italiane respinsero dopo dura lotta alcuni reparti inglesi, che però contrattaccarono durante il rientro alle basi delle unità italiane, provocando combattimenti di retroguardia risolti dall'intervento di una squadriglia di assaltatori Ba.65. Contemporaneamente un gruppo di CR42 affrontava una forza aerea nemica, abbattendo 6 aerei senza subire perdite. Gli italiani persero nel combattimento 80 uomini, 5 carri e 2 cannoni da 75/27, distruggendo 10 autoblindo nemiche. Si erano rese evidenti diverse carenze: i carri armati M11 dimostrarono la loro inferiorità rispetto ai mezzi inglesi, il nemico era dotato di mezzi più veloci, più potenti, più protetti e di artiglierie più mobili.
L'offensiva britannica: l'operazione Compass All'inizio di dicembre la X Armata italiana era dislocata nella zona Bardia-Sidi Omar-Bir Habata - el-Maktila (a oriente di Sidi el-Barrani). La 1° divisione libica era posta all'uadi el-Maktila, la 2° in tre capisaldi nella zona di Alam el-Tummar; la divisione Camicie Nere 3 Gennaio era schierata a protezione della base logistica di Sidi el-Barrani. Il XXI Corpo d'armata (generale Carlo Spatocco) schierava il raggruppamento Maletti ad Alam el-Nibeua ed Alam el-Iktufa, a sud-ovest della 2° divisione libica. La divisione di fanteria Cirene era schierata sul rilievo roccioso di Bir Sofafi, divisa in 4 capisaldi. La divisione di fanteria Catanzaro era suddivisa fra 8 capisaldi a sud-est di Bug Bug. Il XXIII Corpo d'armata presidiava Bardia con la divisione Camicie Nere 23 Marzo, occupava i passi di Sollum e dell'Halfaya con la divisione Camicie Nere 28 Ottobre e fronteggiava eventuali attacchi da sud con la divisione di fanteria Marmarica, schierata fra Sidi Ornar e il ciglione di Sollum. Alle dirette dipendenze del comando superiore c'erano poi il comando del XXII Corpo d'armata (generale Enrico Pitassi Mannella), la divisione di fanteria Sirte, la brigata Babini, e due raggruppamenti d'artiglieria. Vi erano, infine, i presidi di Tobruch e Bardia, quelli minori nel deserto cirenaico e le truppe del Sahara libico. A ogni modo, le truppe interessate al primo scontro furono il gruppo divisioni libiche e il XXI Corpo d'armata: 12 battaglioni di fanteria, 20 battaglioni libici, 6 di Camicie Nere; 3 battaglioni mitraglieri, 6 compagnie mortai da 81, 10 compagnie contro carri da 47/32; 1 battaglione carri M11, 3 battaglioni carri leggeri; 22 gruppi di artiglieria da campagna e 12 batterie d'accompagnamento da 65/17. Complessivamente, all'incirca 50-60.000 uomini e 300 pezzi d'artiglieria, con l'appoggio di 238 velivoli efficienti della 5° squadra aerea. Per quanto riguarda gli avversari, fin dal 20 ottobre i generali O'Connor e Wavell, con la decisiva collaborazione del generale Henry Maitland Wilson, responsabile delle forze in Egitto, preparavano un'offensiva contro gli italiani: un'operazione limitata, nella quale non era stata nemmeno immaginata la possibilità di proseguire al di là del terreno perduto in settembre, e solo auspicata l'avanzata fino alla frontiera libica. Per compierla furono utilizzate la 7a divisione corazzata e la 4a divisione indiana con gli organici al completo, parte della guarnigione di Marsa Matruh e il 7° Royal Tank Regiment (RTR), dotato dei nuovi carri Matilda Mk II. Le forze inglesi impiegate ammontavano a 36000 uomini, con 120 pezzi d'artiglieria, 60 autoblindo, 275 carri armati, dei quali 145 carri leggeri Mk VI B da 5 tonnellate, 80 cruisers e 50 Matilda. Il 6 dicembre 1940 il generale O'Connor diramò gli ordini per l'operazione, denominata Compass. Il mattino del 7 dicembre la Royal Air Force iniziò l'offensiva aerea bombardando gli aeroporti italiani. Nel pomeriggio le forze di O'Connor cominciarono la lunga marcia di avvicinamento alle posizioni italiane, oltre 110 chilometri nel pieno del deserto.
Movimenti inglesi nell'Operazione Compass Intorno alle 0745 del 9 dicembre, dopo un intenso e concentrato fuoco dell'artiglieria della 4a divisione indiana i carri Matilda del 7° RTR irruppero nel campo di Alam el-Nibeua, dove stavano le truppe del generale Maletti, e colsero di sorpresa la guarnigione, dopo aver annientato i 22 carri M11 che stazionavano fuori dal campo. Dopo tre ore di combattimento il raggruppamento Maletti non esisteva più, e il suo comandante era caduto sul campo. Gli italiani ebbero circa 800 caduti,1300 feriti e 200 prigionieri. Nell'azione gli inglesi subirono la perdita, in tutto, di 8 ufficiali e 48 uomini di truppa tra morti, feriti e dispersi. Compiendo poi una conversione verso oriente, altre truppe della divisione indiana, la 5° brigata e il 25° artiglieria, poi raggiunte dal 7° RTR, si avviarono ad annientare in successione i 3 capisaldi affiancati nei quali erano attestate le truppe della 2° divisione libica. Malgrado l'accanita resistenza, alle sei di sera era tutto finito. Intanto la 7° divisione corazzata aveva proseguito la sua marcia verso nord-ovest e aveva raggiunto la strada Sidi el-Barrani-Bug Bug, tagliando così la linea di comunicazione italiana. Nel tardo pomeriggio il generale Gallina ordinò alla 1° divisione libica di ritirarsi prima che fosse tagliata fuori, il generale Spatocco pose 2 battaglioni carri leggeri a disposizione della divisione Catanzaro e cercò di migliorare la posizione della Cirene. Il 10 dicembre la 4° divisione indiana mosse all'attacco dei campi trincerati intorno a Sidi el-Barrani. Un primo assalto, sferrato intorno alle 0530 dalla 16° brigata inglese, fu respinto infliggendo al nemico sensibili perdite. Ma non appena entrarono in scena i Matilda, l'artiglieria pesante e la Royal Air Force, il destino dei difensori apparve segnato. Verso l'una del pomeriggio le Camicie Nere dei settori occidentale e meridionale del perimetro difensivo cedettero di schianto. Alle 1730 la resistenza organizzata cessava. Le ultime, isolate, resistenze cessarono nel corso della notte. La riconquista di Sidi el-Barrani assorbì comunque abbastanza forze inglesi da permettere a Graziani di ordinare il ripiegamento della Cirene e della Catanzaro. La prima unità, iniziato il movimento alle quattro del mattino dell'11 dicembre, pur disturbata da attacchi aerei, riuscì a ripiegare all'Halfaya dopo aver percorso 60 chilometri in 36 ore. La seconda, coni reparti dislocati in 8 capisaldi disposti a scacchiera irregolare, fu attaccata mentre stava ripiegando dall'11° Ussari e dalla 7° brigata corazzata, Giunta la notte, meno di un terzo degli uomini, con poco materiale, riuscì a raggiungere le linee del XXIII Corpo d'armata in direzione di Sollum. In tre giorni erano letteralmente svanite, come forze belliche organizzate, 2 divisioni libiche, 1 divisione di Camicie Nere, la divisione Catanzaro, il raggruppamento Maletti e numerosi supporti di vario tipo.
Colonna di prigionieri italiani avviati verso le retrovie inglesi Al mattino del 12 le forze della X Armata ancora efficienti erano: la divisione Camicie Nere 28 Ottobre, che aveva organizzato uno sbarramento dal passo Halfaya al mare, subendo il cannoneggiamento di 3 indisturbate navi da guerra britanniche; la divisione Marmarica, schierata dall'Halfaya a Gabr-bu Fares, una decina di chilometri a sud-ovest; la Cirene, in seconda schiera con l'obiettivo di fronteggiare penetrazioni attraverso una o l'altra delle prime due unità; più indietro vi era la divisione Camicie Nere 23 Marzo. che aveva preso posizione tra la ridotta Capuzzo e il mare, a nord-ovest di Sollum, con un piccolo distaccamento a Sidi Omar; la brigata corazzata, a sud di Bardia. Il 3° battaglione carri, dotato di carri M13, fu collocato in corrispondenza degli sbocchi delle strade di Sollum e di Halfaya. Il generale O'Connor aveva lasciato il compito di sfruttare il successo alla 7° divisione corazzata, che dopo una sosta per consentire lo sgombero dei prigionieri, continuò la pressione il 13 dicembre. Gli italiani riuscirono, tuttavia, a ottenere un certo respiro, grazie a contrattacchi locali condotti con i carri M13 appoggiati dall'aviazione. Il 14 dicembre, saputo che all'imbrunire gruppi meccanizzati nemici erano arrivati a soli 25 chilometri da Tobruch, Graziani, per impedire l'avvolgimento di questa piazza, trasferì la brigata corazzata alla stretta di Ain el-Gazala,sulla costa a ovest di Tobruch.
Il generale Bergonzoli, comandante del XXIII Corpo d'armata, composto ora dalle divisioni Camicie Nere 28 Ottobre e 23 Marzo e dalle divisioni di fanteria Marmarica e Cirene, prese allora la decisione di arretrare su Bardia. In seguito a ordini superiori, O'Connor dovette inviare la 4° divisione indiana in Sudan e rimpiazzarla con la 6° divisione australiana, il cui grosso era ancora nella zona di Alessandria. Doveva inoltre sgomberare i prigionieri e continuare ad alimentare la lotta. Tutto questo, a cui si aggiungeva la necessità di aprire il porto di Sollum per i rifornimenti, impegnò gli inglesi per tutta la seconda metà di dicembre. Il XXIII Corpo d'armata completò il ripiegamento su Bardia il 16 dicembre. La piazza aveva le comunicazioni con le retrovie praticamente interrotte e la Regia Marina non era in grado di rifornirla dal mare. Gli uomini di Bergonzoli poterono perciò contare solo sulle scorte esistenti nella piazza, la cui cinta perimetrale,inoltre, lunga circa 30 chilometri, non era particolarmente robusta. Dal mare, infine, le navi inglesi battevano tranquillamente le postazioni italiane. Il 22 dicembre il generale Mario Berti fu sostituito dal generale Giuseppe Tellera, già capo di stato maggiore del Comando Superiore. All'inizio di gennaio del 1941 il 13° Corpo d'armata britannico,come fu ribattezzata la Western Desert Force, chiuse il cerchio intorno a Bardia e il 3 gennaio la 6° divisione australiana, appoggiata dal 7° RTR con i 26 carri Matilda superstiti, iniziò l'attacco alle posizioni italiane. Bergonzoli aveva fatto del suo meglio per migliorare le difese: fu rimesso in efficienza il fossato anticarro, furono riparati i tratti interrotti di reticolato e messe in opera le poche mine custodite nei depositi. L'intenso bombardamento da terra, dal cielo e dal mare ammorbidì però significativamente le difese, tanto che i pionieri australiani aprirono senza difficoltà varchi nella linea italiana.
Carta delle operazioni contro la piazza di Bardia Verso le 0700 la fanteria penetrò in forze nel cuore della piazzaforte italiana insieme ai carri armati e la difesa entrò subito in crisi: la battaglia si risolse in una serie di piccoli scontri molto duri, con resistenze accanite che a un certo punto cedevano di schianto. Al calar della sera, il settore centrale della difesa era in mano agli australiani. Il giorno dopo fu la volta del settore sudorientale: i battaglioni della divisione Cirene dovettero combattere a fronte rovesciato e non ressero a lungo. Verso le 1600 i britannici entravano a Bardia, mentre rimaneva in piedi solo l'estremità settentrionale del perimetro difensivo, sul quale fu concentrato tutto il fuoco dell'attaccante il mattino del 5 gennaio. Alle 1300 del 5 gennaio era tutto finito. Bergonzoli con un gruppo di uomini riuscì a sfuggire alla cattura muovendosi di notte e occultandosi di giorno, raggiungendo la zona di Tobruch nel pomeriggio del 9 gennaio. In tre giorni di combattimento, gli attaccanti persero in tutto 456 uomini. Gli italiani, tra morti, feriti e prigionieri, mezzi distrutti o catturati, persero 45000 uomini, 430 pezzi d'artiglieria, 13 carri medi, 117 carri leggeri, centinaia di autocarri. Va posto nel dovuto rilievo che, con i circa 1000 autocarri catturati a Sidi el-Barrani e i 706 catturati a Bardia, i britannici, che del resto giudicarono eccellenti i veicoli italiani, completarono sapientemente la propria motorizzazione,rafforzando così ulteriormente la loro mobilità.
Il 6 gennaio la 7° brigata corazzata, aggirando le difese, bloccò Tobruch da ovest, tagliando ancora una volta la linea di operazioni italiana. Il 7 gennaio giunsero il resto della 7° divisione corazzata e della 6° australiana. Il 10 gennaio il comandante della piazza, generale Enrico Pitassi Mannella, vista l'impossibilità di ricevere aiuto da terra, fece saltare i ponti sulla strada per Bardia e sulla strada per Derna. Nell'ultimo mese anche lui aveva cercato di attuare provvedimenti per rendere più efficace la difesa: poco addentro al settore sudorientale del perimetro aveva persino fatto interrare su più linee ad arco i 39 carri M11 e i 32 carri L in avaria al fine di utilizzarne l'armamento per rinforzare il perimetro difensivo. Tobruch aveva un'organizzazione difensiva più solida di Bardia, però estesa per ben 54 chilometri, e le truppe a disposizione si riducevano alla sola divisione di fanteria Sirte come grande unità organica, più i supporti di Corpo d'armata e unità minori. La linea di resistenza non poteva insomma essere che a maglie troppo larghe e priva di adeguata profondità. Inoltre i collegamenti e l'osservazione non furono all'altezza della rapidità del nemico: il tempo occorrente all'artiglieria italiana per orientarsi e intervenire consentiva al nemico di percorrere due chilometri, sufficienti per avvicinarsi, perforare la cinta perimetrale e dilagare all'interno. Ancora una volta il ruolo principale toccò alla 6° divisione australiana e al 7° RTR, ora ridotto a soli 18 Matilda. Dopo il fuoco dalle navi e quello dell'aviazione, alle 5,40 del mattino del 21 gennaio 1941 cominciò il fuoco di preparazione dell'artiglieria britannica. Alle sette si era prodotto uno squarcio di oltre 1 chilometro nel settore difensivo sudorientale e gli australiani, subito seguiti dai Matilda, vi si addentrarono e cominciarono l'allargamento della breccia. L'artiglieria italiana sparò a tiro diretto fino a quando i carri non irruppero in mezzo ai pezzi, scompaginando le postazioni italiane.
Carta delle operazioni contro la piazza di Tobruch Attorno al semicerchio di carri interrati vi fu una lotta accanita che si concluse con l'autentico massacro del I battaglione del 4° reggimento fanteria carrista e del battaglione carri leggeri: cadde il 70% degli ufficiali, compresi i due comandanti di battaglione, e il 50% dei soldati. Intorno alle 1300 partì il contrattacco italiano, condotto con 7 carri M11: l'urto riuscì per un momento ad arrestare la fanteria australiana, ma, distrutti 5 carri, l'azione italiana si spense. Nel tardo pomeriggio, sotto i colpi della 7° divisione corazzata, cedettero anche i settori occidentale e settentrionale. Al calar della sera del 21 gennaio oltre metà della piazza era in mani britanniche. Alle 0415 del 22 l'incrociatore San Giorgio, che, bloccato nel porto, aveva appoggiato i difensori col fuoco delle proprie artiglierie, si autoaffondava. All'alba del 22 gennaio, quando l'avanzata riprese, non vi era più alcuna resistenza organizzata. Intorno alle 1600 si arrendeva anche l'ultimo caposaldo. Il13° Corpo d'armata britannico perse circa 400 uomini, gli italiani circa 24000, fra cui 2000 marinai, oltre a molto materiale che non si era riusciti a distruggere.
Tobruch vista dall'alto dopo la conquista da parte delle truppe britanniche Era ora la volta di Derna, 170 chilometri più a ovest. La città, a differenza di Tobruch, non possedeva una cinta fortificata. Erano ancora disponibili la divisione di fanteria Sabratha, attestata sul ciglione di Derna, la brigata corazzata Babini a protezione del nodo carovaniero di El Mechili, 80 chilometri a sud-ovest, e un raggruppamento motorizzato, in tutto circa 14000 uomini con 254 bocche da fuoco, 57 carri M13, 25 carri L, 6 autoblindo e oltre 300 automezzi. Vi era infine il "settore Derna" al comando del generale Bergonzoli, un'unità di circa 5000 uomini di varia provenienza, per lo più superstiti dei precedenti combattimenti. A ogni modo, le truppe del 13° Corpo d'armata britannico furono duramente contrastate mentre avanzavano su Derna, e il 24 gennaio i carri di Babini respinsero nettamente avanguardie blindate nemiche, infliggendo loro la perdita di una decina di mezzi, anche se al prezzo di 7 M13. Lo scontro fu un successo tattico locale, tuttavia indicativo di come i reparti italiani, se adeguatamente impiegati, potessero ottenere qualche buon risultato. Il 29 gennaio il generale Tellera ordinò l'arretramento del sistema difensivo, e gli italiani sgombrarono Derna con una certa tranquillità. Nel tardo pomeriggio del 30 la 19° brigata australiana entrò nella città ormai vuota. Alle 12,45 del 31 gennaio, preoccupato dalle informazioni che indicavano la presenza nel deserto libico meridionale di forti nuclei francesi fedeli al governo De Gaulle in esilio e da altre notizie negative circa l'atteggiamento delle popolazioni libiche, Graziani ordinò la ritirata generale dalla Cirenaica. Il generale Tellera disponeva ormai di soli 850 autocarri. Tolti i 300 della brigata Babini e 100 indispensabili per assicurare il minimo dei servizi, ne rimanevano 450. Per la ritirata generale ne sarebbero però occorsi almeno 1000: gran parte delle truppe, già stanche e demoralizzate avrebbe dovuto dunque muoversi a piedi. In queste condizioni, il mattino del 10 febbraio, la retroguardia della divisione Sabratha fu travolta con molta facilità dalla 19° brigata australiana. Il 2 febbraio il generale Tellera emanò le disposizioni per il ripiegamento da Barce su Agedabia passando per Bengasi, caricando su autocarri solo il materiale pesante.
Informato della ritirata dalla ricognizione aerea, O'Connor, che stava aspettando i rinforzi della 2° divisione corazzata, decise di lanciare ugualmente la 7° divisione corazzata, ridotta a 50 cruiser e 95 carri leggeri, molti in cattive condizioni, lungo la corda dell'arco disegnato dal "gebel"cirenaico, per tagliare la strada della ritirata ai resti della X Armata. La 6° divisione australiana avrebbe invece incalzato gli italiani, pressandoli alle spalle. Spesso sotto una pioggia battente, intervallata da grandinate, i combattimenti decisivi avvennero tutti a cavallo della carrozzabile litoranea, la via Balbia, lungo un segmento di circa 40 chilometri, tra il chilometro 30 e il chilometro 70. Tra il 5 e il 6 febbraio i reparti italiani andarono a cozzare uno dopo l'altro contro lo sbarramento inglese della 7° Corazzata, che li aveva preceduti, all'altezza della località di Beda Fomm. I carri inglesi imperversavano, muovendosi su e giù parallelamente alla strada, e sconvolgevano la lunghissima colonna in ritirata da Bengasi ad Agedabia. Dopo il primo combattimento, automezzi stracarichi di militari e civili già diretti ad Agedabia, tornavano indietro, aggiungendo confusione a confusione.
Resti della X Armata lungo la litoranea verso Beda Fomm superati da forze mobili britanniche Il generale Tellera restò gravemente ferito e morì in un ospedale da campo alle 6,30 del mattino del 7 febbraio. Bergonzoli, che comandava la retroguardia, tentò di aprirsi la strada. A sera del 6 febbraio, però, fu chiaro che i resti della X Armata, scaglionati per quasi 40 chilometri, con mezzi imbottigliati, materiali distrutti, personale completamente disorientato, erano in una situazione disperata. Il mattino del 7 febbraio, Bergonzoli tentò il tutto per tutto. Con la forza della disperazione, gli ultimi 30 carri medi si avventarono sui reparti della RifleBrigade. Solo 5carri superarono lo sbarramento, dirigendosi verso il comando, finché un pezzo controcarro ottimamente servito non li fermò uno dopo l'altro in pochi minuti. Alle nove del mattino Bergonzoli si arrendeva con gli ultimi residui della X Armata, circa 20000 uomini. Riuscirono a riparare in Tripolitania appena 7000 italiani e 1300 libici. Sull'onda dell'entusiasmo, gli inglesi inviarono subito uno squadrone dell'11° Ussari su Agedabia, dove furono raccolti altri prigionieri. Inviato un secondo squadrone, proseguirono su el-Agheila, al confine fra Cirenaica e Tripolitania. Vi erano solo poche forze italiane a Sirte e poi più nulla fino a Tripoli, dove restavano solo 4 divisioni, delle quali 3 impoverite a causa degli invii di personale fatti a favore della X Armata. In due mesi gli inglesi erano avanzati di circa 800 chilometri, perdendo in tutto meno di 2000 uomini tra morti, feriti, prigionieri e dispersi, e catturando più di 130000 prigionieri, tra i quali 23 generali, oltre a 1290 pezzi d'artiglieria, 400 carri armati, migliaia di veicoli e centinaia di aeroplani: il tutto senza mai utilizzare sul campo più di 2 divisioni alla volta. Ora però il 13° Corpo d'armata era allo stremo delle forze. Le perdite umane erano state limitate, ma ben l'80% dei mezzi era distrutto o inutilizzabile. E fino a Tripoli c'erano ancora da percorrere 760 chilometri di deserto con truppe stanche e logore dopo la lunga corsa. Churchill era inoltre preoccupato per la situazione greca, e sottrasse perciò truppe al fronte africano. L'ultima operazione inglese fu la conquista del fortino di Giarabub, in pieno deserto libico, che cedette il 21 marzo. La disastrosa sconfitta indusse Mussolini ad accettare l'aiuto tedesco. L'11 febbraio 1941 Graziani rientrò in Italia.
Il 12 febbraio Erwin Rommel, appena promosso General Leutnant, giunse in Libia. Rommel prese subito visione aerea dell'area sirtica, dove erano schierati i reparti italiani più avanzati. Al rientro dalla ricognizione, accettò di impostare una difesa statica all'altezza di Sirte e sfruttare eventualmente nel combattimento le unità corazzate a disposizione.
Sfilata a Tripoli delle forze dell'Afrika Korps appena giunto in terra libica Il 14 febbraio arrivarono a Tripoli le prime truppe tedesche: il 3° gruppo esplorante e il 39° gruppo Panzerjager, avanguardie della 5° Leichtedivision. Il 17 febbraio erano già a rafforzare gli uomini del tenente colonnello Mario Santamaria a Sirte, e il giorno stesso si spingevano a Nofilia, circa 130 chilometri più a oriente. Nei giorni seguenti sbarcarono gli altri reparti e mezzi della 5° Leichtedivision (per un totale di 9300 uomini, 2000 automezzi, 111 pezzi anticarro,130 Panzer III), che furono subito inviati a Nofilia. Il 24 gennaio intanto erano arrivati i primi reparti della divisione corazzata Ariete, ma l'unità non era ancora completa (lo sarebbe stata solo a partire dal 26 febbraio), e per il momento era armata solo di carri leggeri CV33. La 5° squadra aerea era rimasta con appena un centinaio di apparecchi efficienti. Dal canto loro gli inglesi restavano inerti, limitandosi a sostituire la logora 7° divisione corazzata con la 2° divisione corazzata, e la 6° australiana con la 9° australiana. Nel complesso, però, il mese di febbraio trascorse in una relativa calma. Giusto per tastare il terreno, il 4 marzo Rommel decise di fare un altro balzo in avanti e fece occupare una zona 20 chilometri prima di el-Agheila, guadagnando così altri 120 chilometri: gli inglesi non reagirono, e anzi fu segnalato qualche movimento retrogrado verso Agedabia. Il 9 marzo il grosso della divisione Ariete, in attesa di ricevere due battaglioni carri M13, raggiunse la 5° Leichtedivision tedesca. Per evitare il rischio di un aggiramento da sud, il 13 marzo fu occupata l'oasi di Marada, senza incontrare il nemico. Lo stesso giorno Rommel trasferì il proprio comando a Sirte, mostrandosi sempre più desideroso di condurre un'offensiva, anche se limitata.
La prima controffensiva italo-tedesca Il 24 marzo, il3° gruppo esplorante tedesco e un gruppo tattico italiano raggiungevano el-Agheila, mentre il presidio inglese si sottraeva all'attacco. Rommel si convinse sempre più della possibilità di una offensiva. Il 29 marzo ebbe un colloquio con Gariboldi e gli propose di portare avanti, gradualmente, il dispositivo fino a Marsa el-Brega. Per condurre l'operazione Rommel poteva contare sulla5°Leichtedivision, sulla divisione corazzata Ariete e sulla divisione di fanteria Brescia, per un totale di circa 25.000uomini, con 231 carri medi, 117 carri leggeri, 27 autoblindo,72 pezzi da campagna e 220 controcarri. Si poteva inoltre fare affidamento sull'appoggio aereo di circa200 apparecchi efficienti. Rommel si avvalse di numerosi gruppi tattici di costituzione variabile secondo gli sviluppi del combattimento. Il31 marzo, per la ricognizione offensiva su Marsa el-Brega,egli utilizzò un gruppo composto da una compagnia di Panzer, una di Panzerjager e una batteria da 88 mm. Sulla destra, operavano il 3° gruppo esplorante e gli italiani del tenente colonnello Santamaria (1 compagnia mitraglieri, 1compagnia di carri CV33, 2 plotoni di cannoni controcarro da 47/32, 1 sezione da 20 mm, 1 plotone guastatori e 2 batterie da 75/27). Con l'appoggio degli Stuka, a sera gli italo-tedeschi erano a Marsa el-Brega e alle 1630 del 2 aprile occupavano Agedabia, dopo aver sorpreso la 3° brigata corazzata inglese del tutto disorganizzata. La rapidità e la sicurezza del movimento avevano convinto gli inglesi di avere di fronte addirittura un intero Corpo d'armata corazzato tedesco. Rommel decise perciò di sfruttare a fondo l'imprevisto stato di cose e proseguire l'avanzata, malgrado le perplessità di Gariboldi,del Comando Supremo italiano e dell'Oberkommando der Wermacht (OKW). Saputo che anche Bengasi era stata sgombrata, Rommel diede disposizioni per tagliare la ritirata alle truppe britanniche aggirandole per il gebel cirenaico. Egli riteneva che la rapidità dovesse avere la precedenza su qualsiasi altra considerazione e i fatti gli diedero ragione. Frail3 e il 13 aprile 4 colonne italo-tedesche, lanciate a ventaglio da Agedabia verso el-Mechili e il golfo di Bomba,pur tra innumerevoli traversie logistiche, specie per il rifornimento di carburante, riconquistarono la Cirenaica e si spinsero fino a Sollum.
Truppe italiane dopo la conquista del fortino di El Mechili L'avanzata italo-tedesca fu un affannato arrancare di colonne in una sorta di gara contro il disperato retrocedere dei reparti nemici: lo scompiglio provocato nelle truppe britanniche dalla rapida azione di Rommel fu accresciuto enormemente dall'accavallarsi di ordini e contrordini, dai ritardi nella loro trasmissione,dall'inadeguatezza del sistema logistico e dalla scarsa esperienza di guerra nel deserto delle nuove unità britanniche. Nel tentativo di mettere ordine nella confusione montante,il generale Wavell aveva spedito al fronte il generale Richard O'Connor, promosso comandante in capo delle forze britanniche in Egitto dopo la brillante conclusione dell'operazione Compass, perché sostituisse il generale Philip Neame, comandante delle forze britanniche in Cirenaica. Nella notte del 7 aprile, durante una ricognizione avanzata, incapparono sulla pista per Derna in un posto di blocco tedesco ed entrambi furono catturati e spediti in prigionia in Italia. In tredici giorni erano stati percorsi 1000 chilometri,dei quali 700 (da el-Agheila a Derna) in meno di una settimana; erano state catturate ingenti quantità di materiali ed erano stati fatti prigionieri ben sei generali nemici, perdendo solo un paio di centinaia di uomini. Il generale Wavell, dietro precisa raccomandazione di Churchill, era deciso a conservare Tobruch ad ogni costo,per negare a Rommel una base logistica vitale per eventuali future avanzate. Fece perciò affluire in fretta via mare alcuni reparti e un'aliquota di carri armati per rinforzare il presidio del Corpo d'armata australiano. Un primo attacco, condotto di slancio tra l'11 e il 13aprile, era stato respinto. Rommel ne lanciò un altro, dopo migliore preparazione, tra il 14 e il 17 aprile, ma anch'esso fu respinto, come quello successivo fra il 30 aprile e il 2 maggio. Le operazioni contro Tobruch si trasformarono in un vero assedio, che tenne occupato l'intero XXI Corpo d'armata italiano (divisioni Pavia, Bologna, Brescia, Trento) ed era reso più difficile dalla linea di rifornimento eccessivamente allungata e dalle continue azioni offensive della marina inglese contro i convogli dell'Asse naviganti tra l'Italia e la Tripolitania,
Operazioni Brevity e Battleaxe Il mattino del 15 maggio, nella speranza di liberare Tobruch, forze britanniche per un totale di circa 5 battaglioni di fanteria, 4 gruppi d'artiglieria, 1 battaglione autoblindo e 4 squadroni carri armati, attaccavano di sorpresa il fronte di Sollum, portandosi di slancio fino alla ridotta Capuzzo, I bersaglieri del colonnello Ugo Montemurro e i tedeschi si batterono però bene e, contrattaccando,il giorno 18 avevano ristabilito completamente la situazione, anche con reparti della 15°Panzerdivision appena arrivata, facendo fallire quella che gli inglesi avevano denominato operazione Brevity. Intanto i tedeschi avevano ottenuto dal governo di Vichy il permesso di utilizzare l'aeroporto di Damasco per farvi atterrare velivoli militari. Il timore che la Siria, allora comprendente anche il territorio dell'odierno Libano,potesse costituire un'altra tappa per il controllo del Mediterraneo da pal1e dei tedeschi, indusse il governo britannico a prendere la decisione di occupare il paese. L'invasione cominciò 1'8 giugno 1941, fu condotta dalla 7° divisione australiana e altre forze miste, e si concluse il 12luglio. L'operazione ebbe il vantaggio di assicurare il fianco settentrionale dell'Egitto. Al passo Halfaya, il 15 giugno ebbe inizio un più vasto ritorno offensivo contro gli italo-tedeschi, denominato operazione Battleaxe. La 4° divisione indiana doveva riconquistare il passo con l'11° brigata che procedeva dalla costa,mentre la 22° Guards Brigade e la 4° brigata corazzata dovevano avanzare con manovra avvolgente sopra il ciglione alla loro sinistra per rioccupare la tanto contesa ridotta Capuzzo. La gloriosa 7° divisione corazzata inglese, rimessa a nuovo, doveva da parte sua aggirare il fianco occidentale dello schieramento italo-tedesco presso Sidi Omar, con alla testa la 7° brigata corazzata, mentre il "gruppo di sostegno" avrebbe formato una cortina protettiva in direzione di Sidi Omar stessa. Si sperava che tale manovra portasse a uno scontro vittorioso con le forze corazzate tedesche che avrebbe permesso il congiungimento della 4° brigata corazzata con la 7° divisione. Qualora l'offensiva avesse avuto successo, l'obiettivo era rompere definitivamente l'assedio di Tobruch. Le posizioni italo-tedesche resistettero tuttavia validamente, e malgrado qualche progresso l'attacco fu arrestato. L'azione dei carri Matilda fu stroncata dal tiro preciso dei cannoni tedeschi da 88 mm. Il giorno 16 la lotta si riaccese con maggior violenza. Tuttavia, si fece sentire la manovra aggirante che Rommel aveva ordinato di compiere alla 5°Leichtedivision contro le forze nemiche penetrate nella zona ridotta Capuzzo-Sollum.
Soldati dell'Afrika Korps ispezionano carri Matilda distrutti dal fuoco dei cannoni da 88mm Il 17 giugno gli inglesi erano quindi costretti a ripiegare. Intorno alle tredici tutte le posizioni perdute nei due giorni precedenti erano state riconquistate. Il raggruppamento del colonnello Montemurro, costituito ora da 1 battaglione bersaglieri,1 battaglione carri M13, 2 compagnie da 47/32 e1 gruppo da 75/27, riconquistò i presidi della ridotta Capuzzo,di Musaid e di Sollum Alta. In tre giorni la battaglia difensiva si era conclusa a favore dell'Asse, anche se era sfuggita l'opportunità di infliggere all'avversario perdite autenticamente decisive: gli inglesi persero circa 1000 uomini, oltre a 249 carri di vario tipo;le forze di Rommel avevano subìto la perdita di 592 militari italiani e 685 tedeschi fra morti, feriti e dispersi, oltre a 12 carri e 55 automezzi. Il fallimento delle due imprese offensive inglesi creò una situazione di stallo ed entrambi gli schieramenti entrarono in un prolungato periodo di sosta operativa per potenziare le proprie forze nella misura sufficiente a garantire la ripresa dell'iniziativa delle operazioni. A causa del fallimento delle operazioni Brevity e Battleaxe e del disastroso intervento inglese in Grecia,il generale Wavell fu costretto a fare da capro espiatorio:il 1 luglio 1941 fu esonerato dal comando e quattro giorni dopo il suo posto venne preso dal generale Claude Auchinleck. AI comando britannico nel Medio Oriente fu data una nuova organizzazione: furono costituite due armate, dislocate una in Palestina e in Siria, l'altra in Egitto. Quest'ultima, in settembre, assunse ufficialmente il nome di Ottava Armata, e fu posta agli ordini del generale Alan Cunningham. Anche tra le forze dell'Asse vi fu un avvicendamento ai vertici: l'indipendenza mostrata da Rommel aveva creato aspri contrasti tra lui e il generale Gariboldi, che il 12 luglio fu esonerato dal comando e una settimana dopo sostituito dal generale Ettore Bastico. Inoltre la 5°Leichtedivision fu trasformata in divisione corazzata, assumendo dal 1 agosto il nominativo di 21°Panzerdivision. A Rommel fu dato il comando diretto di tutte le truppe,italiane e tedesche, operanti in Marmarica, con il nome di Panzergruppe Afrika. Il Deutsches Afrikakorps (DAK), al comando del generale Ludwig Cruwell, comprendeva la15° e la 21° Panzerdivision, la Divisione per impiego speciale (Division zur besonderen Verwendung, in novembre rinominata 1a divisione Afrika e poi 90° Leichtedivision),collocate in riserva tra Marsa Lucch e Bardia, e la divisione italiana Savona che, rinforzata da elementi tedeschi, era schierata sul fronte di Sollum. Il comando del DAK stava a Bardia. Le altre truppe agli ordini di Rommel, inquadrate nel XXI Corpo d'armata, al comando del generale Enea Navarini, erano adibite all'assedio di Tobruch:la divisione Brescia, la divisione Pavia, la divisione Bologna e la 15° brigata Schutzen tedesca. A metà settembre cominciarono ad affluire gli elementi della divisione motorizzata Trieste, la quale entrava a far parte del Corpo d'armata di manovra (CAM), comandato dal generale Gastone Gambara, unità mobile agli ordini diretti del Comando Superiore dell'Africa settentrionale, del quale Gambara era pure capo di stato maggiore. Tale dipendenza mirava ad assicurare a Bastico il controllo del CAM senza interferenze da parte di Rommel. Il CAM comprendeva anche la divisione corazzata Ariete e un raggruppamento esplorante(RECAM), della forza di una piccola divisione motocorazzata. Nello stesso periodo, poiché alla frontiera si erano avuti sintomi di un'aumentata attività dei britannici, Rommel decise di svolgere un'energica ricognizione offensiva a sud di Sollum, cui fu dato il nome poetico di Sommernachtstraum ("Sogno di una notte d'estate"), nella speranza anche di appropriarsi dei grandi depositi di materiale che si pensavano costituiti dagli inglesi in pieno deserto proprio per appoggiare un'imminente offensiva. L'operazione si svolse tra il 13 e il 16 settembre e fu condotta personalmente da Rommel,ma ottenne solo il risultato di riconoscere l'assenza dei preannunciati allestimenti offensivi dell'avversario,che ripiegando aveva anche ritirato tempestivamente i depositi predisposti nel deserto. Il consumo di carburante,durante l'operazione, era stato ingentissimo, e aveva messo in evidenza come anche il più modesto piano operativo dovesse essere accompagnato da più che adeguati apprestamenti logistici.
Alle 0600 del mattino del 18 novembre 1941, il 30°Corpo d'armata britannico, con la 7° divisione corazzata e la 1a divisione sudafricana, cominciò ad attraversare il reticolato di frontiera all'altezza della ridotta Maddalena, mentre80 chilometri più a nord, lungo la costa, il 13°Corpo, con la 4° divisione indiana e la 2° divisione neozelandese,investiva le difese italo-tedesche nel settore Halfaya-Sollum-Bardia. La marcia delle avanguardie del 30° Corpo d'armata procedette indisturbata fino alle 1015, poi i reparti esploranti furono fermati per più di due ore da alcuni carri e poche autoblindo dei tedeschi e dell'Ariete.
Pianta completa delle operazioni durante l'operazione Crusader L'avanzata riprese intorno alle 1230 e all'imbrunire i reparti inglesi erano attestati circa 50 chilometri all'interno del territorio libico. Il comandante della 7° divisione corazzata, generale W.H.E. Gott, stabilì che per il 19 novembre i reggimenti autoblindo al suo comando, sotto il controllo e con l'appoggio delle tre brigate corazzate, fossero spinti verso nord alla ricerca del DAK e a ovest verso l'Ariete. Questa divisione si trovava a Bir el-Gobi, importante trivio carovaniero una cinquantina di chilometri a sud di Tobruch, e stava adeguando il proprio schieramento alla nuova situazione. Prima delle 1200 del 19 novembre la 22° brigata corazzata attaccò i capisaldi dell' Ariete, tenuti dall'8° reggimento bersaglieri: all'avanzata, pressoché in linea, dei tre reggimenti di Crusader si oppose la reazione di tutte le bocche da fuoco della divisione corazzata italiana. I pezzi da 47/32 e 75/27 spararono a distanza ravvicinata contro i carri che sbucavano dalla nuvolaglia di polvere e sabbia. Due reggimenti inglesi dovettero allargarsi per agire sui fianchi della difesa. La manovra sembrò aver successo,si crearono dei varchi, e intorno alle tre del pomeriggio gli inglesi sembravano avere la meglio, allorché il 132° carristi contrattaccò.
Pezzo anticarro da 47/32 dei bersaglieri dell'Ariete in posizione a Bir El Gobi Due chilometri a nord di Bir el-Gobi apparvero i 100M13, appoggiati da 7 pezzi da 102 dell'artiglieria costiera della marina, montati su autocarri. Dopo un'ora di lotta indecisa, l'XI battaglione carri fu lanciato sul fianco e il tergo del nemico, che si scompaginò. La maggiore velocità dei Crusader consentì però agli inglesi di ripiegare. L'Ariete segnalò la perdita di 49 carri. La22° brigata corazzata inglese segnalò 82 carri distrutti o danneggiati, anche se sul campo ne erano rimasti solo 20. Benché ottenuta a caro prezzo, questa fu una vittoria importante per le armi italiane e in particolare per l'Ariete. A oriente di Tobruch scontri fra carri tedeschi e inglesi ebbero esito incerto. Il6° Royal Tanks riuscì tuttavia a occupare l'importante campo di aviazione di Sidi Rezegh. Il 20 novembre la divisione Afrika ne tentò la riconquista ma fu respinta, mentre reparti dei due schieramenti si muovevano cercando di raccogliere informazioni sull'esatta consistenza e schieramento dell'avversario. Gli inglesi,convinti che tutto procedesse per il meglio, pianificarono una sortita della guarnigione di Tobruch, che cominciò all'alba del 21 novembre. L'insieme dei confusi combattimenti che ebbero luogo il 21 novembre originarono una situazione assai ingarbugliata,per cui le forze delle due parti contrapposte si ritrovarono sovrapposte a strati: a nord stavano le truppe della 70 divisione inglese, uscite dal perimetro difensivo di Tobruch lungo un saliente profondo tre chilometri e mezzo e largo altrettanto, di fronte alle quali stavano le truppe italiane e tedesche che bloccavano la piazza, con fronte rivolto a nord e a ovest;vi era poi uno strato di truppe dell'Asse con fronte rivolto a sud per fronteggiare le truppe britanniche a nord dell'aeroporto di Sidi Rezegh,mentre altre truppe britanniche, volgendo le spalle a questo schieramento, si opponevano al grosso della 15° e 21° Panzerdivision, le quali si stavano muovendo da sud verso nord, inseguite dalla 4° e dalla 22° brigata corazzata inglese. Infine, a oriente di Sidi Rezegh stava il 361°reggimento della divisione Afrika, e a ovest della medesima località stava il 155° reggimento fucilieri tedesco. Questa sorta di gigantesca torta a strati sovrapposti"esplose" in una serie di nuclei privi di coordinamento,sparpagliati in più o meno rapido movimento, allorché,il 22 novembre, Rommel contrattaccò energicamente riconquistando l'aeroporto di Sidi Rezegh. Qui, in particolare,alle 1420 il 5° Panzerregiment della 21° divisione irruppe di sorpresa, con i suoi 70 carri, nello schieramento del 1° battaglione del King's Royal Rifle Corps e, malgrado l'intervento di reparti della 7° e della 22° brigata corazzata,dopo un'ora e mezzo di aspro combattimento ebbe la meglio, spazzando tutto davanti a sé, ricacciando i Crusader del nemico con l'appoggio dei pezzi controcarro e consolidando l'occupazione della pista di atterraggio con i reparti del 104° fanteria.
Colonna di Panzer in marcia nel deserto cirenaico Il 23 novembre la battaglia giunse al suo apice con la più grande carica di mezzi corazzati avvenuta sul teatro dell'Africa settentrionale. Con una marcia inesorabile, 242 carri (dei quali 80 M13 dell'Ariete) avanzarono obliquamente,in 6 gruppi, da sud-ovest a nord-est, sui reparti britannici ammassati a sud di Sidi Rezegh: porzioni della 22 brigata corazzata, 2 reggimenti d'artiglieria e la 5° brigata sudafricana, che fu letteralmente annientata. Il 24 Rommel, scambiando questo notevole risultato locale per un successo decisivo, ordinò di tagliare la ritirata dell'avversario spostando rapidamente verso oriente le divisioni corazzate. La 15° Panzer avanzò abbastanza compatta, ma la 21° si sgranò lungo la strada:mentre la testa continuava la furiosa galoppata in direzione del confine, singoli reparti perdevano terreno e ognuno finì per venire coinvolto in piccoli scontri locali con elementi nemici. La terza colonna del corpo corazzato era costituita dall'Ariete, che però, partita in ritardo e più lenta delle unità tedesche, perse anche i contatti radio e per tutto il 24 novembre rimase priva di collegamenti sia con l'Afrika Korps sia con il CAM. La rapidità di Rommel aveva sorpreso ancora una volta gli inglesi che,con molte unità rimaste isolate, furono vicini al panico. Il generale Cunningham era già pronto a una ritirata generale verso Marsa Matruh, quando Auchinleck, intervenendo di persona sul campo di battaglia, fermò il ripiegamento e ordinò a tutti i reparti di resistere dove si trovavano. Il 26 novembre sostituì Cunningham con il generale Neil Ritchie. Nessuno ebbe però modo di dominare il corso degli eventi e la battaglia si trasformò in una serie di combattimenti isolati nel deserto: fu una lotta snervante, che apparve a chi vi partecipò come un apparentemente interminabile susseguirsi di colpi di scena sullo sfondo di una esasperante e onnipresente confusione. Il 26 novembre Rommel volle stringere i tempi convinto di schiacciare contro il fronte Bardia-Sollum le forze nemiche in ritirata. Verso sera, quello stesso giorno, il fronte di investimento di Tobruch era stato però rotto per un'ampiezza di quasi 8 chilometri e all'alba del 27 novembre la 2° divisione neozelandese occupava interamente il ciglione di Sidi Rezegh, dopo tenacissima resistenza del 9° reggimento bersaglieri. Rommel ricondusse quindi indietro il suo Corpo d'armata corazzato (15° e 21° Panzer e Ariete), e tra il 29 novembre e il1 dicembre riconquistò tutta la zona di Sidi Rezegh e richiuse nuovamente l'anello intorno a Tobruch.
Panzer all'attacco nel deserto cirenaico Sembrava un'altra brillante vittoria della "volpe del deserto". Rommel aveva però perso 142 carri armati dei 249che aveva in linea il 19 novembre, 25 autoblindo, 41 pezzi d'artiglieria, 34 cannoni e 18 pezzi da 88 controcarro, 60 mortai e circa 400 autoveicoli. Il carburante e le munizioni scarseggiavano e molti dei carri armati superstiti avevano urgente bisogno di riparazioni. Anche i britannici avevano subìto ingenti perdite (814 fra carri e autoblindo fuoricombattimento, 127 aerei abbattuti), ma in Egitto esistevano abbondanti scorte già pronte a colmare i vuoti. Rommel avrebbe voluto continuare a premere sul nemico e il 3 dicembre impegnò il DAK in alcuni combattimenti verso la frontiera che sortirono però l'unico effetto di logorare ulteriormente le forze tedesche. Gli inglesi invece contraccarono ancora da sud il 4 dicembre, ma l'11° brigata indiana, sostenuta da altri consistenti reparti, fu brillantemente fermata a Bir el-Gobi da una piccola forza italiana il cui nerbo era formato da due battaglioni volontari Giovani Fascisti. A questo punto, consideratala crisi dei rifornimenti, e dato che altri scontri fra il 5 e il6 dicembre rivelarono come le forze britanniche fossero ben lontane dal collasso, Rommel si convinse dell'opportunità di una ritirata strategica, per salvare le proprie truppe, in attesa di tempi migliori. Il ripiegamento cominciò in relativo ordine l'8 dicembre 1941. La Cirenaica fu quindi abbandonata nel corso di un abile ripiegamento su Agedabia, condotto tra il 18 e il 24 dicembre. Il 28 dicembre gli inglesi tentarono di ripetere la manovra di Beda Fomm,ma la 22° brigata corazzata fu nettamente respinta perdendo 65 carri e 20 autoblindo contro soli 7 carri fuori combattimento da parte italo-tedesca. Il 30 dicembre la 21° Panzer attaccò nuovamente la 22° brigata corazzata sconvolgendola e mettendo fuori combattimento una cinquantina fra carri e autoblindo. Rommel si proponeva di dare ancora qualche colpo con l'Afrika Korps per dare respiro alle truppe a piedi e poi ripiegare nella zona Marsa el-Brega-Marada-el-Agheila, dove era convinto di arrestare la spinta nemica qualora fosse riuscito a ripristinare almeno in parte l'efficienza delle divisioni italiane e a far pervenire a quelle tedesche i carri e le autoblindo che stavano arrivando dalla Germania. Le comunicazioni del nemico erano d'altronde così allungate che a stento i trasporti bastavano per le esigenze giornaliere,e i porti di Derna e Bengasi richiedevano tempo per essere riaperti. L'ulteriore ripiegamento avvenne indisturbato. Il 2 gennaio1942 la divisione Brescia era schierata a Maaten Giofer,30 chilometri a sud da el-Agheila; la riorganizzata divisione Sabratha sbarrava la via Balbia intorno a Marsa el-Brega. Fra il 3 e il9 gennaio lo schieramento fu completato:la 90° Leichtedivision e le due Panzerdivision si stesero intorno ad el-Agheila, la divisione Bologna prese posizione a destra della Brescia, mentre alla sua sinistrasi posero il CAM (Ariete e Trieste), la Pavia e la Trento,quasi a costituire una catena per congiungersi con la Sabratha. In tutto, 24.000 italiani e 10.000 tedeschi. I presidi italiani di Bardia e Halfaya, completamente circondati e a corto di acqua e viveri, capitolarono, il primo il 2 gennaio e il secondo il 17 gennaio, lasciando nelle mani dei britannici, complessivamente, circa 10.000 prigionieri italiani e tedeschi. Le perdite di tutte le forze armate italiane in Libia durante l'operazione Crusader nel periodo 18 novembre1941-17 gennaio 1942 ammontarono a 42 185 uomini, tra morti, feriti, prigionieri e dispersi. Alle perdite umane si aggiungevano quelle di armi e mezzi: 3200 armi automatiche di reparto, 89 mortai da 81, 307 da 45, 63 carri M13e tutti i carri leggeri (187), tutte le autoblindo (25), 320pezzi contraerei, 584 bocche da fuoco di vario calibro,5000 automezzi. I tedeschi avevano perso in tutto circa19.000 uomini, gli inglesi 18.000. Il 5 gennaio era giunto a Tripoli il primo consistente convoglio navale con munizioni, carburante e viveri,54 carri armati, 19 autoblindo e numerosi pezzi controcarro e nel corso del mese praticamente tutti i convogli partiti giunsero a destinazione, mentre Malta era martellata e isolata dagli aerei della 2° Luftflotte di Kesselring. Nella notte fra il18 e il 19 dicembre 1941, inoltre, mezzi d'assalto della marina italiana, dopo aver forzato il porto di Alessandria d'Egitto,danneggiarono gravemente le corazzate inglesi Queen Elizabeth e Valiant e altre navi, provocando una notevole, seppur momentanea, perdita di efficienza della flotta inglese nel Mediterraneo. I rifornimenti italiani in Africa settentrionale poterono quindi arrivare per un certo periodo con tranquillità. Il 7 gennaio l'Afrika Korps disponeva di 23 autoblindo e 84carri armati efficienti. Nei giorni seguenti nuovi materiali furono sbarcati e altri 32 carri uscirono riparati dalle officine. Rommel poteva contare ora su 116 Panzer e 84 M13italiani, e stava pensando a come sfruttarli al meglio.
La seconda controffensiva italo-tedesca Già il 19 gennaio Rommel aveva pianificato un'azione offensiva che mirava ad avvolgere e annientare i reparti avanzati della 1° divisione corazzata inglese che gli stavano di fronte. Alle 8,30 del 21 gennaio il dispositivo d'attacco di Rommel si mosse. I movimenti delle divisioni corazzate italo-tedesche si svolsero secondo i piani, ma gli inglesi riuscirono,seppur in affanno, a ripiegare senza lasciarsi annientare. Il tentativo di avvolgimento fu ripetuto il giorno successivo,ma ancora una volta i britannici sfuggirono alla morsa, pur lasciando all'avversario terreno, mezzi e materiali. La loro posizione stava però peggiorando e nelle prime ore del 23 gennaio sulla 1° divisione corazzata incombeva la minaccia dell'annientamento. Il suo comandante,generale Frank W. Messervy, riuscì a far filtrare le sue truppe fra le maglie del dispositivo italo-tedesco: la 2° brigata corazzata perse un gran numero di carri scontrandosi con la 21°Panzerdivision e gli altri reparti si disimpegnarono in notevole disordine, ma la grande unità si salvò. Sempre in contrasto con i comandi italiani, ma appoggiato da Kesselring, Rommel decise di continuare ad avanzare:per come stavano le cose, non rimaneva che gettarsi alle calcagna dell'avversario e coglierlo in movimento. Perciò dispose che il mattino del 25 gennaio il CAM completasse lo schieramento per tenere le località di Antelat e Agedabia, mentre il DAK si sarebbe diretto su Msus. La 21° Panzer trovò scarse resistenze a oriente della pista per Msus, ma, sulla sinistra, la 15° Panzer si imbatté ancora nella 2° brigata corazzata inglese, a una diecina di chilometri a nord-ovest di Sunna. L'8°Panzerregiment investì l'avversario a tutta velocità e stavolta sgominò i reparti britannici, che fuggirono in piena rotta nel deserto. Alle undici la divisione raggiungeva l'aeroporto di Msus,travolgendo nella sua corsa autocolonne di vario tipo e catturando sull'obiettivo una ventina di apparecchi intatti. La corsa britannica si arrestò solo a el-Charruba, più di60 chilometri a nord di Msus, dove le truppe di Messervy si raccolsero in stato di completo disordine. La giornata del 26 gennaio, dominata da un forte ghibli,la tempesta di sabbia del deserto, fu dedicata alla riorganizzazione della Panzerarmee Afrika (nuovo nominativo delle truppe italo-tedesche al comando di Rommel)e alla raccolta di informazioni sul nemico. Rommel decise di bloccare Bengasi da sud con il CAM e da est con un raggruppamento speciale al comando del colonnello Werner Marcks, mentre il DAK avrebbe fatto una finta in direzione di el-Mechili per far credere a una ripetizione della controffensiva di dieci mesi prima. Gli inglesi abboccarono, e per parare la presunta minaccia del DAK non ebbero forze pronte a proteggere Bengasi.
Colonna di M 1340 in movimento nel deserto cirenaico Alle 0730 del 29 gennaio un gruppo tattico dell'Ariete arrivava a Ghemines senza incontrare resistenza. Alle 11,30 il raggruppamento Marcks aveva forzato le poche difese ed era entrato in Bengasi catturando un migliaio di prigionieri. Rommel aveva vinto, ma ancora una volta era mancato il colpo che annientasse le forze del nemico. Per il momento Rommel decise di limitarsi a premere contro l'avversario sul gebel, agendo con il raggruppamento Marcks e il 33° gruppo esplorante sulla direttrice Barce-Cirene-Derna, e con il nuovo raggruppamento al comando del colonnello Erich Geissler e il 3° gruppo esplorante sulla Maraua-Berta-Derna. L'Afrikakorps sarebbe rimasto a Msus, per lasciare gli inglesi nell'incertezza. I due raggruppamenti si inoltrarono nel gebel senza incontrare seria resistenza. Cirene fu ripresa il 2 febbraio. Lo stesso giorno alle 1300 circa aveva luogo, una ventina di chilometri a sud-ovest di Derna, uno scontro di rilievo con reparti della 5° brigata indiana. I tedeschi non ebbero però problemi a vincere il combattimento e l'avanzata proseguì. Nel tardo pomeriggio del 3 fu raggiunta e superata Derna,già sgomberata dal nemico. In serata i due raggruppamenti si arrestavano presso Tmimi, sul golfo di Bomba. Il 4 febbraio 1942 Marcks e Geissler raggiunsero Gasr el-Anlhar, a occidente di Ain el-Gazala, il 33° gruppo esplorante toccò el-Mechili e un reparto di paracadutisti tedeschi, via terra, occupò l'oasi di Gialo, 250 chilometri a sud-est di Agedabia. Rommel poteva ora scegliere tra due schieramenti: una posizione difensiva a Maraua, con una divisione di fanteria a Bengasi, le rimanenti nella zona di Agedabia, il CAM e il DAK concentrati fra Bengasi e Agedabia; una assai più avanzata, con le divisioni di fanteria sulla linea Ain el-Gazala-BirTengeder e i corpi corazzati dislocati dietro l'ala destra. Rommel il 5 febbraio emanò gli ordini per lo schieramento. Inlinea avanzata il raggruppamento Marcks a Tmini, e un reggimento italiano a el-Mechili, nell'entroterra. Su una linea intermedia, tra il Villaggio D'Annunzio e Maraua, la 90° Leichtedivision. Su una linea arretrata, il XXI Corpo d'armata doveva dislocare la divisione Pavia da Bengasi a Sceleidima, la Sabratha da Sceleidima ad Antelat e la Trento da Saunnu a Giofel-Matar. Il CAM, a sud di Bengasi,e il DAK, attorno a Barce, rappresentavano la massa di manovra. Il X Corpo d'armata doveva raccogliersi a cavallo della via Balbia, con la Brescia a est di el-Agheila e la Bologna a ovest di Marsa el-Brega, con presidi a Maaten Giofer, Marsa el-Brega, Marada e Gialo. L'atteggiamento aggressivo di elementi meccanizzati nemici indusse tuttavia Rommel a schierare il CAM a el-Mechili e il DAK nella zona Martuba-Tmimi. Entro il 12 febbraio tutti gli spostamenti delle divisioni dell'Armata furono completati. Il morale era elevato e anche il bottino di guerra: il CAM, che era partito il 21 gennaio con 700 autocarri, quando arrivò a el-Mechili ne aveva 1300. Dall'inizio della controffensiva le perdite inflitte dagli italo-tedeschi all'avversario ammontavano a 377 mezzi corazzati, 192 pezzi d'artiglieria,1220 automezzi, 50 aerei e 3300 prigionieri, senza per contro aver subito perdite apprezzabili. Con la posa di mine su tutto il fronte, dal mare a Mechili, ultimata il 16 febbraio,iniziò un lungo periodo di stasi operativa. Nel febbraio 1942 il Panzergruppe Afrika era divenuto la Panzerarmee Afrika, e in marzo il CAM (Corpo d'armata di manovra), passato alle sue dirette dipendenze,aveva assunto la denominazione di XX Corpo d'armata. La massa di manovra a disposizione di Rommel era dunque costituita da: 15° Panzer, 21° Panzer, 90°Leichtedivision(DAK) , divisione corazzata Ariete, divisione motorizzata Trieste (XX Corpo d'armata). Oltre a queste unità, Rommel aveva a sua disposizione il X e il XXI Corpo d'armata italiani insieme alla brigata Schutzen tedesca;verso la fine di maggio 1942 erano schierati davanti alla linea di Ain el-Gazala, dietro la protezione di un'estesa fascia di campi minati. Di fronte alla Panzerarmee lo schieramento dell'Ottava Armata britannica, con il13° e 30° Corpo d'armata, si estendeva fino a Bir Hacheim, oltre 70 chilometri a sud-est nel deserto. La difesa era impostata su solidi capisaldi di brigata,protetti anch'essi da grandi campi minati. Gli inglesi avevano inoltre ricevuto circa 200 nuovi carri armati Grant di fabbricazione americana, che si rivelarono i migliori carri da loro schierati fino a quel momento in Nord Africa. La 2° Luftflotte dislocata in Sicilia continuava a bombardare Malta e per tutto aprile i rifornimenti arrivarono con regolarità. Rommel equipaggiò le truppe a sua disposizione quanto bastava per pianificare una nuova offensiva. Egli poté schierare in linea, verso la fine di maggio, 560 carri armati, dei quali 240 italiani, contro 850 inglesi. Il piano di Rommel, denominato Venezia, prevedeva che le unità motocorazzate aggirassero lo schieramento inglese oltre il limite meridionale dei campi minati, per poi dirigersi rapidamente a nord e avventarsi sul fianco e il retro dell'Ottava Armata, mentre le altre truppe avrebbero impegnato frontalmente il13° Corpo d'armata.
Nel corso del 26 maggio il DAK e il XX Corpo d'armata si concentrarono nella zona denominata Segnali Nord, sul Trigh Capuzzo. Una persistente tempesta di sabbia permise di nascondere questi movimenti alla ricognizione aerea nemica. Al calare delle tenebre Rommel si pose alla testa delle truppe e, durante una chiara notte di plenilunio, 10.000 mezzi si mossero nel deserto per coprire gli 80 chilometri previsti dalla manovra.
Il Gen. Rommel tra una batteria di semoventi M 75 18 Tuttavia, gli eventi non procedettero come previsto. L'Ariete trovò sul proprio cammino la 3° brigata motorizzata indiana e ne ebbe facilmente ragione, ma la presenza di questa unità era del tutto inaspettata, così come la tenace resistenza del caposaldo di Bir Hacheim, tenuto da una brigata di francesi liberi. Questo avamposto, all'incrocio di importanti piste desertiche, si rivelò un'autentica spina nel fianco che ostacolò enormemente i rifornimenti della Panzerarmee. Intanto, la divisione motorizzata Trieste aveva sbagliato strada e si era trovata molto più a nord del previsto, e fu costretta ad arrestarsi di fronte ai campi minati. Eppure, questo errore si rivelò la salvezza di Rommel, perché la Trieste riuscì ad aprire un varco nei campi minati che offrì una linea di rifornimento alternativa a quella prevista. A ogni modo, il mattino del 27 maggio il movimento sembrava procedere per il meglio: oltre al successo dell'Ariete,la 21° Panzer attaccò la 22° brigata corazzata e la costrinse a ripiegare in disordine verso nord-est, la 15° Panzer incontrò la 4° brigata corazzata inglese mentre questa si stava ancora schierando e ne distrusse vari reparti. Proseguendo poi di slancio verso nord, il 33° gruppo esplorante catturò il quartier generale della 7° divisione corazzata con le colonne di rifornimento divisionali. La 15° Panzer aveva però subito perdite non indifferenti,e non poté proseguire oltre lo sforzo. I successi conseguiti avevano fatto credere a Rommel di avere distrutto la massa corazzata dell'avversario, ma verso le due del pomeriggio si manifestò il contrattacco inglese condotto dalla 1°Army Tank Brigade e dalla 4° brigata corazzata. Il combattimento, aspro e confuso, durò per tutto il pomeriggio. A sera, le due Panzerdivision si accostarono e si disposero in posizione difensiva "a istrice"poco a nord del Trigh Capuzzo: la 21° era rimasta con80 carri efficienti e aveva benzina per poche ore di movimento,la 15° aveva soltanto 29 carri intatti, ed era praticamente senza carburante e munizioni. Una trentina di chilometri a ovest, isolata, si era attestata la 90°Leichtedivision,che non era riuscita a raggiungere el-Adem, punto chiave a sud di Tobruch, e alla stessa distanza dalle due divisioni corazzate tedesche, ma a sud rispetto a loro, si trovava, altrettanto isolata, la divisione Ariete. Rommel continuava a ignorare che, tutto intorno alle sue unità,erano ancora quasi o completamente intatte ingenti forze nemiche: a est la 1a divisione corazzata; fra questa e le due divisioni corazzate tedesche, nei pressi del quadrivio soprannominato Knightsbridge, stava la 201°Guards Brigade;a sud-est la 29° brigata indiana; a sud-ovest, come si è visto, stava la 1a brigata France Libre; a ovest, a Got el-Ualeb, era trincerata la 150° brigata di fanteria inglese. Nel corso della notte la situazione si chiarì e il 28 maggio le truppe di Rommel misero in atto solo movimenti intesi a riunire le forze, mentre la divisione Trieste riuscì ad aprire un passaggio nei campi minati e a stabilire un contatto con il XX Corpo d'armata. Le truppe del X e del XXI Corpo d'armata, dal canto loro,attaccarono frontalmente il 13° Corpo nemico, ma l'unico risultato fu di ritrovarsi ovunque a contatto con la linea dei campi minati. Il 29 maggio il 30° Corpo dell'Ottava Armata tentò di accerchiare le forze motocorazzate italo-tedesche: da parte inglese i combattimenti furono condotti in maniera confusa e slegata, ma alla fine della giornata il DAK e il XX Corpo d'armata erano a corto di carburante, viveri,munizioni: un logoramento di altre ventiquattr'ore li avrebbe posti alla mercé degli avversari. Intanto, la Trieste si faceva lentamente strada in direzione nord. Il mattino del 30 maggio la 1° divisione corazzata inglese attaccò le posizioni dell'Ariete, che riteneva la retroguardia del DAK, ma fu respinta da un eccellente sbarramento anticarro.
Cannone da 88mm dell'artiglieria della Div.Cor. Ariete Dopo un'altra giornata di scontri frammentati, il tentativo inglese di accerchiamento poteva considerarsi fallito,ma la situazione degli italo-tedeschi rimaneva instabile,perché i varchi attraverso i campi minati erano battuti dal fuoco della 150° brigata inglese, alla quale si erano uniti, dopo i combattimenti dei giorni precedenti, i resti della 1°Army Tank Brigade. Per eliminare questo pericolo, Rommel decise di gettarle addosso tutte le forze disponibili, che si disposero in un doppio semicerchio attorno al caposaldo: la 21°Panzer, l'Ariete e reparti minori all'esterno, la 15°Panzer, la 90° leggera e la Trieste più all'interno. Quest'enorme massa di truppe e mezzi concentrata in uno spazio relativamente ristretto al centro del campo di battaglia, fu soprannominata, per il caotico ribollire dei combattimenti, il "calderone". Alla sera del 31 maggio era chiaro che la sorte della 150° brigata era segnata. Alle 5,30 del mattino del 1 giugno 1942 le truppe dell'Asse, dopo un intenso bombardamento aereo e d'artiglieria, iniziarono l'avanzata concentrica sulle posizioni inglesi. La lotta fu dura e si concluse solo nelle prime ore del pomeriggio, ma il caposaldo era stato eliminato. Rommel aveva ora la certezza dei rifornimenti che potevano giungere attraverso lo squarcio realizzato nella linea dei campi minati. I tre giorni successivi, a parte le frequenti incursioni della Royal Air Force sul "calderone", trascorsero in una relativa calma, con scontri locali di non grande importanza. Il 5 giugno gli inglesi diedero però inizio all'operazione denominata Aberdeen: il 30° Corpo doveva svolgere un attacco frontale,mentre il 13° doveva procedere da nord verso sud per occupare l'Hagiagh es Sidra, l'ondulazione del terreno che dominava il Trigh Capuzzo, e minacciare così il fianco delle truppe di Rommel. Alle due antimeridiane del 5 giugno cominciò il tiro di preparazione britannico e poco meno di un'ora dopo iniziò l'avanzata delle fanterie. I reparti britannici, ancora una volta, attaccarono slegati, senza adeguata coordinazione. Per di più, si ignorava completamente che l'Hagiagh es Sidra era saldamente occupato dalla 21° Panzerdivision:la 32° Army Tank Brigade, rinforzata da un battaglione di fanteria e da uno squadrone di carri Valentine dell'8° RTR fu accolta da un fuoco micidiale, una parte finì contro la fascia minata e il resto fu costretto a ritirarsi. La 21° Panzer fu quindi libera di gettarsi contro la 5° divisione indiana e la 22° brigata corazzata che avevano attaccato l'Ariete da est.
M 1340 in movimento nel deserto cirenaico Nel pomeriggio si manifestò il contrattacco, preceduto da un breve bombardamento degli Stuka: la 22° brigata corazzata,attaccata da tre lati dalla 21° Panzer, dall'Ariete e dalla 15° Panzer, ripiegò disordinatamente verso est. Furono poi travolti anche i comandi della 5° divisione indiana, della 7° divisione corazzata e della 10° brigata indiana; i centri trasmissioni furono catturati e fino al giorno seguente il comando dell'Ottava Armata non fu in grado di riprendere il controllo dei reparti. Il 6 giugno gli inglesi tentarono di salvare la situazione attaccando con le tre brigate corazzate del 30°Corpo, ma tutto andò storto:la 2° brigata corazzata sbagliò strada e dopo aver invertito la marcia si scontrò tutta sola con la 21°Panzer, la 4° arrivò solo nel tardo pomeriggio, quando tutto era finito, la 22° era talmente esausta dal combattimento del giorno prima che, dopo una serie di ordini e contrordini, finì per non essere nemmeno impiegata. Alla fine dei due giorni di combattimenti, la 10° brigata indiana era praticamente distrutta, la 9° aveva perduto due battaglioni su tre, la 29° aveva perduto un battaglione al completo e tutti i pezzi controcarro. Dei 300 carri armati che il 30° Corpo aveva la sera del 4 giugno, ne rimanevano132. Questi successi permisero a Rommel di occuparsi dell'altra spina nel fianco del suo schieramento: Bir Hacheim. Bloccato già fra il 2 e il 5 giugno dalla Trieste e dalla 90°Leichtedivision, il caposaldo fu investito una prima volta il6 giugno, senza successo. L'8 giugno Rommel in persona assistette all'attacco effettuato con il sostegno della Luftwaffe:la lotta fu accanita, ma alla fine si riuscì ad aprire una breccia nel perimetro difensivo. Il giorno dopo un altro assalto appoggiato dall'ennesimo massiccio bombardamento degli Stuka mise i francesi alle corde. Nella notte tra il 10 e l'11 giugno, scivolando tra le maglie del dispositivo italo-tedesco, i 2600 superstiti della guarnigione riuscirono a sfuggire. A ogni modo, anche il pericolo rappresentato dal caposaldo francese era stato eliminato e Rommel proseguì l'avanzata generale verso nord.
Carri armati tedeschi in movimento verso Soluch Informati dalla ricognizione aerea dell'ampio fronte sul quale stavano avanzandole forze dell'Asse, gli inglesi pensarono di poterne battere separatamente le singole componenti gettando nella mischia tutti i carri armati rimasti. In una serie confusa di attacchi mal condotti,gli inglesi subirono la perdita di altri 120 carri: la battaglia era ormai decisa. Il 13 giugno i tedeschi eliminarono ogni resistenza a cavallo del Trigh Capuzzo. Alle7,30 del 14 giugno l'Ariete occupò Knightsbridge. La situazione britannica stava precipitando e Rommel si buttò avanti per chiudere la ritirata al nemico. Nelle prime ore del 15 giugno anche le truppe italiane sulla linea di Ain el Gazala cominciarono ad avanzare, di fronte al retrocedere del nemico. In serata la 21° Panzer si fermò davanti a Sidi Rezegh. Restavano da liquidare le ultime sacche nella zona di Acroma e di el-Adem, ma la battaglia era vinta.
La conquista di Tobruch e la battaglia di Marsa Matruh La sacca formata fra la linea di Ain el-Gazala e la posizione di Acroma fu ripulita il 16 giugno, dopodiché anche il X e il XXI Corpo d'armata avanzarono in direzione di Tobruch. I capisaldi attorno alla piazza caddero uno a uno nei giorni successivi e il 19 giugno il cerchio si chiuse. Il 20 giugno la XXXI Guastatori ed i Pionieri tedeschi aprirono una breccia nella zona sud-est del perimetro difensivo, dentro la quale si lanciarono i carri dell’ Ariete e della 21° Panzer, seguiti da tutti gli altri reparti della Panzerarmee. La città, che aveva resistito a un assedio di otto mesi l'anno prima, cadde adesso in poco più di ventiquattr'ore:alle 9,30 del 21 giugno Rommel accettò la resa di Tobruch.
Unità motorizzata di artiglieria italiana supera la cinta fortificata della piazza di Tobruch Caddero nelle mani degli italo-tedeschi circa 33.000 prigionieri, 2000 automezzi, 30 carri armati recuperabili, 5000 tonnellate di viveri, e grandi quantità di munizioni e altro materiale. Gli inglesi erano riusciti a distruggere la maggior parte del carburante, ma nelle mani dei vincitori rimasero ugualmente circa 2000 tonnellate di benzina, abbastanza perché Rommel decidesse di proseguire senza indugio l'offensiva, inseguendo il nemico in Egitto. Il 23 giugno gli italo-tedeschi passarono quindi la frontiera e la sera del 24 i gruppi esploranti tedeschi erano a 70 chilometri dal campo trincerato di Marsa Matruh, dove gli inglesi si stavano disponendo a difesa. Le truppe di Rommel erano però logore ed erano continuamente molestate dall'aviazione nemica. Il generale tedesco sapeva che il tempo lavorava a favore degli inglesi e che bisognava agire in fretta per ottenere un successo decisivo. Perciò incitò i reparti a proseguire senza indugio. Nel campo avversario si vivevano giornate di grande apprensione. La caduta di Tobruch era stata un duro colpo. Il 25 giugno Auchinleck giunse in aereo dal Cairo a Marsa Matruh e rimosse il generale Ritchie, assumendo personalmente il comando dell'Ottava Armata. Dalla Siria fu fatto affluire in tutta fretta il 10° Corpo d'armata.
Rommel e Bayerlein osservano la rada di Tobruch dopo la sua conquista Il 27 giugno Rommel riuscì a incuneare le due divisioni corazzate tedesche, che insieme non arrivavano a 50 carri armati, nell'intervallo fra il 10° e il13° Corpo d'armata nemici. In una serie di scontri estremamente confusi, i carri tedeschi riuscirono a disordinare le formazioni nemiche. Un contrattacco inglese fu respinto nella notte. Il 28 giugno gli inglesi si ritirarono e anche Marsa Matruh cadde, lasciando nelle mani dell'armata italo-tedesca altri 6000 prigionieri e materiale sufficiente a equipaggiare completamente una divisione. Gli inglesi erano sul punto del collasso e Rommel non voleva dar loro quartiere. Le sue truppe erano però allo stremo: la 21° Panzer era rimasta con poche centinaia di uomini esausti e 14 carri efficienti, le altre divisioni erano in condizioni di poco migliori. L'aviazione nemica non dava tregua e continuava a martellare le colonne italo-tedesche in marcia, malgrado l'asso della caccia della Luftwaffe Hans-Joachim Marseille avesse ottenuto proprio in quei giorni la sua 101° vittoria. Altri fattori giocavano poi contro gli italo-tedeschi. La caduta di Tobruch ebbe la conseguenza di far sospendere il progetto di conquista di Malta, e le incursioni contro i convogli di rifornimento ripresero vigore. Da molto tempo, poi, il servizio informazioni inglese riusciva a decrittare i messaggi in codice che gli alti comandi tedeschi si scambiavano fra loro usando la macchina codificatrice Enigma; proprio verso la fine di giugno i tempi di decrittazione scesero a meno di ventiquattr'ore, informando gli inglesi quasi in tempo reale delle intenzioni del nemico.
Colona corazzata in marcia verso l'Egitto Da parte sua, Rommel aveva fino ad allora saputo in anticipo varie mosse del nemico perché il Servizio informazioni militari italiano era riuscito a penetrare nell'ambasciata americana a Roma e a fotografarne il codice segreto diplomatico, lo stesso utilizzato nelle comunicazioni che l'addetto militare statunitense al Cairo, colonnello Bonner Fellers, inviava quotidianamente a Washington. Fu perciò relativamente facile intercettare e decifrare questi messaggi, che contenevano importanti informazioni sulla dislocazione e la situazione delle unità inglesi. Ma verso la fine di giugno gli inglesi scoprirono l'origine della fuga di notizie, forse proprio grazie all'intercettazione di qualche messaggio di Enigma, e il flusso d'informazioni cessò. Con l'allungarsi delle linee di comunicazione, inoltre,il problema logistico divenne per l'armata italo-tedesca sempre più difficile. Fino al 30 giugno gli inglesi continuarono a retrocedere:incalzato dai reparti tedeschi, Auchinleck dovette scartare l'idea di una linea di resistenza all'altezza di Fuka e decise di giocarsi il tutto per tutto sulla linea difensiva che fin dalla primavera del 1941 era stata pensata come l'ultima prima di aprire all'avversario la strada per Alessandria e Il Cairo: el-Alamein.
La prima battaglia di El Alamein A el-Alamein, una piccola stazione sulla linea ferroviaria Matruh-Alessandria d'Egitto, il deserto si restringe fra il Mediterraneo e la depressione di el-Qattara, 64 chilometri a sud. Questa depressione, che raggiunge nel punto più basso i 138 metri sotto il livello del mare, è un'ampia distesa di sabbie mobili e saline paludose, intransitabile da qualsiasi reparto meccanizzato. All'altezza di el-Alamein si trovava insomma l'unico punto del teatro di guerra non aggirabile a breve raggio. La Panzerarmee arrivò a el-Alamein alla fine di giugno cori 55 carri medi tedeschi,70 italiani, 330 pezzi d'artiglieria tedeschi e 200 italiani,15 autoblindo, 2000 fanti motorizzati tedeschi e 8000italiani. L'Ottava Armata aveva in linea 15000 fanti, 400 pezzi, 150 carri e circa 100 autoblindo. Le truppe del Commonwealth britannico erano però demoralizzate, mentre gli italo-tedeschi viaggiavano sulle ali dell'entusiasmo. Ma la presenza di Auchinleck sul campo ridiede una certa energia ai reparti dell'Ottava Armata;l'accorciarsi delle linee di rifornimento rendeva più semplice l'afflusso di mezzi e materiali, e la vicinanza dei campi della RAF garantiva un appoggio aereo che gli italo-tedeschi non potevano avere, poiché i campi d'aeronautica non potevano essere spostati in avanti con la stessa celerità delle truppe motocorazzate. In queste condizioni Rommel tentò lo sforzo decisivo il 1 luglio, ancora una volta con una manovra avvolgente,stavolta da nord, con l'intento di accerchiare il13° Corpo avversario. La difesa britannica si fece però sempre più tenace col procedere del combattimento. All'imbrunire del 2 luglio la 21° Panzer era rimasta con 20 carri, la 15° con 6. Le divisioni di fanteria erano troppo deboli per riuscire a esercitare uno sforzo decisivo, e a volte anche solo per coprire adeguati tratti di fronte. Il 13 luglio, poi, l'Ariete, già ridotta ad alcune centinaia di bersaglieri, 10 carri M14 e 40 pezzi d'artiglieria, si dislocò per errore nell'ampia depressione chiamata Deep Well, fu attaccata simultaneamente da tre lati e da posizioni dominanti, e uscì dallo scontro semidistrutta, avendo perso 531 uomini, 36 pezzi e 55 automezzi. Quella sera Rommel fermò i reparti sulle posizioni raggiunte. Le truppe erano provatissime, l'Ariete inutilizzabile, le divisioni di fanteria italiane erano al di sotto del minimo necessario per operare. La spinta dell'offensiva si era ormai esaurita. Rommel decise quindi di passare alla difensiva e rimettere in sesto l'Armata. Da parte britannica, la RAF aveva ormai conseguito il dominio dell'aria:dalla sera del 2 alla sera del3 luglio svolse 900 missioni,il quadruplo di quelle dell'Asse. Sugli italo-tedeschi furono sganciate in media dieci tonnellate di bombe all'ora. Il 10 luglio Auchinleck lanciò un attacco nel settore settentrionale, allo scopo di conquistare i piccoli rilievi di Tell el-Eisa e Tell el Makh-Khad, nei pressi della strada costiera.
Posizione di fanteria italiana armata con fucile mitragliatore Breda Lo sforzo principale fu affidato alla 9° divisione australiana contro il primo e alla 1° divisione sudafricana contro il secondo dei due obiettivi. Gli australiani raggiunsero il loro obiettivo rompendo senza grandi sforzi la linea della divisione Sabratha. Tuttavia, con l'afflusso di elementi italiani e tedeschi, verso mezzogiorno gli australiani furono fermati a sette chilometri dal punto di rottura. L'attacco dei sudafricani si risolse invece in un nulla di fatto,con la perdita di sette degli otto carri Matilda che avevano avuto in rinforzo. L'11 luglio gli australiani cercarono di completare l'occupazione delle posizioni di Tell el-Eisa, mentre i sudafricani tentarono di conquistare il loro obiettivo, ma la resistenza delle truppe italo-tedesche li fermò ovunque. Tra il 12 e il 14 luglio Rommel tentò di ristabilire la linea esistente alla vigilia dell'offensiva nemica, ma con risultati decisamente modesti. Auchinleck, ritenendo di aver raggiuntola superiorità decisiva sull'avversario, passò alla controffensiva generale il 15 luglio, cercando di sfondare sulla linea del rilievo del Ruweisat, al centro dello schieramento italo-tedesco. La battaglia fu durissima, la linea della divisione Brescia fu sfondata, e l'Ottava Armata fu vicina al successo,ma i contrattacchi delle truppe di Rommel frustrarono il tentativo. Ritenendo, non del tutto a torto, gli italiani sul punto del collasso, Auchinleck ci riprovò quindi il 21 e il 22 luglio,ma i due giorni di combattimenti si risolsero ancora una volta in un limpido successo difensivo delle truppe italo-tedesche, che distrussero ben 146 carri nemici perdendone solo tre. L'Ottava Armata tornò all'attacco il 27 luglio, nella zona di Tell el-Eisa, ma fu ancora respinta e perse altri 30 carri armati. Poi, dopo il 27 luglio vi fu un mese di pausa generale.
Alam El-Halfa o "la corsa dei sei giorni" A metà agosto il comando generale del Medio Oriente fu assunto dal generale Harold Alexander e quello dell'Ottava Armata dal generale Bernard Law Montgomery. Il nuovo comando riuscì certamente a instillare nelle truppe del Commonwealth l'idea che da el-Alamein non ci si sarebbe ritirati e che la vittoria era solo questione di tempo. Dal 21 agosto, poi, la RAF, ormai assoluta dominatrice dell'aria, ricominciò a bombardare 24 ore su 24 le linee italo-tedesche e le retrovie. Rommel era ben conscio che il tempo lavorava a favore del nemico. Non appena riuscì a dare un assetto accettabile all'Armata corazzata italo-tedesca (ACIT), come ora era chiamato l'insieme delle truppe al suo comando, il generale tedesco tentò di sferrare un colpo all'avversario prima che il divario diventasse incolmabile. L'Armata aveva ricevuto, tra luglio e agosto, nuove truppe:la divisione Folgore, la 164° divisione di fanteria tedesca,la 22° brigata paracadutisti tedesca al comando del generale Hermann Bernhard Ramcke, e complementi per rinsanguare le altre divisioni. Dalla Tripolitania era anche giunta in linea alla fine di giugno la divisione corazzata Littorio.
Direttrici e movimenti durante la battaglia di Alam Halfa La manovra prevista da Rommel ricordava quella di Ain el-Gazala: un avvolgimento da sud e poi una conversione a nord, oltre il costone di Alam el-HaIfa,con l'intento di colpire il nemico sul fianco e alle spalle e indurlo a ritirarsi o a combattere a fronte rovesciato in condizioni sfavorevoli. L'offensiva ebbe inizio nella notte tra il 30 e il 31 agosto 1942. Ma stavolta i campi minati non poterono essere aggirati, e crearvi dei varchi richiese molto più tempo del previsto. E tutto questo mentre la RAF bombardava senza tregua le colonne che cercavano di farsi strada. Dopo tre giorni di combattimenti in condizioni estremamente sfavorevoli, Rommel decise di sospendere l'offensiva e di arretrare sulle posizioni di Bab el-Qattara-el-Taqa, anche perché il carburante cominciava a scarseggiare in maniera preoccupante. Il 3 settembre non vi furono grossi scontri, ma l'attività della RAF raggiunse il suo punto più alto: nell'arco della giornata più di 500 velivoli britannici e americani svolsero 2700missioni. In altre parole, si ebbe in media la presenza sopra il campo di battaglia di 35 aerei per ogni ora del giorno e della notte. Nella notte del 4 settembre iniziò l'operazione Beresford, un'azione controffensiva inglese tesa a eliminare il saliente che l'ultima offensiva di Rommel aveva creato nella zona di Deir Alinda-Deir el-Munassib-Deir Munafid. L'operazione fu un sostanziale fallimento, soprattutto per la perfetta condotta della divisione Folgore. Ma anche l'offensiva dell'ACIT era fallita e Rommel, come aveva già deciso,ritirò l'intera massa di manovra a ovest della linea dei campi minati. Da questo momento l'iniziativa passò definitivamente nelle mani delle truppe del Commonwealth.
Guastatori del XXXI btg del maggiore Caccia Dominioni in azione L'ultima battaglia di El Alamein Della battaglia di el-Alamein è stato detto praticamente tutto,anche che gli inglesi furono sul punto di perderla. Cioè un'esagerazione, perché la superiorità dell'Ottava Armata era schiacciante, ma soprattutto lo stato dell'armata italo-tedesca era assai precario: le divisioni italiane erano tali solo di nome, di consistenza al massimo pari a una brigata britannica, e anche le unità tedesche erano molto al di sotto dell'organico. Ma indubbiamente, pur in queste condizioni, la linea italo-tedesca fu sfondata solo dopo due intere settimane di durissimi combattimenti, e i risultati che Montgomery aveva previsto di raggiungere dopo 48 ore furono raggiunti dopo una settimana. Rommel, in precarie condizioni di salute, era partito perla Germania il 23 settembre, lasciando il comando al generale Georg Stumme, ma aveva comunicato che sarebbe tornato in caso di attacco avversario.
Postazione di un cannone anticarro da 88mm sul fronte di El Alamein subito dopo uno scontro Il 23 ottobre lo schieramento italo-tedesco comprendeva,da nord a sud, il XXI Corpo d'armata, con la divisione Trento, la 164° divisione tedesca, la divisione Bologna e due battaglioni della brigata Ramcke; il X Corpo d'armata, con la divisione Brescia, gli altri due battaglioni della Ramcke, la divisione Folgore e la divisione Pavia.Alle spalle stavano le unità mobili, a nord la 15° Panzer insieme alla divisione corazzata Littorio, a sud la 21° Panzer insieme all'Ariete. La 90° leggera e la Trieste erano schierate più indietro, lungo la costa, per parare il pericolo di uno sbarco inglese. In tutto 104.000 uomini, con571 pezzi d'artiglieria campale, 522 pezzi controcarro, 490 carri medi, appoggiati da 340 aerei da combattimento. L'Ottava Armata, che schierava a nord il 30° Corpo, dietro a questo il10° e a sud il 13°, aveva circa 200.000 uomini, 1000 pezzi d'artiglieria da campo, 1451 pezzi controcarro,1229 carri medi, e 973 velivoli. A proposito dei carri armati, va evidenziato come gli unici carri dell'ACIT in grado di competere con i 422 Grant e Sherman schierati dall'avversario fossero i 38 Panzer IV F2 delle due Panzerdivision dell'Afrika Korps. Inoltre, Montgomery poteva contare su abbondanti riserve nelle immediate retrovie, mentre le riserve italo-tedesche erano ormai quasi inesistenti. Il piano d'attacco di Montgomery, chiamato Lightfoot, prevedeva che il 30° Corpo, aprendosi la via attraverso i campi minati, attaccasse, con la 9° divisione australiana, la 2° divisione neozelandese, la 1° divisione sudafricana e la 51°Highland Division, le posizioni del XXI Corpo d'armata, avanzando fino a una linea chiamata convenzionalmente Oxalic. Raggiunto questo obiettivo, il 10° Corpo, nel quale era concentrata la massa corazzata dell'Ottava Annata, doveva superare il 30°, per proteggerlo da eventuali contrattacchi delle forze corazzate mentre procedeva all'annientamento delle fanterie. Se si fosse accesa una battaglia di carri,la superiorità era tale da lasciare pochi dubbi sull'esito finale dello scontro. Eliminate le forze corazzate nemiche,l'intero fronte sarebbe crollato. A sud, il 13° Corpo d'armata doveva agire in maniera dimostrativa con la 44° divisione fanteria e la 7° divisione corazzata, per impedire o ritardare l'invio verso nord della 21° Panzer e dell'Ariete. Alle 21,40 del 23 ottobre 1942, ora egiziana, tutte le artiglierie dell'Ottava Armata aprirono il fuoco sugli obiettivi loro assegnati, sconvolgendo le comunicazioni dell'armata italo-tedesca. Alle 22 scattò l'attacco delle fanterie. La 9° divisione australiana riuscì a raggiungere la linea prevista, ma le altre unità incontrarono maggiori difficoltà e l'avanzata procedette molto lentamente. A sud,fallirono gli attacchi della 44° divisione fanteria, della 7° divisione corazzata e della 1° brigata France Libre, che si vide due battaglioni quasi annientati da un ben condotto contrattacco di reparti della Folgore e dal successivo inseguimentodel33° gruppo esplorante tedesco.
Soldati neozelandesi ispezionano un carro M13 apparentemente abbandonato Quando calò la notte tra il 24 e il 25 ottobre le truppe italo-tedesche erano riuscite a contenere l'avversario e l'orario di marcia previsto per l'operazione Lightfoot era completamente saltato. Il logorio al quale era sottoposta l'ACIT non poteva però essere sostenuto a lungo. A sud, la Folgore dovette schierare in linea di combattimento i guastatori del 31° battaglione, al comando del maggiore Paolo Caccia Dominioni, in quei giorni impegnati nel vitale compito di posa dei campi minati. A nord, nel corso della mattinata del 25 ottobre, il10° Corpo britannico riuscì a portarsi oltre la fascia minata e sembrava in grado di assolvere il compito affidatogli. Non appena avuta notizia dell'inizio della battaglia, Rommel lasciò la clinica austriaca nella quale si trovava e partì per il fronte. Nel tardo pomeriggio del 25 ottobre era di nuovo alla testa delle sue truppe. Il giorno prima il generale Stumme, mentre si recava a controllare le prime linee, era morto a causa di un colpo apoplettico. Il 26 ottobre la 9° australiana e la 51° Highland attaccarono ancora a nord, nella zona divenuta famosa col nome di Kidney Ridge. Le posizioni furono conquistate, ma ogni ulteriore avanzata fu contenuta, in questa occasione dall'intervento di aliquote della 15° Panzer e della Littorio. A sud, la 44° divisione inglese fallì ancora una volta contro i paracadutisti italiani a Deir el-Munassib. Rommel decise di raccogliere maggiori forze a nord e il 27 ottobre contrattaccò con la 90° Leggera, la 21° Panzer e un gruppo tattico della divisione Ariete. Sulle prime sembrò profilarsi un certo successo, ma l'intervento di 90 bombardieri e un impenetrabile fuoco di sbarramento frustrarono ogni velleità. Lo strapotere dell'aviazione e dell'artiglieria nemiche bastava a rendere disperato qualsiasi tentativo di controffensiva. Il 28 ottobre reparti delle due Panzerdivision e della Littorio respinsero gli assalti della 133° brigata di fanteria e della 2° brigata corazzata. Alle 11 di sera cominciò l'attacco della 9° divisione australiana contro il caposaldo chiamato Thompson Post, nei pressi della ferrovia, a nord-ovest di Tell el-Eisa. Alle cinque del mattino, dopo sei ore di lotta accanita, gli australiani si fermarono e il resto della giornata del 29 trascorse in relativa calma. Montgomery, considerate le pesanti perdite subite fino a quel momento, modificò il piano originale, decidendo di far gravitare lo sforzo più a sud, tra Tell el Eisa e Kidney Ridge. Anche la giornata del 30 trascorse relativamente tranquilla e le avverse condizioni meteorologiche ridussero l'attività della RAF. Alle 21 la 26° brigata australiana rinnovò l'attacco lungo la solita direttrice a nord e all'alba del 31 ottobre esso poteva dirsi riuscito: le truppe nemiche dal Thompson Post al mare erano accerchiate. Un contrattacco condotto dalla 21° Panzer nella giornata del 31 ristabilì il contatto con le truppe accerchiate, ma gli australiani rimanevano in una posizione molto favorevole. Il 1 novembre Montgomery diramò le ultime disposizioni per l'operazione denominata Supercharge, mentre Rommel perdeva tempo contro gli australiani del Thompson Post. In serata, cominciò il bombardamento della RAF e all'una antimeridiana del 2 novembre iniziò l'attacco delle fanterie, accompagnato da una cortina mobile di fuoco che avanzava di cento metri ogni due minuti e mezzo. La 151° e la 152° brigata di fanteria, con l'appoggio di reparti dell'8°, 40° e 50° RTR, aprirono un passaggio profondo circa tre chilometri e mezzo fra i campi minati e le linee nemiche. Il compito fu eseguito quasi in orario sulla tabella di marcia prevista. Nel corridoio così aperto passò la 9° brigata corazzata, che prima dell'alba avrebbe dovuto avanzare di altri due chilometri fino alla linea della pista Rahman e creare una testa di ponte dalla quale la 1°, la 7° e la 10° divisione corazzata sarebbero sbucate nello spazio aperto del deserto per infliggere al nemico il colpo decisivo. Poco prima dell'alba, la brigata stava per raggiungere la pista Rahman, quando si aprì il fuoco dello sbarramento anticarro predisposto dall'Afrikakorps: gli inglesi rimasero con soli 19 carri dei 94 con i quali la brigata aveva cominciato il combattimento. Intanto, però, la 1° divisione corazzata apparve sul campo di battaglia e per tutta la giornata infuriò un gigantesco scontro di mezzi corazzati. Il generale Wilhelm Ritter von Thoma, comandante del DAK, gettò nella fornace tutti i carri armati a sua disposizione:il XII e LI battaglione carri della Littorio, l'XI della Trieste, e quanti ne rimanevano della 15° e 21°Panzerdivision. In tutto circa 120 carri armati contro più del doppio degli avversari. Gli M13 e gli M14 andarono quasi consapevolmente incontro alla distruzione a opera dei Grant,degli Sherman e dei pezzi controcarro da 6 libbre. Alla fine,la penetrazione nemica fu fermata, ma ormai le risorse degli italo-tedeschi erano esaurite.
Carristi inglesi ispezionano un M13 italiano distrutto Rommel a questo punto avrebbe voluto approfittare del momentaneo stallo imposto al nemico per sganciarsi e salvare la maggior parte possibile delle sue truppe. Il 3 novembre, quando già gli ordini in tal senso erano in corso di esecuzione, arrivò,però, l'ordine di Hitler di "vincere o morire". Anche il Comando Supremo italiano ordinò da Roma di resistere sul posto. Se nel formulare l'ordine Hitler era assillato dall'andamento delle operazioni sul fronte russo e non aveva mai messo piede in Africa,incomprensibile è l'ordine del comando italiano, che ben conosceva le reali condizioni dell'armata italo-tedesca. Comunque sia, questi ordini furono fatali ai resti dell'armata di Rommel: le truppe già in movimento, tutte fanterie italiane, erano troppo spossate per riprendere il cammino in senso inverso e furono quasi tutte assai facili prede del nemico nei giorni successivi. Nelle primissime ore del 4 novembre si ebbe l'ultimo possente urto dell'Ottava Armata, condotto dalla 51°Highland Division e dalla 5° brigata indiana con tutto l'appoggio possibile di carri, artiglieria e aviazione, mentre la9° divisione australiana rastrellava la fascia costiera ormai abbandonata dal nemico. La divisione corazzata Ariete fu impiegata come ultima riserva, insieme ai resti della Littorio e della 15° Panzer. Il generale von Thoma combatté fino a mezzogiorno sul suo carro comando, poi si arrese, uscendo dal suo carro in procinto di prendere fuoco. Indossava l'alta uniforme, con tutte le decorazioni ricevute. Attese immobile, sotto gli occhi del suo capo di stato maggiore Fritz Bayerlein che lo osservava da poco distante, l'arrivo degli inglesi, senza tentare di sfuggire alla cattura. Era questo un gesto che rasentava la diserzione, indicativo però dell'amarezza provocata dall'assurdo ordine di Hitler. Nel pomeriggio del 4 novembre il fronte era sfondato. Senza attendere l'autorizzazione di Hitler, che in ogni caso giunse il 5 novembre, Rommel si disimpegnò. Il cauto Montgomery attese quasi24 ore prima di cominciare l'inseguimento, anche perché non era convinto che la battaglia fosse davvero finita. Il tentativo di tagliare la ritirata condotto dalla 1° divisione corazzata riuscì solo a catturare pochi sbandati a Fuka. Il6 novembre piogge torrenziali rallentarono i movimenti di entrambi i contendenti, maavvantaggiarono gli italo-tedeschi, che non poterono essere molestati dall'aviazione nemica. Il7 novembre la 21° Panzer si trincerò per l'ultima volta "a istrice" davanti a Marsa Matruh, ma poi decise di abbandonare i carri ormai privi di carburante, e il ripiegamento continuò. Il giorno successivo, 3200 chilometri più a ovest in linea d'aria, un corpo di spedizione angloamericano sbarcava in Marocco e in Algeria: era l'inizio dell'operazione Torch. Ora gli Alleati potevano stringere da est e da ovest, in una gigantesca tenaglia, le stremate forze italo-tedesche. Come scrisse Rommel, "ciò segnava il destino dell'Armata d'Africa".
Alle prime luci dell'alba dell'8 novembre 1942, circa100.000 soldati angloamericani, imbarcati su 120 navi da trasporto, sotto la scorta di numerose navi da guerra,si trovavano allargo della costa atlantica del Marocco e del litorale algerino. Direttamente dagli Stati Uniti era arrivata la Western Task Force al comando del generale George S. Patton,che sarebbe sbarcata nella zona di Casablanca. Dall'Inghilterra erano invece arrivate sia la Central Task Force agli ordini del generale Lloyd R. Fredendall, che doveva sbarcare nella zona di Orano, sia la Eastern Task Force del generale Charles W. Ryder, che doveva sbarcare nella zona di Algeri. L'operazione era stata battezzata Torch, ed era il più grande sbarco mai tentato fino allora. Lo scopo dell'iniziativa era quello di effettuare, insieme all'Ottava Armata che avanzava dall'Egitto, una gigantesca manovra a tenaglia destinata a spazzare via dall'Africa settentrionale le forze italo-tedesche, eliminare definitivamente ogni influenza dell'Asse in quella zona e farne la base per future operazioni in Europa. L'intero complesso di forze era sotto il comando del generale americano Dwight D. Eisenhower.Un grosso interrogativo pesava sull'operazione: come avrebbero reagito i francesi? Marocco, Algeria e Tunisia erano infatti sotto il controllo del governo collaborazionista di Vichy. Contatti segreti avuti dal generale americano Mark W. Clark, capo di stato maggiore di Eisenhower,con alcuni ufficiali francesi ostili al governo di Vichy non erano approdati a nulla, e quindi non si sapeva se le truppe francesi si sarebbero battute o no. In effetti, l'8 novembre, nella zona di Casablanca, la reazione fu abbastanza decisa e fu aperto il fuoco contro le forze navali alleate. I cannoni della corazzata Massachusetts e degli incrociatori pesanti Whichita e Tuscaloosa ridussero facilmente al silenzio i pezzi francesi, ma le forze navali presenti, 1 incrociatore, 7 cacciatorpediniere e 8 sommergibili, lanciarono un breve ma coraggioso attacco contro la flotta nemica, prima che le loro unità fossero colate a picco, tutte meno una. A sera, finalmente, erano sbarcati oltre 7000 uomini,ma Casablanca era ancora in mano francese. Anche a Orano,sul litorale algerino, vi fu una resistenza che venne definitivamente stroncata solo il 10 novembre. Ad Algeri la resistenza fu meno forte, ma non assente,tanto che la città capitolò il 10 novembre. Casablanca non sembrava disposta a cedere, quando gli avvenimenti presero una piega inaspettata, favorevole agli Alleati. Ad Algeri si trovava in quei giorni l'ammiraglio François Darlan, numero due del governo di Vichy,che, dopo un colloquio con il generale Clark, decise di ordinare la cessazione delle ostilità l'11 novembre, e anche Casablanca fu occupata dagli americani. Darlan si dichiarò disposto a collaborare e approvò la nomina del generale Henry Giraud come comandante delle truppe francesi in Nordafrica, mentre egli conservava la carica di massima autorità politica francese sul luogo.Tuttavia, questa situazione offese il suscettibile generale De Gaulle che, in esilio in Gran Bretagna, si considerava l'unico legittimo rappresentante dei francesi dissidenti. Si creò pure una situazione d'imbarazzo tra americani e inglesi, in quanto questi ultimi, seppure senza grande entusiasmo, avevano sempre sostenuto le posizioni di De Gaulle. Infine, l'opinione pubblica americana restò indignata dalla decisione di collaborare con un personaggio considerato fino ad allora filonazista. L'affare Darlan creò quindi uno sgradevole clima d'incertezza. Ma, alla vigilia di Natale, un giovane e sconosciuto studente monarchico francese di vent'anni, Fernand Bonnier de la Chapelle, riuscì a introdursi nell'ufficio di Darlan ad Algeri e lo uccise con due colpi di pistola. Appena ventiquattro ore dopo una corte marziale, formata da elementi fedeli al governo di Vichy, lo condannò a morte e fece eseguire subito la sentenza. Gli americani non persero l'occasione per uscire dalla difficile situazione nella quale si erano cacciati e si dichiararono a favore di Giraud quale massima carica militare francese in Africa settentrionale,mentre De Gaulle poté continuare a considerarsi il capo virtuale di un governo francese in esilio. Il governo francese di Vichy, all'indomani dell'invasione,ruppe le relazioni diplomatiche con gli Stati Uniti, madovette subire anche la reazione di Hitler. L'11 novembre truppe tedesche cominciarono ad avanzare nella Francia"non occupata" e alla fine del mese l'occupazione era completata. Mentre i carri armati tedeschi penetravano nel porto militare di Tolone, nella notte fra il 23 e il 24 novembre,i resti della flotta da guerra francese si autoaffondarono,seguendo disposizioni emanate da tempo in previsione di un'eventualità quale quella che si stava verificando. Contemporaneamente Hitler spedì truppe aviotrasportate in Tunisia, per creare una testa di ponte che si opponesse all'avanzata alleata proveniente da ovest. Eisenhower tentò di contrastare questa mossa e lanciò in tutta fretta verso oriente truppe raccolte un poco alla spicciolata al comando del generale inglese Kenneth Anderson, con il compito di impadronirsi di Biserta. Il 16 novembre il comando delle truppe dell'Asse in Tunisia fu assunto dal generale Walther Nehring, che già si era distinto al comando dell'Afrikakorps, Lo sforzo alleato in direzione di Tunisi fu bloccato dopo una serie di piccoli scontri e il 28 novembre lo stesso Eisenhower ordinò alle proprie truppe di passare alla difensiva per riordinarsi. Una serie di contrattacchi tedeschi nella zona di Tebourba,a 32 chilometri da Tunisi, tra il 1 e il3 dicembre,e poi ancora i16 dicembre, costrinse gli angloamericani aun arretramento. Il9 dicembre Nehring fu sostituito dal generale Jurgen von Arnim, che decise di mantenere la pressione sulle posizioni americane non ancora consolidate. Il 10dicembre,sempre nella zona di Tebourba, alcuni reparti tedeschi,fra i quali il 501°Schwere Panzer Abteilung, dotato di carri Tiger, attaccarono molto brillantemente reparti americani, dando in definitiva un certo respiro alla zona di Tunisi. Alla fine dell'anno, anche a causa delle insistenti piogge torrenziali, il fronte era giunto a una situazione di stallo. Intanto, anche Rommel stava portando le sue truppe verso la Tunisia.
Il 9 novembre l'ACIT si trovava sul confine tra Libia edEgitto, dove si unì alla divisione Pistoia, inviata dall'Italia per imbastire un'eventuale difesa sulla linea Sollum-Halfaya. Da questo momento la ritirata di Rommel fu moltoabile, e fu caratterizzata più dalle discussioni con il Comando supremo italiano che dai combattimenti con l'Ottava Armata. Rommel, una volta saputo dello sbarco alleato nel Nordafrica francese, riteneva impossibile una ulteriore resistenza contro un avversario troppo superiore, e sperava di salvare quanto rimaneva delle sue truppe in una sorta di "Dunkerque dell'Asse", in modo da conservare la preziosa esperienza di combattimento acquisita da ufficiali,sottufficiali e soldati, per utilizzarla in difesa di una eventuale invasione angloamericana dell'Italia. Ma né l'OKW né il Comando Supremo italiano la pensavano allo stesso modo. Così i tre mesi successivi all'inizio della ritirata furono spesi alla ricerca di un'adeguata linea di resistenza sulla quale dare battaglia all'Ottava Armata nella speranza di fermare la sua lenta ma inesorabile avanzata. Rommel invece concepiva il combattimento,in quella situazione,solo allo scopo di evitare l'agganciamento da parte del nemico e permettere una ritirata completa fino alla Tunisia, dove ormai aveva deciso di portare le sue truppe. Nel pomeriggio del 10 novembre la 2°divisione neozelandese raggiunse le pendici della scarpata di Sollum nel settore costiero, mentre la testa della 7° divisione corazzata superava il reticolato di confine 25 chilometri a sud di Sidi Ornar. A questo punto, però, Montgomery si preoccupò soprattutto della situazione logistica e subordinò ogni ulteriore avanzata alla sicurezza di poterla alimentare adeguatamente. Perciò l'inseguimento rallentò. Rommel ne approfittò per fermarsi tutto il 12 novembre sulla linea Tobruch-el Adem, per facilitare il lento deflusso degli elementi ripieganti e lo sblocco dell'ingorgo che le truppe già avviate avevano creato nei pressi di Ain el-Gazala. Ottenuto lo scopo, Rommel alle 21,15 del 12novembre diramò gli ordini per l'ulteriore ripiegamento. Il generale Enea Navarini, con le poche truppe del XXI Corpo d'armata che gli erano rimaste e la divisione Pistoia,doveva raggiungere nella serata del 13 la zona di Martouba, una ventina di chilometri a sud-est di Derna, e successivamente proseguire verso Agedabia. Le unità più mobili dovevano indietreggiare e tenere la linea Ain el Gazala-Temrad almeno per tutto il 13 novembre. I movimenti iniziarono poco prima dell'alba del 13 e si svolsero senza ostacoli: le posizioni prestabilite furono occupate prima di mezzogiorno. Lo stesso giorno le truppe britanniche entrarono a Tobruch e il Comando supremo italiano decideva di giocare il tutto per tutto a el Agheila. Rommel aveva poca benzina. Seguire le piste desertiche avrebbe condotto a un maggiore consumo di carburante. La via Balbia era quindi il percorso obbligato. Naturalmente bisognava vanificare ogni tentativo di aggiramento. Perciò,senza attendere che la già forte pressione dell'Ottava Armata aumentasse, Rommel ordinò l'immediato abbandono delle posizioni di Ain el-Gazala alle due del 14 novembre. La 90° leggera operava in retroguardia. Il 17 novembre la 4° brigata corazzata inglese prese contatto con la 90° leggera, ma l'unità si svincolò rapidamente,e con demolizioni stradali e posa di mine riuscì a rallentare notevolmente gli inseguitori. A ogni modo, quella sera,tenuto conto della persistente penuria di carburante e della presenza dell'11° Hussars e del 1° Royal Dragoons a oriente di Msus, Rommel decise di affrettarsi a raccogliere l'Armata fra Bengasi e Agedabia. Quanto rimaneva dell'ACIT, insieme alle divisioni La Spezia e Giovani Fascisti, si raccolse in quest'ultima località nella giornata del 19 novembre, senza più una goccia di benzina. Il 17 novembre la nave Hans Arp era stata silurata e affondata, perdendo il suo prezioso carico di carburante. Le correnti trasportarono però i fusti di benzina sulla costa fra el-Agheila e Marsa el-Brega. Il mattino del 21 novembre il comandante dell'aviazione tedesca in Africa, generale Hans Seidemann, comunicò esultante questa scoperta a un Rommel quasi disperato per la mancanza di benzina, e questo felice caso permise di proseguire la ritirata con un minimo di tranquillità. Intanto, il 20 novembre una colonna inglese era entrata a Bengasi. L'apparire di elementi blindati avversari all'altezza di Agedabia non allarmò particolarmente Rommel, però lo indusse a completare lo schieramento dell'Armata nella zona di el-Agheila nella giornata del 24 novembre 1942. Il Comando Supremo italiano tentò di convincere Rommel a tentare una battaglia di arresto all'altezza di el-Agheila, che in effetti era l'unica zona prima del confine tunisino a offrire qualche possibilità difensiva. Rommel tentò comunque di sottrarsi in ogni modo ai vincoli postigli dall'alto. Certamente la posizione era favorevole, grazie al terreno paludoso, intercalato da vaste saline ed estesi banchi sabbiosi. Un aggiramento tentato da un avversario proveniente da est avrebbe comportato un movimento ad ampio raggio e dunque esposto a contromanovra. Per effettuare tale contromanovra era però necessaria un'adeguata massa corazzata dotata di una sufficiente scorta di carburante e munizioni, che al momento non c'era. Il 28 novembre Rommel volò in Germania per convincere Hitler a salvare l'Armata, ma questi replicò infuriato dicendo che mai avrebbe permesso l'abbandono dell'Africa. Demoralizzato, il 1 dicembre Rommel tornò dai suoi soldati cercando una soluzione. Egli pensò di arretrare sulla linea di Mareth, al confine tra Libia e Tunisia, a suo tempo fortificata dai francesi per contrastare una eventuale invasione italiana. Su questa posizione avrebbe trattenuto l'Ottava Armata, mentre, grazie alla vicinanza all'Italia dei porti di Biserta e Tunisi, avrebbe potuto riordinare la sua Armata. Riunendo tutte le forze corazzate disponibili avrebbe potuto procedere a vibrare un colpo decisivo sugli inesperti americani per poi rivolgersi ancora contro l'Ottava Armata. Insomma, un grandioso piano d'azione per linee interne contro un nemico superiore, ma che agiva con due masse separate. Il 14 dicembre la 7° divisione corazzata inglese attaccò le posizioni di el-Agheila, ma fu trattenuta dal gruppo Cantaluppi, nuova denominazione del precedente gruppo di combattimento XX Corpo d'armata, che riuniva i resti della Trieste, della Littorio e dell'Ariete. Le prime ore della sera consentirono agli italiani di sganciarsi: avevano perso 109 uomini, 8 pezzi da 47/32, 12 automezzi e 14 carri armati, ma avevano distrutto o danneggiato 20 carri nemici. Quest'azione impedì l'avvolgimento della 90°divisione leggera e consentì la prosecuzione ordinata del ripiegamento. Rommel non aveva nessuna intenzione di effettuare una vera e propria resistenza, perché esposta al rischio oggettivo dell'agganciamento da parte dell'Ottava Armata e di conseguenza all'annientamento. La ritirata dell'ACIT proseguì quindi speditamente. La sera del 17 dicembre la divisione Giovani Fascisti, il gruppo Cantaluppi e quasi tutte le unità tedesche raggiungevano Sirte. lasciando in retroguardia la 90° leggera. Solo la 15° Panzer, bloccata per mancanza di benzina, riprese il movimento il mattino del 18, aprendosi senza grosse difficoltà un varco tra le fila della 2° divisione neozelandese. Nei giorni fino al 31 dicembre Rommel mise in atto il graduale ripiegamento sulle posizioni di Buerat, più o meno a metà strada tra Sirte e Misurata, A partire dalla notte fra il2 e 3 gennaio 1943 iniziò il ripiegamento da Buerat a Homs di tutte le fanterie e la raccolta nella zona Nalut Garian dei reparti del Sahara e di tutti i presidi della Tripolitania. Questi movimenti si conclusero il 14 gennaio. Il 30° Corpo britannico attaccò la linea di Buerat il 15gennaio, contando su una padronanza aerea assoluta. Pur in condizioni di incolmabile inferiorità, le truppe dell'Asse resistettero validamente, permettendo a Rommel di ordinare alle ore venti la ritirata generale sulla linea di Homs. Quando gli inglesi avanzarono il giorno dopo, trovarono il vuoto davanti a loro. Il mattino del 18 gennaio la 152° brigata scozzese entrò a Misurata e nel corso del 19 gennaio gli elementi avanzati britannici apparvero su tutto il fronte da Homs a Tarhuna, mentre le truppe italo-tedesche ripiegavano su Tripoli. Oramai anche l'ipotesi di difendere Tripoli dovette essere abbandonata: malgrado un disperato contrattacco della 15° Panzer arrestasse la pressione britannica fraAziza e Castel Benito, era arrivato il momento finale. All'alba del 23 gennaio1943 il nemico entrava a Tripoli con l'11°Hussars da sud e il 50° RTR da est. Gli inglesi considerarono la cattura della capitale della colonia italiana una grande vittoria, tanto che Montgomery, appagato, lasciò il compito di mantenere il contatto con l'avversario alla sola 7° divisione corazzata, che eseguì il suo compito in maniera talmente lenta e cauta da non provocare disturbi o interferenze di sorta. Il 24 gennaio l'ACIT riprese il movimento verso ovest, secondo un piano di scaglionamento delle forze perfettamente curato da Rommel, anche allo scopo di evitare le pericolose incursioni del Long Range Desert Group. Il programmato ripiegamento a scaglioni sulla linea di Mareth proseguì praticamente indisturbato fino al 3 febbraio, quando gli ultimi elementi lasciarono la Tripolitania. Tutte le truppe libiche in servizio nel Regio Esercito furono congedate. Il 5 febbraio il Comando Superiore dell'Africa settentrionale fu sciolto, mentre il generale Bastico era già rimpatriato il 31 gennaio. Lo stesso giorno l'ACIT prese il nome di I Armata italiana, pur comprendendo anche le truppe tedesche, e il generale Giovanni Messe ne assunse il comando, per alcuni giorni solo formalmente, perché Rommel rimase al suo posto fino al 23 febbraio, quando fu nominato comandante del Gruppo di armate Africa. Le truppe tedesche nel nord tunisino erano fin da gennaio raccolte nella V Armata corazzata al comando di Von Arnim, che aveva ai suoi ordini anche il XXX Corpo d'armata italiano, comprendente però, in sostanza, solo la divisione Superga e la 50° brigata speciale.
Kasserine - l'ultima offensiva di Rommel Sul fronte occidentale, rispetto alle due Armate italo-tedesche era schierata la Prima Armata britannica, che comprendeva,da nord a sud, oltre alle truppe inglesi, il19° Corpo d'armata francese e il2° Corpo d'armata americano. Le truppe di quest'ultimo erano però schierate confusamente,suddivise in piccoli gruppi tattici collocati nei punti reputati più importanti o più pericolosi. Su questo schieramento Rommel volle dare il primo colpo del suo disegno di manovra per linee interne, mentre l'Ottava Armata, a sud, con le linee di comunicazione troppo estese, se ne stava tranquilla a sistemare la propria situazione logistica. Appoggiato dalle incursioni degli Stuka, l'attacco tedesco si scatenò all'alba di domenica 14 febbraio 1943. Una colonna, composta essenzialmente da gruppi tattici della 10° e 21° Panzer, passando per Sidi Bou Zid e Sbeitla,puntò sul passo Kasserine. Una seconda colonna, composta da gruppi tattici della 15° Panzer e della divisione corazzata Centauro, giunta dall'Italia nel novembre precedente,attraverso Gafsa si precipitò a tutta velocità su Feriana. I tedeschi ebbero subito la meglio e gli scontri risultarono senza storia: gli sparsi elementi della 1° divisione corazzata americana furono travolti, e i tentativi di contrattacco tentati dai carri armati americani furono eliminati con irrisoria facilità dalla superiore tattica delle truppe corazzate germaniche. La notte del 15 febbraio gli americani abbandonarono Gafsa: la totale oscurità e una pioggia torrenziale trasformarono l'operazione in un disordinato e caotico esodo, con scene di autentico panico. Il mattino del 15 un altro combattimento senza storia peggiorò ulteriormente le posizioni della 1° divisione corazzata americana. Il 16 febbraio Rommel intuì le potenzialità di manovra che il successo gli offriva e avrebbe voluto una collaborazione decisa di von Arnim da nord per schiacciare il 2°Corpo americano. Ma von Arnim si dichiarò in completo disaccordo: non aveva nessuna voglia di avventurarsi in un'impresa da lui giudicata troppo rischiosa. Rommel continuò per suo conto. Il mattino del 19 i tedeschi attaccarono la stretta di Kasserine,la superarono, raggiunsero il villaggio omonimo e il giorno successivo consolidarono le loro posizioni. Se a Kasserine le cose andavano per il meglio, più a nord, a Sbiba, gli eventi presero una piega meno favorevole: la superiorità dell'artiglieria alleata riuscì a fermare l'avanzata del 5° Panzerregiment, resa già difficile dal terreno fangoso. Nel pomeriggio del 20 febbraio l'azione tedesca giunse a un punto morto. Le forze tedesche impiegate, 2 battaglioni, 30 Panzer e 6 batterie da campagna, non erano oggettivamente in grado di infrangere la resistenza di 8 battaglioni americani, 3 inglesi, 1 francese,sostenuti da 25 carri armati Churchill e 3 gruppi d'artiglieria da 105. Ormai Eisenhower e Alexander,che il 20 febbraio assunse il comando del18° Gruppo di armate angloamericano,cioè l'insieme delle forze della Prima e dell'Ottava Armata, stavano facendo affluire cospicui rinforzi nei punti minacciati, e quando Rommel riprese l'avanzata in direzione di Thala e Tebessa il 21 febbraio le difese angloamericane erano pronte ad accoglierlo. Resosi conto che l'attacco aveva perso lo slancio necessario,Rommel ordinò il ripiegamento nel pomeriggio del 22 febbraio. Gli angloamericani erano ancora così scossi dai combattimenti che solo nella tarda mattinata del 23 febbraio sembrarono convincersi che il nemico se ne era andato. Il 25 febbraio il 2° Corpo d'armata americano si mosse verso Kasserine, ma incontrò il vuoto assoluto. Dal 19 al22 febbraio le perdite dell'Asse furono di circa 1000 tedeschi e 400 italiani fra morti, feriti, dispersi. Andarono perduti inoltre 60 automezzi, 20 carri armati, 6 mezzi blindati,5 pezzi controcarro e 4 lanciarazzi Nebelwerfer multicanna da 150 mm, una nuova arma arrivata dalla Germania. Gli Alleati persero complessivamente circa 10 000 uomini,183 carri armati, 194semicingolati, 208 pezzi d'artiglieria, 512 automezzi e notevoli quantità di rifornimenti di ogni tipo. Tuttavia,già ai primi di marzo erano arrivati dagli USA4500 automezzi e 10000tonnellate di materiali per ripianare le perdite, mentre quasi niente arrivava per Rommel compensare le perdite degli italiani e dei tedeschi. Una conseguenza della battaglia fu anche la sostituzione di Fredendall con Patton al comando del 2° Corpo d'armata americano, avvenuta il 6 marzo 1943. Tra il 26 febbraio e il3 marzo,da parte sua, von Arnim scatenò a nord l'offensiva che, se attuata contemporaneamente a quella di Rommel,avrebbe potuto cambiare le sorti della lotta: ma in cinque giorni di combattimenti i risultati furono del tutto irrilevanti rispetto al logorio subito dalle truppe. Il 6 marzo 1943, Rommel rivolse le sue attenzioni all'Armata di Montgomery, con una manovra sul fianco, cui fu dato il nome convenzionale di operazione Capri, brillante nel concepimento, ma destinata a infrangersi contro l'enorme superiorità avversaria. Alle sei del 6 marzo 1943 tutte le truppe mobili di Rommel,divise in sette colonne, puntarono sulle posizioni britanniche di Medenine. Montgomery era però pronto al combattimento: tutti i tentativi tedeschi e italiani si infransero contro un insuperabile sbarramento controcarro di circa 500 cannoni. Una dopo l'altra le tre Panzerdivision(10°, 15°, 21°) naufragarono contro questa tremenda barriera. Verso le cinque del pomeriggio Rommel ordinò di sospendere l'azione. Il generale Messe, ora comandante a tutti gli effetti della I Armata, propose di concludere definitivamente l'operazione e di ripiegare tutte le truppe sulla posizione di Mareth. Rommel accettò. Il9 marzo, stanco e malato,partì in aereo per Roma e successivamente per la Germania. Non sarebbe più tornato in Africa. Il comando del Gruppo di armate fu assunto da von Arnim e quello della V Armata corazzata dal generale Gustav von Vaerst.
Malgrado il generale Messe avesse fatto e continuasse a fare del suo meglio per mettere in sesto la V Armata, intorno alla metà di marzo del 1943 la situazione non erac erto rosea. Le grandi unità rimanevano tutte largamente al di sotto degli organici, né si poteva sperare di raggiungere un accettabile livello di forza. Mancavano le munizioni,però le artiglierie furono riordinate, meglio raggruppate e coordinate per ottenere il miglior effetto possibile dove necessario. Limitato naturalmente era anche il livello delle scorte e mancavano i pezzi di ricambio. Quando l'Ottava Armata attaccò non si potevano quindi nutrire molte speranze. Montgomery si riprometteva un violentissimo attacco frontale condotto contro il XX e il XXI Corpo d'armata italiani dal30° Corpo del generale Oliver Leese, mentre la divisione neozelandese, rinforzata fino ad assumere la fisionomia di un Corpo d'armata, al comando del generale Bernard Freyberg, avrebbe compiuto una larga manovra aggirante per attaccare la soglia di el-Hamma e irrompere alle spalle del grosso della I Armata. Il10° Corpo, con due divisioni corazzate, era tenuto in riserva per poterlo immettere nel combattimento là dove si fosse verificatolo sfondamento. Dopo alcune azioni preliminari minori iniziate la sera del 16 marzo, alle21,45 del 20 marzo 1943 cominciò il tiro di preparazione e alle 23,15 avanzarono le fanterie. Contemporaneamente,nel settore nord-ovest del fronte, il 2° Corpo d'armata americano del generale Patton attaccava le posizioni della Centauro e della 21° Panzer nel settore di Gafsa. Per tutto il 21 marzo i tentativi britannici sulla linea di Mareth furono contenuti, e anche la spinta del 2°Corpo americano, pur avendo obbligato ad arretrare tutta la linea, non aveva provocato alcuno sfondamento. Intanto il Corpo di Freyberg proseguiva inesorabile la sua marcia di avvicinamento. Per le truppe del30° Corpo britannico un importante ostacolo era costituito dall'uadi Zigzagou, un torrente pietroso normalmente in secca che le abbondanti piogge avevano però reso simile a un possente fossato medievale. Nelle prime ore del 22 marzo il50° RTR riuscì a portarsi al di là dell'ostacolo. Messe, resosi però conto che questa testa di ponte era fragile, anche perché un violento acquazzone aveva aumentato il valore dell'ostacolo rappresentato dall'uadi, e le comunicazioni con l'altra sponda erano quindi difficili, colse con estrema lucidità il momento giusto per il contrattacco e alle 13,30, dopo una preparazione d'artiglieria di tre quarti d'ora, scagliò la 15° Panzer contro la testa di ponte inglese, che all'imbrunire era quasi completamente eliminata. Gli inglesi persero 30 Valentine, la 15° Panzer ebbe solo 3 carri danneggiati. Intanto era però iniziato con successo l'attacco del Corpo di Freyberg nel settore di el-Hamma. A quel punto, Montgomery decise di dare in rinforzo a Freyberg tutta la 13° divisione corazzata per vibrare il colpo decisivo in quel settore. All'operazione fu dato il nome bene augurante di Supercharge,come l'attacco decisivo a el-Alamein. Il 23e il 24 marzo furono quindi giorni di relativa stasi per permettere i movimenti ela preparazione. Messe, che si vedeva chiaramente minacciato dalla manovra del corpo neozelandese, decise di ritirarsi sulla più breve linea di difesa dell'uadi Akarit, una sessantina di chilometri più a nord, e la manovra cominciò nella notte del 26 marzo. A nord, la violenta pressione del 2° Corpo americano era stata contenuta,anche se con estrema fatica.
Messe era riuscito con estrema abilità a ritirare la sua Armata ancora in buone condizioni, ma aveva tuttavia subìto perdite gravi, pari a 16 battaglioni, 31 batterie d'artiglieria e 91 carri armati. Con quanto gli rimaneva, il generale italiano si preparò a sostenere il successivo, inevitabile urto del nemico. All'inizio di aprile l'Armata restò quasi completamente priva di automezzi: tutto era utilizzato per sgomberare a nord di Enfidaville le scorte e i materiali non indispensabili al nuovo scontro. Gli automezzi in avaria furono usati come rimorchi, trainati col loro carico da quelli ancora efficienti. Il nemico svolgeva l'attività aerea ormai a suo piacimento lungo ogni strada, sui depositi, sui campi d'aviazione. Tutti gli apparecchi italiani del settore meridionale del fronte tunisino furono distrutti o danneggiati. Alle 23 del 5 aprile 1943 l'Ottava Armata cominciò un imponente tiro di preparazione d'artiglieria. Gran parte ei collegamenti dei difensori furono interrotti e i comandi ebbero grandi difficoltà a capire quanto accadde. La resistenza fu accanita, davvero formidabile, ma alla fine nulla poté contro gli attacchi concentrici della 4° divisione indiana, della 50° divisione inglese e della 51°Highland Division, sostenuti da tutta l'artiglieria e l'aviazione possibile. La sera del 6 aprile Messe riuscì a sganciarsi in pieno combattimento e ad arretrare la massa delle sue truppe sulle nuove posizioni di Enfidaville, 250 chilometri più a nord. Nelle due settimane che seguirono fece il possibile per rafforzare la posizione difensiva e riordinare le truppe. Intanto, l'11 aprile 1943, la6° divisione corazzata della Prima Armata prendeva contatto con la 1° divisione corazzata dell'Ottava: le due Armate britanniche erano ora congiunte in un fronte unico.
Con la consueta puntualità inglese, alle 23 del 19 aprile cominciò il solito fuoco di preparazione. L'artiglieria italiana,come già precedentemente, non poteva permettersi il lusso di un fuoco di controbatteria per mancanza di munizioni e quindi rimase in attesa per intervenire solo a colpo sicuro. In compenso, stavolta la rete delle trasmissioni funzionò piuttosto bene. Gli attacchi della divisione neozelandese e della 4° indiana procedettero con notevole difficoltà, ma alla fine ebbero la meglio sui difensori. Gli sforzi per ripristinare la situazione nel pomeriggio del 20 aprile conobbero alterne fortune, ma le cose sembravano volgere inesorabilmente a favore delle truppe del Commonwealth, anche se a prezzo di perdite elevate. Proprio questo elemento convinse Messe che se fosse riuscito a resistere 36 ore gli inglesi sarebbero stati costretti a sospendere l'offensiva per le perdite subite. I combattimenti continuarono per tutto il 21aprile, ma il 22 aprile l'Ottava Armata si fermò. Alexander aveva deciso di dare il colpo decisivo a nord,e volle quindi sospendere i costosi attacchi contro la I Armata di Messe per concentrarsi contro la V Armata di von Vaerst, che fino a quel momento, pur avendo subito una notevole usura per la continua pressione,non era stata fatta oggetto di nessun attacco in forze. Preceduta da un intenso fuoco di artiglieria e da violenti bombardamenti aerei,la grande offensiva, denominata operazione Vulcan, ebbe inizio il 22 aprile. Dopo otto giorni di scontri durissimi, l'offensiva perse però slancio e sembrò trasformarsi in una serie di combattimenti locali male coordinati. Il2° Corpo americano,ora schierato a nord e comandato dal generale Omar Bradley,non sembrava in grado di sfondare, il 5° Corpo britannico aveva addirittura perso posizioni a seguito di un disperato contrattacco operato da una brigata corazzata tedesca di formazione, che era poi rimasta immobilizzata per mancanza di carburante: il 9° Corpo britannico e il19° Corpo francese erano semplicemente a contatto delle posizioni sulle quali erano indietreggiati i reparti tedeschi e italiani. Alexander voleva assolutamente chiudere la partita entro il 15 maggio e decise di rafforzare la Prima Armata per l'attacco decisivo. AI 24 aprile era stata valutata una disponibilità italo-tedesca di 60.000 combattenti, 100 carri e 115 aerei efficienti, senza speranza di rinforzi, contro oltre 300.000 uomini, 1400 carri e 3240 aerei alleati. Fino al 30 aprile, come accennato, i contrattacchi tedeschi continuarono senza tregua, ma la V Armata corazzata era sull'orlo del collasso logistico, praticamente senza munizioni e senza carburante. Alexander volle far lanciare l'assalto finale lungo la direttrice Medjezel-Bab-Massicault-Tunisi con una violenza tale da impedire anche solo semplici azioni ritardatrici. Incaricato dello sforzo principale fu il 9° Corpo britannico,che avrebbe agito con due divisioni di fanteria in prima schiera, sopra un settore d'attacco di soli 2500 metri, seguite da due divisioni corazzate. Naturalmente,era garantito tutto il supporto dell'artiglieria, 400 pezzi, e dell'aviazione. Non era prevista alcuna sosta o rallentamento:le sacche di resistenza dovevano essere superate senza curarsene. L'operazione fu chiamata Strike e cominciòi16 maggio 1943. Dal tramonto del 5 al tramonto del 6 maggio l'aviazione alleata eseguì 1958 sortite, aprendo a suon di bombe un autentico varco nel quale si riversarono la 4a divisione indiana e la 4°divisione inglese, che a mezzogiorno avevano conquistato tutti i loro obiettivi. Seguirono la 6° e la 7° divisione corazzata, che scavalcarono le fanterie e distrussero la 15° Panzer, o meglio quanto ne rimaneva. Nel primo pomeriggio del 7 maggio la 22° brigata corazzata della 7° divisione entrava a Tunisi, mentre più a nord la 9° divisione di fanteria americana entrava a Biserta. Tra l'8 e il 9 maggio il fronte settentrionale si sbriciolò. A mezzogiorno del 9maggio 1943 il generale von Vaerst accettò la resa senza condizioni: sparivano così dalla scena il comando della V Armata e tre delle divisioni tedesche. L'11 maggio cedeva anche il fronte tenuto dal glorioso DAK, ridotto ai resti di pochi sparuti Kampfgruppendella10° e 21°·Panzer. La divisione italiana Superga, circondata, si arrese il mattino del 12 maggio. Von Arnim con il suo comando si arrese alla 4° divisione indiana intorno alle 10,30 dello stesso giorno. Rimanevano solo le ultime truppe della I Armata italiana. L'8 maggio il generale Messe tenne rapporto ai suoi principali dipendenti. Volle che, indipendentemente da quanto potesse accadere altrove,la sua Armata restasse sul posto fino all'estremo limite delle sue possibilità e cercò perciò di creare una sorta di "ridotto" d'armata nella zona montagnosa nei pressi di Enfidaville: la 164° divisione tedesca, la Trieste e la Giovani Fascisti, fronte a sud; la 90°·leggera formava il fianco orientale, la Pistoia il fronte settentrionale e la divisione La Spezia il fianco occidentale. La notte fra l'11 e il 12 maggio quest'ultima unità completò il proprio movimento rotatorio verso nord-ovest appunto per formare il fronte occidentale del ridotto. Ma improvvisamente e rapidamente si ebbe il crollo psicologico dei reparti tedeschi, che gettarono le armi uno dopo l'altro e si consegnarono al nemico, mentre tutti i reparti italiani rimanevano alloro posto. Alle 19,35 arrivò per Messe l'ultimo telegramma da Roma: "Cessate combattimento. Siete nominato Maresciallo d'Italia. Onore a voi et vostri prodi. Mussolini". Messe cercò di trattare una resa sulla base dell'onore delle armi, ma alla fine dovette accettarela resa incondizionata, annunciata alle 12,30 del 13maggio 1943. La guerra in Africa era finita, ed era costata alle forze dell'Asse, a partire dal 10 giugno 1940, qualcosa come 620.000 uomini fra morti, feriti, prigionieri e dispersi,circa 8000 aerei, 6200 pezzi d'artiglieria, 2500 carri armati,70 000 autocarri e quasi 2 500 000 tonnellate di naviglio da trasporto. Nella sola battaglia per la Tunisia lasciarono250.000 prigionieri nelle mani degli angloamericani. Riuscirono a imbarcarsi per la Sicilia solo 800 soldati. Dall'8 novembre 1942 al 13 maggio 1943 le forze del Commonwealth britannico avevano perso circa 38 000uomini, i francesi circa 19 000, gli americani 18000.L'Africa settentrionale rappresentò sicuramente, anche se si tardò a rendersene conto nella misura adeguata, il fronte principale della guerra italiana, e ora che le vicende belliche avevano volto al peggio, le estese coste della penisola erano aperte all'invasione.
Bibliografia: Mario Montanari - Le operazioni in Africa Settentrionale vol. 1 Sidi el Barrani - Ufficio Storico Stato Maggiore Esercito Mario Montanari - Le operazioni in Africa Settentrionale vol. 2 Tobruch - Ufficio Storico Stato Maggiore Esercito Mario Montanari - Le operazioni in Africa Settentrionale vol. 3 El Alamein - Ufficio Storico Stato Maggiore Esercito Mario Montanari - Le operazioni in Africa Settentrionale vol. 4 Enfidaville - Ufficio Storico Stato Maggiore Esercito Archivio Fotografico Centrale dello Stato Australia in the War of 1939–1945: Series One: Army - Volume 1 - To Benghazi - Gavin Long - Australian War Memorial Canberra 1952
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