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Premesse e costruzione Nella seconda metà degli anni trenta il Ministero delle Colonie del Regno d'Italia, avendo la necessità di trasportare nel territorio metropolitano le banane prodotte in Somalia, ordinò quattro motonavi veloci. In base a queste necessità furono costruite nel 1937 4 navi frigorifere che dovevano essere gestite dalla Regia Azienda Monopolio Banane (RAMB, con sede a Roma), due nei Cantieri Ansaldo di Genova-Sestri Ponente (le Ramb I e III) e due nei Cantieri Riuniti dell'Adriatico di Monfalcone (le Ramb II e IV). Il progetto delle nuove unità era dovuto al maggior generale del Genio Navale Luigi Barberis ed era stato steso partendo dal principio che queste navi dovevano essere in grado di compiere senza scalo il percorso Mogadiscio-Napoli a pieno carico. Navi medio-piccole ma molto moderne per l'epoca, le quattro Ramb, potevano imbarcare 2418 tonnellate di carico, nonché dodici passeggeri. Il progetto prevedeva inoltre installazioni che, se necessario, permettevano la trasformazione in incrociatori ausiliari, armati con 4 pezzi da 120/40 mm in coperta e due, elevabili sino a sei, mitragliere da 13,2 mm. I materiali per la militarizzazione delle navi furono posti in deposito a Massaua per due unità ed a Napoli per le altre due. Lo scafo, in acciaio, con forme più da nave militare che mercantile, era diviso in sette compartimenti da sei paratie stagne trasversali. La nave aveva un ponte principale, un ponte di sovrastruttura completa con castello e tughe a centro nave, un cassero di 16,33 metri a prua ed una tughetta a poppa. Il profilo dell'unità era caratterizzato da due alberi da carico (uno a prua ed uno a poppa) e da un fumaiolo a centro nave. L'apparato propulsivo era costituito da due motori diesel a due tempi, che consumavano 40,9 kg di nafta per miglio alla velocità di 17 miglia orarie, tale consumo era estremamente ridotto. Nelle prove contrattuali furono segnati 18,5 nodi per sei ore; nelle prove progressive con 1.000 tonnellate di carico vennero raggiunti anche i 21 nodi.
Caratteristiche generali Lunghezza 122,00 m (per I e III) e 116,78 m (per II e IV) Larghezza 14,60 m (per I e III) e 15,20 m (per II e IV) Pescaggio 7,77 m Stazza lorda 3667 t I, 3685 t II, 3660 t III e 3676 t IV Propulsione 2 motori diesel potenza 6800-7200 CV 2 eliche Velocità di crociera 17-18 nodi Velocità massima 19,5 nodi nodi Capacità di carico 2418 tonnellate Equipaggio 120 Passeggeri 12 (come nave mercantile)
La seconda guerra mondiale Il 10 giugno 1940, alla data dell'entrata dell'Italia nella seconda guerra mondiale, l'unica della quattro navi a trovarsi nel Mediterraneo era la Ramb III, mentre le altre tre si trovavano nel Mar Rosso. Le motonavi Ramb I, II e IV furono quindi messe a disposizione del Comando Navale Africa Orientale Italiana.
RAMB I Allo scoppio delle ostilità, la nave fu trasformata in incrociatore ausiliario con gli armamenti presenti nel porto di Massaua. La Ramb I limitò la propria attività bellica come “nave corsara” ad una singola ed infruttuosa incursione in Mar Rosso nell'agosto 1940 alla ricerca di naviglio mercantile nemico, missione che fu interrotta proprio perché non risultò possibile trovare navi da attaccare.
In previsione della caduta dell’Africa Orientale Italiana, all'inizio del 1941 le tre Ramb si videro costrette ad abbandonare Massaua. Gli ordini ricevuti furono di cercare rifugio in Giappone. Il 20 febbraio la Ramb I salpò da Massaua per destinazione Nagasaki al comando del capitano di corvetta Bonezzi. Il 27 febbraio 1941 alle ore 0510 il Ramb I venne avvistata dall'incrociatore leggero HMNZS Leander, da 7.200 tonnellate ed armato con 8 cannoni da 152 mm, poco ad ovest delle Maldive. La motonave tentò di ingannare il nemico, camuffandosi da nave inglese, ma senza successo. Il comandante decise quindi di accettare battaglia ed issato il tricolore, alle 11.53 la Ramb I aprì il fuoco. Il tiro della nave italiana pur impreciso, colpì alla terza salva il ponte di coperta dell'unità neozelandese, senza però che il proiettile scoppiasse. Mezzo minuto dopo il primo colpo italiano, il Leander reagì sparando una prima bordata e riducendo la distanza, continuò a fare fuoco con maggiore precisione colpendo ripetutamente la motonave con cinque bordate; constatati i notevoli danni subiti e con un incendio sottocoperta, il comandante Bonezzi decise di arrendersi, dando ordine di ammainare la bandiera, accendere le micce per l'autoaffondamento ed abbandonare la nave.
Mentre l'incendio si estendeva verso poppa, si verificò una violenta esplosione sotto il ponte di comando, con fumo e fiamme che s'innalzarono per decine di metri mentre la nave si appruava. Alle 12.43 la violenta esplosione della polveriera pose fine all'agonia della nave italiana, che s'inabissò cinque minuti più tardi. Il Leander recuperò tutti i superstiti della nave italiana il cui equipaggio registrò la perdita di due uomini e fu trasferito nei campi di prigionia di Colombo (Ceylon), dove arrivò il 2 marzo 1941.
RAMB II Come la Ramb I, la Ramb II all’inizio della guerra fu trasformata in incrociatore ausiliario installandovi l’armamento ad essa riservato. In previsione della caduta dell’Africa Orientale Italiana, all'inizio del 1941, le tre RAMB si videro costrette ad abbandonare Massaua. Anche per la Ramb II gli ordini furono di cercare rifugio in Giappone.
Il Ramb II salpò da Massaua il 22 febbraio, al comando del capitano di corvetta di complemento Pasquale Mazzella, anch’essa con destinazione Nagasaki. Venne superato dapprima lo stretto di Perim, eludendo la sorveglianza operata dalla Royal Navy e dalla Royal Air Force, quindi lo stretto di Bab el-Mandeb e il golfo di Aden, per poi passare tra Capo Guardafui e Ras Hafun ed entrare così nell'Oceano Indiano. Opportunamente camuffata, non ebbe particolari problemi, al di là di alcuni sporadici avvistamenti, rapidamente elusi. Nei primi giorni di marzo la Ramb II transitò a sud delle Maldive, continuando a procedere verso sudest, mentre tra il 10 ed il 15 del mese transitò nelle acque dell'Indonesia, dapprima passando a nordovest di Timor, quindi puntando verso nord e passando nello stretto delle Molucche, per poi fare rotta verso nordest, in direzione del Giappone.
Il 18 marzo, venne ricevuto un dispaccio radio il quale avvertiva che il Giappone, essendo ancora neutrale, non poteva consentire l'ingresso nei propri porti di navi da guerra appartenenti a Stati belligeranti. In considerazione di tale informazioni, i cannoni e mitragliere vennero rimossi e nascosti nelle stive, mentre le loro piazzole vennero occultate. La nave, avendo così perso le “stellette”, venne ribattezzata Calitea II. Il 21 marzo venne ricevuto un nuovo ordine che mutava la destinazione in Kobe che veniva raggiunta il 23 marzo 1941. Nel maggio 1941 la nave venne data in gestione alle Linee Triestine per l'Oriente, con sede a Trieste e successivamente la motonave si trasferì a Tientsin, dove si trovava nel settembre 1941. A partire dal dicembre 1941 la Calitea II, mantenendo equipaggio italiano, riprese il mare noleggiata dal Governo giapponese, trasportando munizioni ed altri carichi d'interesse bellico a Bali, Giava e Sumatra. A fine agosto 1942 venne inviata per lavori di riparazione a Kobe. Alla proclamazione dell'armistizio, l'8 settembre 1943, la Calitea II si trovava ancora ai lavori a Kobe e,come da ordini ricevuti, venne autoaffondata dal suo equipaggio la mattina del 9 settembre. Poche settimane dopo l'autoaffondamento la Calitea II venne riportata a galla dai giapponesi ed utilizzata come trasporto ausiliario (specialmente per viveri) e venne ribattezzata Ikutagawa Maru il 3 ottobre 1943.
Il 24 dicembre 1943, terminati i lavori di riparazione la motonave prese il mare alla volta di Sasebo, ed il 1 gennaio 1944 venne assegnata alla Flotta Combinata ed aggregata alla Flotta dell'area sudoccidentale (Nansei Hōmen Kantai) svolgendo, per tutto l’anno, intensa attività nei mari delle Indie Orientali e sfuggendo agli attacchi dei sottomarini americani Il 12 gennaio 1945 la Task Force 38 della US Navy lanciò l'operazione «Gratitude»: velivoli statunitensi attaccarono naviglio aeroporti ed installazioni terrestri giapponesi nell'Indocina sudorientale. L'Ikutagawa Maru, ormeggiata a Saigon, venne colpita durante una delle incursioni aeree statunitensi ed affondò.
RAMB III Il giorno seguente la dichiarazione di guerra, la Ramb III venne requisita a Genova dalla Regia Marina ed iscritta nel ruolo del naviglio ausiliario dello Stato e venne trasformata in incrociatore ausiliario con l'imbarco dell’armamento composto da quattro cannoni da 120/45 mm e due mitragliere da 13,2 mm; in seguito vennero aggiunti anche scaricabombe per bombe di profondità. Dal 19 giugno 1940 la nave venne assegnata alle scorte dei convogli tra Italia e Libia e poi a quelli verso Grecia ed Albania.
Nella notte dell'11 novembre 1940 la Ramb III, al comando del capitano di fregata richiamato Francesco De Angelini, era in mare quale scorta, con la torpediniera Nicola Fabrizi, ad un convoglio di quattro mercantili (piroscafi da carico Premuda, Capo Vado ed Antonio Locatelli, motonave passeggeri Catalani). Alle 0115 del 12 novembre il convoglio fu avvistato dalla 7ª Divisione incrociatori britannica (incrociatori leggeri Orion, Ajax e Sydney e cacciatorpediniere Nubian e Mohawk), inviata nel canale d'Otranto per attaccare convogli italiani. Ne scaturì uno scontro nel quale tutti e quattro i trasporti furono affondati od incendiati; la Ramb III sparò 17 salve con i propri quattro cannoni da 120 mm, per poi ritirarsi e lasciare il luogo dello scontro. Ritornò quindi ad essere impiegata sulle rotte per la Libia, specie sulla rotta Napoli-Tripoli, quale trasporto della carne. Il 30 maggio 1941 l'unità era ormeggiata nel porto di Bengasi: a causa dell'affollamento del porto, la nave aveva la prua che sporgeva di un trentina di metri dalla diga foranea; alle 19.30 venne colpita da un siluro lanciato dal sommergibile britannico Triumph. Il siluro danneggiò gravemente la prua, ma, grazie alla tenuta stagna delle stive frigorifere, la nave non affondò, appoggiandosi al fondo del porto. Non essendo possibile eseguire i necessari lavori di riparazione con i mezzi a disposizione in loco, venne presa la decisione di asportare l'intera parte prodiera, gravemente lesionata ed allagata. Dopo il sollevamento, l'incrociatore ausiliario venne zavorrato in modo da ovviare all'appruamento e ripristinare l'assetto longitudinale e trasversale. Venne quindi presa la decisione di affrontare la navigazione verso l'Italia a marcia indietro trainata da un rimorchiatore, facendo rotta per Brindisi, ove arrivò il 25 agosto e successivamente, per Trieste, ove giunse il 20 settembre 1941 e venne sottoposta ai lavori di riparazione e ricostruzione della parte prodiera.
Ripreso il mare, poco dopo le 13.10 del 1 febbraio 1943 il Ramb III, in navigazione alla volta di Palermo, avvistò alcuni naufraghi superstiti del piroscafo da carico Pozzuoli, silurato ed affondato poco prima; la nave si fermò per il recupero ma venne fatta oggetto del lancio di un siluro da parte del sommergibile britannico Turbulent ma riuscì ad evitarlo. All'8 settembre 1943, la Ramb III si trovava nel porto di Trieste. Durante il tentativo di uscire da porto per consegnarsi agli Alleati, fu abbordata e catturata da marinai tedeschi. Incorporata nella Kriegsmarine come trasporto e ribattezzata Kiebitz (Pavoncella), partecipò il 13 novembre 1943 all'operazione «Herbstgewitter» ("Tempesta d'autunno"), che prevedeva una serie di operazioni anfibie per il recupero delle isole di Veglia, Cherso e Lussino, occupate dai partigiani iugoslavi.
Successivamente venne rinforzato l’armamento e predisposta per la posa delle mine; così armata la nave svolse l’attività di posamine nelle acque dell'Adriatico. Il 5 novembre 1944, nel corso di un bombardamento aereo statunitense su Fiume, venne colpita da tre bombe sganciate da quadrimotori statunitensi che ne provocarono l’affondamento su un fondale di circa 20 metri di profondità. Alla fine del conflitto fu recuperata nel 1947 e riattata a Pola con lavori che durarono dal 1948 al 1952. Inizialmente ribattezzata Mornar (Marinaio) venne usata come nave scuola per gli allievi ufficiali della Marina iugoslava e successivamente ebbe il nome definitivo di Galeb (Gabiano) venendo utilizzata come nave di rappresentanza per i viaggi del presidente Tito. Con il collasso della Yugoslavia, la nave venne assegnata al governo del Montenegro e lasciata abbandonata presso le Bocche di Cattaro. Alcuni anni dopo venne venduta ad un uomo di affari greco per un eventuale restauro che non venne realizzato ed è attualmente ormeggiata in un porto nei pressi di Fiume in attesa che venga deciso il suo destino.
RAMB IV A differenza delle Ramb I ed II, convertite in incrociatori ausiliari, la Ramb IV rimase inattiva per alcuni mesi nel porto di Massaua, disarmata ed utilizzata come nave alloggio. In previsione della futura ed inevitabile caduta dell’Africa Orientale Italiana, negli ultimi giorni del dicembre 1940, la Regia Marina decise di trasformare la Ramb IV in una nave ospedale, per poter salvare e ricondurre in patria almeno parte dei feriti e malati gravi e del personale sanitario presente nell'A.O.I..
Ridipinta pertanto secondo le norme stabilite dalla Convenzione di Ginevra per le navi ospedale (scafo e sovrastrutture bianche, fascia verde interrotta da croci rosse sullo scafo e croci rosse sui fumaioli), la nave, dotata di attrezzature sanitarie e personale medico reperibili in Africa Orientale, venne requisita ed iscritta nel ruolo del Naviglio ausiliario dello Stato il 7 febbraio 1941. Dotata di 272 posti letto, la Ramb IV nei primi mesi del 1941 stazionò a Massaua come ospedale galleggiante. L'8 aprile 1941, subito prima della caduta della città ormai assediata dalle truppe britanniche, la Ramb IV lasciò quel porto diretta verso nord, progettando di chiedere ed ottenere il permesso di transitare per il canale di Suez, onde poter raggiungere l'Italia ove portare gli oltre duecento infermi, tra feriti e malati, imbarcati.
Essendo la nave regolarmente denunciata e registrata presso le autorità di Ginevra, ed essendo stati stabiliti dai trattati internazionali, sin dal 1869, la neutralità ed il diritto di transitare nel canale di Suez sia in tempo di pace che di guerra, il progetto era teoricamente realizzabile, ma in realtà il Regno Unito aveva affermato, sin dalla prima guerra mondiale, che solo le proprie autorità avevano il diritto di consentire o vietare il transito tra Suez e Porto Said. Qualora gli inglesi non avessero accordato il permesso di passare per il canale, era stato deciso che la Ramb IV si sarebbe diretta nello Yemen o nell'Arabia Saudita, nazioni neutrali, per farvisi internare. In realtà gli inglesi non si limitarono a negare il passaggio, ma inviarono il cacciatorpediniere Kingston ad intercettare la nave ospedale: abbordata e catturata al largo di Aden la sera dell’ 8 aprile. L'unità fu condotta a Massaua, ormai in mano britannica. Le autorità britanniche decisero di incorporare la nave nella Royal Navy, continuando ad impiegarla come nave ospedale nel Mar Rosso e, dai primi mesi del 1942, nel Mediterraneo orientale, dove operò lungo le coste della Libia e dell'Egitto. Nel primo mattino del 10 maggio 1942, in buone condizioni di visibilità, la nave ospedale venne attaccata al largo di Alessandria d'Egitto, dove era quasi giunta proveniente da Tobruk con a bordo 95 uomini di equipaggio e 269 infermi imbarcati nella città libica, da bombardieri Junkers Ju 88 della Luftwaffe, che la colpirono con alcune bombe, incendiandola. Divorata dalle fiamme, la Ramb IV, dopo alcuni tentativi di vincerle anche grazie all’equipaggio del cacciatorpediniere HMS Kipling, inviato in aiuto da Alessandria insieme all'Harrow e all'Hasty, dovette infine essere abbandonata e finita a cannonate dall'Hasty.
Fonti www.naviearmatori.net/ita/foto-165771-4.html https://digilander.libero.it/planciacomando/WW2/corsari2.htm https://www.lavocedelmarinaio.com/2019/02/r-a-m-b/ http://xoomer.virgilio.it/ramius/Militaria/incrociatori_ausiliari.html http://www.combinedfleet.com/Ikutagawa_t.htm https://www.wikiwand.com/it/Ramb_I https://www.wikiwand.com/it/Ramb_II https://www.wikiwand.com/it/Ramb_III https://www.wikiwand.com/it/Ramb_IV http://www.shipbucket.com/index.php http://navymuseum.co.nz/the-life-of-hmnzs-leander/ |