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I problemi riscontrati nei primi tre attacchi portati dagli assaltatori della Xa Flottiglia MAS al porto di Gibilterra erano soprattutto dovuti al forte logorio che mezzi d’assalto e uomini subivano per la permanenza per il lungo trasferimento in sommergibile. Con l’intento di mettere uomini e mezzi in perfetta efficienza al momento dell’attacco, la Regia Marina studiava un progetto di trovare una base fissa più prossima possibile alla rada.
Pianta della baia di Gibilterra con indicate le posizioni di partenza e le rotte di attacco A lanciare l’idea fu Antonio Ramognino, un tecnico della Piaggio ora agente della Regia Marina. Da tempo studiava il progetto e nella primavera del 1942 fece una ricognizione nella rada di Algeciras per cercare il punto d’appoggio da cui partire all’attacco dei mercantili inglesi. Ramognino, sposato con una giovane spagnola, prese in affitto una villa situata nelle vicinanze di Puenta Maiorga poi ribattezzata “Villa Carmela”. Era situata a poche decine di metri dal mare lungo la spiaggia che corre dalla foce del fiume Guadarranque alla cittadina spagnola di La Linea. Dalla casa era perfettamente visibile la rada e le navi in essa ancorate, queste ultime non distavano dai 500 ai 2000 metri dalla spiaggia. Grazie ad un letto asciutto di un torrente si poteva accedere non visti dalla villa al mare.
Villa Carmela. Si vede sulla parete la gabbia dei pappagalli Vista della rada di Gibilerra dalla spiaggia antistante Villa Carmela Le autorità spagnole non vennero insospettite in quanto si disse che la moglie Conchita necessitava di convalescenza al caldo. Dietro ad una gabbia per pappagalli contro il muro lato mare era situato l’osservatorio sulla rada per tenere sotto controllo i movimenti navali. Da questa base partirono due operazioni di assalto con nuotatori “Gamma” che portarono al danneggiamento complessivo di 5 piroscafi- A Ramognino però non sfuggì un’altra opportunità. Internata nel porto di Algeciras, ormeggiata alla diga foranea vi era la pirocisterna italiana Olterra di 4.995 tsl, di proprietà dell’armatore genovese Andrea Zanchi, lì rimorchiata dopo che era stata sollevata dal fondo dopo essere stata autoaffondata dal suo equipaggio al 10 giugno 1940. Dalla nave il porto militare di Gibilterra distava 6 miglia.
Pirocisterna Olterra La Regia Marina iniziò subito le trattative con l’armatore, tenendolo però all’oscuro del particolare uso a cui la sua nave doveva essere destinata, che iniziò le regolari pratiche con le Autorità spagnole, spiegando di voler rimettere la nave in efficienza. Con le scuse di normali avvicendamenti, l’equipaggio venne rimpiazzato, ovviamente i nuovi arrivati erano membri della Xa Flottiglia MAS o operai militarizzati. L’operazione di ripristino necessitava di nuovi macchinari che giungevano smontati dall’Italia; tra questi, a pezzi, vi erano i siluri a lenta corsa S.L.C. Con la scusa di ripulire la carena, lo scafo venne semi-affondato per far riemergere dall’acqua tutta la prora. Sotto un telone che li proteggeva dal sole, i marinai aprirono un’apertura di 1,20x2,00 metri nella fiancata di sinistra, il quale veniva richiuso dall’interno dello scafo della nave da un portello. Questa apertura dava su un locale che divenne l’officina segreta, nella quale venivano rimontati gli SLC giunti dall’Italia assieme al materiale per rimettere in efficienza la nave. Il locale aveva anche una vasca, ricavata in un locale adiacente al buco dello scafo, che permetteva la messa in acqua dei mezzi e la loro fuoriuscita con gli operatori. L’officina era raggiungibile solo tramite un intricato labirinto, reso impraticabile da cunicoli, scalette ripide e false paratie.
Particolare della prora dell'Olterra con evidente il portello creato per gli assaltatori Tutte queste attività trovavano giustificazione, sia per il picchetto spagnolo presente a bordo che per gli agenti inglesi presenti nel porto, dalla voce diffusa che i lavori di rimessa in efficienza erano propedeutici alla vendita della nave ad altro armatore. Questa base segreta permetteva il montaggio dei “maiali” e la loro messa a punto prima della missione, la messa in acqua, uno alla volta, l’equilibratura, la fuoriuscita a mare cavalcati dai piloti, l’avvio della navigazione verso gli obiettivi. Una volta depositata la testa esplosiva sotto la chiglia della nave, i “maiali” rimasti senza testa dopo l’assalto agli obiettivi, potevano rientrare alla base per essere rimessi in efficienza per una nuova missione.
Spaccato dell'officina e delle installazioni all'interno dell'Olterra (disegno di Franco Harrauer)
L’estate del 1942 fu quindi spesa interamente per preparare la nave ai compiti di base segreta per l’attacco a Gibilterra con i “maiali”. Il comando della base avanzata costituito sulla Olterra fu affidato al T.V. L.Visintini e, dopo la sua morte in azione, al C.C. Notari. Dalla Olterra la Xa Flottiglia Mas effettuò tre azioni: Operazione “B.G.5” – 7 dicembre 1942 – Per alcuni errori di montaggio l’operazione iniziò in ritardo. Il T.V. Licio Visintini, il suo secondo Serg. Pal. Giovanni Magro e il secondo operatore di un altro mezzo, il Serg. Salvatore Leone, perirono nell’azione. Altri due operatori, il G.M. Girolamo Manisco e il suo secondo Sc. Pal. Dino Varini vennero fatti prigionieri. Solo il pilota del terzo mezzo, S.Ten. A.N. Vittorio Cella riuscì a rientrare alla base. Obiettivi erano la corazzata Nelson e le portaerei Formidable e Furious ma non si ottenne alcun risultato
T.V. Licio Visintini - Serg. Pal. Giovanni Magro - G.M. Girolamo Manisco - Sc. Pal. Dino Varini - S.Ten. A.N. Vittorio Cella - Serg. Salvatore Leone Operazione “B.G.6” - 7 maggio 1943 – I tre SLC usciti, muniti di teste doppie e di alcuni bauletti esplosivi, erano pilotati rispettivamente dal C.C. Ernesto Notari - secondo Sc.Pal. Ario Lazzari; Ten. G.N. (DM) Camillo Tadini – secondo Sc.Pal. Salvatore Mattera e S.Ten. A.N. Vittorio Cella - -secondo Sc.Pal. Eusebio Montalenti. Nell’azione furono danneggiati il p.fo Pat Harrison (7.191 tsl); il p.fo Mahsud (7.540 tsl) e il p.fo Camerata (4.875 tsl). Operazione “B.G.7” - 3 agosto 1943 – I tre SLC erano cavalcati dagli stessi operatori della “B.G.6” salvo il Sc.Pal. Ario Lazzari con il Sc.Pal. Andrea Gianoli. Vennero affondati il p.fo Harrison Gray Otis (7.176 tsl), la cisterna Thorshovdi (9.944 tsl) e il p.fo Stanridge (5.975 tsl). Tutti gli operatori fecero ritorno alla base tranne il Sc.Pal. Andrea Gianoli che venne fatto prigioniero. Solo dopo l’8 settembre 1943 gli inglesi scoprirono tutta l’attività.
Alla cessazione delle ostilità, l’Olterra riprese di nuovo a navigare. Posta finalmente in disarmo, giunse nella rada di Vado (Savona) nei primi mesi del 1961 e poco dopo iniziò la sua demolizione. Nel Museo Navale di La Spezia sono esposte alcune vecchie lamiere che costituivano parte del coronamento di poppa della nave su cui, in grandi lettere bianche su fondo nero, si legge il nome e la residenza della nave.
M.Brescia-E.Carta-C.Gatti - Il Tigullio Un Golfo di Eroi. - Ed. Busco-Rapallo - 2002 R.B. Nelli - Eroismo Italiano Sotto I Mari - De Vecchi Editore M.Spertini-E.Bagnasco - I Mezzi D’Assalto della Xa Flottiglia Mas - Albertelli Editore Beppe Pegolotti – Uomini contro navi – Vallecchi Editore https://www.altomareblu.com/il-cavallo-di-troia/ di Franco Harrauer
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