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Muhammad Ahmad ibn as-Sayyid Abd Allah nacque nel nord del Sudan da una semplice famiglia. Rimasto orfano di padre da giovane, fece studi coranici e si unì alla confraternita sunnita della Sammāniyya, guadagnandosi notorietà come maestro e mistico.
Dopo essere divenuto leader della confraternita stessa nel 1880, si proclamò Mahdi (Messia ovvero il dio in terra) e, appoggiandosi al popolare sentimento religioso e nazionalista, si pose a capo della rivolta contro la dominazione anglo-egiziana. Nel 1884, sconfitto un distaccamento egiziano, pose sotto assedio le forze britanniche a Khartoum e le costrinse alla resa il 26 gennaio 1885. L'impresa, che portò alla morte del Governatore britannico del Sudan, Gordon Pascià, suscitò enorme scalpore in Europa.
Muhammad Ahmad morì sei mesi dopo di febbre tifoide, dopo aver costituito uno stato islamico.
I suoi successori, detti "mahdisti", guidati dal suo successore, il khalīfa ʿAbd Allāh al-Taʿāysh, furono definitivamente sconfitti dai britannici il 24 novembre del 1898.
I Mahdisti combatterono per la prima volta gli italiani ad Agordat il 27 giugno 1890. Circa 1.000 guerrieri fecero irruzione nei territori della tribù dei Beni Amer, sotto la protezione italiana, per poi recarsi ai pozzi di Agordat, sulla strada tra il Sudan e l'Eritrea settentrionale. Alcuni giorni dopo, il magg. Cortese, che comandava il presidio di Cheren, si mosse in aiuto dei Beni Amer con due colonne, una diretta su Degà, l’altra su Biscia. Quest’ultima, comandata del capitano Fara, raggiunti i razziatori la mattina del 27 giugno, li attaccò e li sbaragliò, uccidendone 250, ricuperando il bottino, conquistando 116 fucili e facendo numerosi prigionieri contro minme perdite italiane contenute in solo tre morti e otto feriti.
Nel 1892 i Mahdisti fecero nuovamente irruzione e il 26 giugno una forza di 120 ascari e circa 200 guerrieri Baria alleati li sconfisse a Serobeti. Anche in questo caso, le perdite italiane furono minime - tre morti e dieci feriti - mentre i predoni persero circa 100 morti e feriti su un totale di circa 1.000 uomini.
In questi due scontri gli ascari avevano mostrato una solida disciplina durante i combattimenti contro una forza più grande ed erano usciti vittoriosi.
Il primo grande scontro avvenne nella seconda battaglia di Agordat. Una forza di circa 10.000 Mahdisti, tra cui circa 600 cavalieri d'élite Baqqara, si diresse dal Cassala nel sud del Sudan verso Agordat, giungendo in vista del forte il 21 dicembre 1893, fermandosi tra i villaggi di Algheden e Sabderat. A fronteggiarli corse il colonnello Arimondi, governatore interinale della Colonia che disponeva del battaglione Fadda, del battaglione Galliano, dello squadrone Asmara (cap. Flamorin), dello squadrone Cheren (cap. Carchidio), della batteria Ciccodicola, della batteria Bianchini e della banda del Barca del tenente Miani per un totale di 42 ufficiali, 32 uomini di truppa italiana, 2.106 ascari, 213 cavalli e 8 cannoni, oltre alla compagnia Persico con le bande dell’Acchelè-Guzai, in marcia verso Agordat. Comandante in seconda era il ten.col. Cortese.
Artiglieria coloniale Cap. Bottego e Ciccodicola
Verso mezzogiorno Arimondi fece muovere all’attacco l’ala destra, ma questa, sopraffatta dal numero dei nemici, dopo un furioso combattimento, dovette ripiegare ordinatamente, lasciando una batteria e costringendo al ripiegamento anche l’ala sinistra. Verso le ore 13 però, entrate in azione le riserve, gli italiani passarono al contrattacco, respinsero i Dervisci, riconquistando i pezzi e, dopo sanguinose mischie, misero in rotta completa il nemico, che fu inseguito per alcune ore. Brillanti furono i risultati della vittoria: i Dervisci lasciarono sul terreno oltre 2.000 morti, 72 bandiere e oltre 700 fucili; gli Italiani contarono quattro ufficiali morti, tre feriti e 230 uomini di truppa morti e feriti.
Quando i mahdisti lanciarono nuove incursioni attraverso il confine nella primavera del 1894, gli italiani decisero di passare all'offensiva e catturare Cassala, un'importante città mahdista poco oltre il confine.
Il generale Baratieri radunò ad Agordat il 12 luglio 1894 le forze destinate all'operazione: il I Battaglione Indigeni del magg. Turitto (3 compagnie agli ordini dei cap. Severi, Spreafico e Sandrini), il Il Battaglione Indigeni del magg. Hidalgo (5 compagnie al comando dei cap. Martinelli, Barbanti, Magnaghi, Oddone e del ten. Beruto), il III Battaglione Indigeni del cap. Folchi (3 compagnie agli ordini dei cap. Castellazzi, Persico e del ten. Angherà), la 2a compagnia Perini del IV Indigeni, lo squadrone Cheren (cap. Carchidio), la sezione d’artiglieria del tenente Manfredini, per un complessivo di 1600 uomini, dei quali 56 ufficiali e 41 uomini di truppa nazionale più 145 cavalli, 250 muli e 183 cammelli. Partito il 13 luglio, il corpo d’operazione giunse il 16 nella gola di Sabderat, dove pose il campo e il 17 mattina mosse su Cassala e dopo una breve azione di cavalleria, assalì il campo mahdista e la città, che poi venne espugnata a viva forza. Trai caduti italiani vi furono il cap. Carchidio, caduto durante una carica di cavalleria, e 27 soldati; 2 capi e 39 ascari furono feriti; furono catturati 600 facili, 700 lame, 100 sciabole, 52 bandiere, 2 cannoni e numerosi quadrupedi. Il nemico, forte di 2000 fanti e 600 cavalli, perdette circa 1.400 uomini.
Questa schiacciante sconfitta fermò le incursioni mahdiste per più di un anno e guadagnò il plauso al Baratieri in casa.
Nel 1896 i seguaci del Mahdi avrebbero fatto molte altre incursioni nel territorio eritreo, ma senza successo. Combattere gli italiani indebolì gravemente il Mahdiyya e contribuì alla sua sconfitta per mano dell'esercito anglo-egiziano di Kitchener a Omdurman nel 1898. |