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Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale tutte le principali marine impegnate nel conflitto avevano in forza un piccolo numero di sottomarini. C'era poco più di un decennio di esperienza nel loro impiego e i progetti erano in gran parte sperimentali. L’autonomia operativa e l'armamento limitati, la bassa velocità e, soprattutto, la breve resistenza subacquea avevano portato molti militari a credere che la minaccia offensiva che rappresentavano, soprattutto per le navi da guerra, non sarebbe stata rilevante. Lo sviluppo di questi mezzi di offesa durante la Prima Guerra Mondiale doveva stravolgere tali opinioni, ma nel settembre 1914 il pensiero dominante tra molti comandanti che erano cresciuti in marine puramente di superficie, erano ancora di tali opinioni. La prima indicazione del potenziale del sottomarino arrivò il 5 settembre 1914, quando l'incrociatore britannico HMS Pathfinder fu affondato nel Mare del Nord al largo della costa scozzese. Colpita da un siluro lanciato dal sommergibile tedesco U-21, si guadagnò l'infelice titolo di prima nave da guerra britannica ad essere affondata in questo modo. Il Pathfinder era uno "Scout Cruiser", un tipo che si sarebbe evoluto nel tempo nell'incrociatore Leggero. Varato nel 1905, dislocava poco meno di 3.000 tonnellate, era lungo 117 metri ed era armato con nove cannoni da 102 mm oltre ad altre armi di calibro minore. Poteva raggiungere una velocità massima di 25 nodi, ma la limitata capacità di stivaggio di carbone era il tallone d'Achille della sua classe di imbarcazioni. Il giorno della sua distruzione le sue riserve di carbone erano quasi esaurite e lo obbligavano a tenere una velocità limitata a 5 nodi, rendendolo un facile bersaglio per l'U-Boot. Un deposito munizioni esplose pochi minuti dopo che la nave era stata colpita dal siluro e l’incrociatore affondò con una perdita di 259 uomini di equipaggio su 270.
HMS Pathfinder Nonostante questo "campanello d'allarme" che doveva mettere in guardia circa la vulnerabilità delle navi da guerra a bassa velocità dagli attacchi sottomarini, la Royal Navy avviò un pattugliamento dell'ingresso nord del Canale della Manica con cinque obsoleti incrociatori corazzati della classe Cressy. Questo gruppo era identificato come "Cruiser Force C" e l'area di pattugliamento a cui erano assegnati era nelle acque poco profonde al largo della costa olandese conosciute come "Broad Fourteens". La logica di mantenere il pattugliamento nell'area era inattaccabile in quanto una rapida forza d'incursione tedesca di cacciatorpediniere avrebbe potuto colpire gravemente le linee di rifornimento marittime britanniche tra la costa inglese e la Francia settentrionale se fosse riuscita a penetrare nella acque del Canale della Manica. Sebbene i cacciatorpediniere e gli incrociatori leggeri sarebbero stati più adatti al compito, si riteneva che i cacciatorpediniere non sarebbero stati in grado di mantenere il mare in caso di maltempo e che i moderni incrociatori leggeri fossero insufficienti. La soluzione era quindi di schierare vecchi incrociatori corazzati che avevano almeno la necessaria capacità di mantenimento della operatività.
HMS Aboukir HMS Hogue La vulnerabilità di questi incrociatori era però riconosciuta da molti ufficiali dello Stato Maggiore, non solo per la loro obsolescenza ma anche per il loro equipaggio. Presi frettolosamente dalla riserva - il che significava che erano stati senza equipaggio e scarsamente, se non del tutto, manutenuti - allo scoppio della guerra furono rapidamente revisionati e rimessi in servizio. Originariamente capaci di sviluppare 21 nodi, ora riuscivano difficilmente a farne 15. Gli equipaggi scarseggiavano, portando le navi ad essere presidiate da riservisti, molti di mezza età, che in precedenza non avevano prestato servizio su navi che dovevano operare in squadra. Inoltre, nove cadetti navali, alcuni di appena 15 anni, furono assegnati a ciascuna nave, prelevati direttamente dal Royal Naval College. Il potenziale combattivo della Force C venne riassunta nel soprannome che rapidamente acquisì: "Live Bait Squadron" (Lo squadrone di esche vive). Gli incrociatori corazzati britannici possono essere giustamente descritti come il tipo di nave da guerra più infruttuoso e sfortunato mai impiegato dalla Royal Navy. Le 34 navi di questo tipo che erano in servizio allo scoppio della Prima Guerra Mondiale erano entrate in servizio tra il 1902 e il 1908. Di queste 34, un totale di 13 sarebbero andate perdute nei successivi quattro anni di guerra. Destinate a far parte della flotta da battaglia, erano divenute obsolete dall'avvento del quasi altrettanto disastroso concetto di incrociatore da battaglia. Le classi precedenti - le sei navi della classe Cressy erano le più vecchie - avevano capacità offensive molto limitate, specialmente in caso di maltempo. Erano navi grandi e costose e avevano bisogno di grandi equipaggi. Il 20 settembre 1914 la Force C era composta dagli HMS Euryalus, HMS Aboukir, HMS Hogue e HMS Cressy, con una quinta nave, HMS Bacchante, che rimaneva in porto. Il contrammiraglio Christian, imbarcato sull’Euryalus, era al comando temporaneo della forza. Il maltempo rese impossibile il mantenimento dello schermo protettivo costituito da una formazione di cacciatorpediniere e anche l’Euryalus dovette abbandonare la formazione a causa della mancanza di carbone e dei danni causati dal maltempo all’impianto radio.
HMS Cressy Il contrammiraglio Christian dovette rimanere sulla sua nave perché il maltempo impediva il trasbordo; delegò quindi il comando al capitano Drummond sull’Aboukir. Un ulteriore passo verso il disastro avvenne quando Christian non chiarì che Drummond aveva l'autorità di ordinare ai cacciatorpediniere il rientro in formazione nel caso di miglioramento del tempo, come in effetti avvenne il giorno successivo. Anche l'altro attore principale del dramma si stava muovendo verso i Broad Fourteens: il Kapitänleutnant Otto Weddigen, al comando del sottomarino tedesco U-9 della forza sottomarina della Marina Imperiale aveva lasciato Wilhelmshaven il 20 settembre. I suoi ordini erano di attaccare i trasporti britannici che sbarcavano truppe a Ostenda, sulla costa belga. Sebbene avesse solo 32 anni, Weddigen era un comandante di sottomarino esperto ed era sopravvissuto a un incidente in tempo di pace con l'U-3, dal quale lui e altri 27 uomini si erano salvati attraverso un tubo lanciasiluri. L'U-9 era molto primitivo per gli standard che raggiunsero i successivi battelli durante il conflitto: il suo dislocamento in superficie era di 485 tonnellate, la sua lunghezza di 57 metri; i suoi motori diesel, da 1000 CV, le davano una velocità di superficie di 14,2 nodi. Era armato con quattro tubi lanciasiluri, due a prua, due a poppa, e trasportava ricariche solo per i tubi di prua. La sua più grande debolezza era il suo motore diesel, che produceva un pennacchio di scarico molto visibile.
Le stesse condizioni meteorologiche che affliggevano la Force C colpivano l'U-9 senza pietà - la sua limitata autonomia subacquea lo obbligava a rimanere in superficie - e la sua girobussola divenne inutilizzabile. Weddigen tentò di navigare con sondaggi, una tecnica dubbia anche nelle migliori circostanze. Il 21 settembre identificò la sua posizione a circa 20 miglia dalla costa olandese di Scheveningen, il porto dell'Aia. Portò la sua nave a 15 metri di profondità per la notte, fermando le batterie e facendo riposare il suo equipaggio. All'alba di martedì 22 settembre 1914 l'U-9 emerse su di un mare calmo con un lento moto ondoso, constatando la fine della tempesta. Fu avvistato fumo all'orizzonte e i motori dell'U-9 furono immediatamente spenti per eliminare il pennacchio di scarico. Una rapida valutazione portò Weddigen a ordinare l'immersione, ma continuando a osservare il mare attraverso il suo periscopio. Tre navi si stavano avvicinando – erano l’Aboukir, il Cressy e l’Hogue - e Weddigen si mise in movimento con i suoi motori elettrici verso la nave centrale, l’Aboukir. Inosservato, l'U-9 arrivò a meno di 550 metri sulla sinistra dell’Aboukir e lanciò il suo primo siluro. Mentre questo era ancora in corsa, Weddigen discese con la sua imbarcazione a 15 metri, poi venne udito "un tonfo sordo, seguito da uno schianto acuto". Tutto l’equipaggio esplose in grida di gioia sull'U-9.
L'unico siluro si rivelò sufficiente a distruggere l’Aboukir. Colpito a centro nave sul lato sinistro, i locali macchine e caldaie furono immediatamente allagati. Supponendo che l’esplosione fosse stata causata dall’urto con una mina, il capitano Drummond ordinò al Cressy e all’Hogue di avvicinarsi in modo da dare aiuto all’Aboukir nel trasbordo dei feriti. Anche se una mina fosse stata effettivamente responsabile, l'ordine era comunque imprudente, ma con la presenza dell'U-9 ancora insospettata si sarebbe rivelato fatale. I tentativi dell’equipaggio di fermare l'allagamento dell’Aboukir si rivelarono infruttuosi e quando apparve ovvio che l’incrociatore stesse per ribaltarsi venne dato l’ordine di "abbandonare la nave". Solo una scialuppa riuscì ad allontanarsi, tutte le altre vennero distrutte nell’affondamento o risultarono impossibili a varare. Venticinque minuti dopo l’impatto del siluro, l’Aboukir si capovolse, rimase in superficie per qualche minuto ancora con alcuni naufraghi aggrappati, poi scomparve tra le onde. Dall’oculare del periscopio del'U-9, la cui presenza non era ancora sospettata, il comandante Weddigen aveva osservato tutta la scena. L’Hogue e il Cressy stavano ora muovendosi verso i sopravvissuti dell’Aboukir e calavano le scialuppe in mare. Weddigen ordinò di ricaricare il tubo lanciasiluri vuoto e identificò l’Hogue quale sua prossima vittima. In quel momento era ferma e Weddigen le lanciò contro entrambi i siluri dei tubi di prua. Questa azione alterò l'equilibrio dell'U-9 e la sua prua emerse in superficie, permettendo alle navi inglesi di avvistarlo e di farlo oggetto del fuoco dei cannoni. Weddigen riuscì a far ritornare sotto il livello del mare il suo battello e mentre eseguiva questa manovra, vennero udite due forti esplosioni.
La fine dell’Hogue fu quasi identica a quella del gemello e l'ordine di "abbandonare la nave" significò per gli uomini saltare in acqua mentre le sue scialuppe erano già impegnate a salvare i sopravvissuti dell’Aboukir. Adesso era rimasto il solo Cressy, che trasmetteva segnali di soccorso via radio. Le batterie dell'U-9 erano quasi esaurite, ma Weddigen era determinato a continuare il suo attacco. Attraverso il suo periscopio poteva vedere la superficie disseminata di relitti, corpi e barche sovraffollate. Il Cressy era fermo e le sue scialuppe erano state calate. Il periscopio dell'U-9 fu individuato e l'incrociatore aprì il fuoco; a quel punto Il Cressy mise le macchine in moto e si lanciò in avanti in un tentativo di speronare il sommergibile. Poi però, inspiegabilmente, si fermò di nuovo. Weddigen aveva ancora tre siluri rimasti, due a poppa, uno a prua; manovrò quindi per portare i tubi di poppa dell'U-9 con un angolo di tiro e lanciò entrambi i siluri a una distanza di 1.000 metri. Un siluro colpì il Cressy ma il secondo fallì. Colpito a dritta, l'incrociatore sbandò, poi iniziò a raddrizzarsi.
Circa dieci minuti dopo Weddigen lanciò il suo ultimo siluro dal tubo di prua. Ora colpito a babordo, il già colpito Cressy si è ribaltò quasi subito e così rimase in superficie, con la chiglia verso il cielo, per circa venti minuti. Poi anche lui affondò, aggravando la situazione del suo equipaggio in quanto le scialuppe di salvataggio che aveva mandato in mare erano già affollate dei sopravvissuti dell’Aboukir e dell’Hogue.
Inizialmente due pescherecci neutrali olandesi si erano avvicinati ma non proseguirono per paura delle mine. Circa mezz'ora dopo l’affondamento del Cressy, un piccolo piroscafo olandese, il Flora, si avvicinò e riuscì a trarre in salvo dall'acqua 286 uomini. Una seconda nave olandese, la Titan, ne salvò altre 147. Due pescherecci britannici arrivarono e si unirono ai soccorsi e otto cacciatorpediniere britannici arrivarono da Harwich due ore dopo. In tutto 837 uomini furono salvati ma 1459 erano periti nell’affondamento dei tre incrociatori. L'U-9, avendo individuato i cacciatorpediniere britannici, era riuscito a sfuggire al rilevamento e segnalò il suo successo quando raggiunse l'estuario dell'Ems. Il 24 settembre l'U-9 rientrò nella base navale tedesca di Wilhelmshaven tra le entusiastica accoglienza dell'intera flotta. Weddigen ricevette la Croce di ferro di prima classe e altre decorazioni e ogni membro dell'equipaggio fu decorato con la Croce di Ferro di Seconda Classe. La lezione degli affondamenti del Pathfinder, dell’Aboukir, del Cressy e dell’Hogue non era stata appresa ancora a fondo dall'Ammiragliato. Sei vecchi incrociatori ancora più vecchi, il 10th Cruiser Squadron, furono lasciati a pattugliare al largo di Aberdeen, sulla costa scozzese nord-orientale. Tra questi l'HMS Hawke, un incrociatore protetto di 7.700 tonnellate che risaliva al 1893. Il Kapitänleutnant Weddigen era ormai di nuovo in mare e la mattina del 15 ottobre - tre settimane dopo il suo precedente successo - trovò l’Hawke e il suo similare HMS Endymion fermi durante il trasferimento della posta. Quando l’Hawke riprese la rotta, senza zigzagare, Weddigen lo affondò con un solo siluro. Si capovolse quasi immediatamente e 524 uomini del suo equipaggio perirono. Weddigen al rientro ebbe il comando del nuovo sottomarino U-29 ma il suo incarico sarebbe stato tragicamente breve: l'U-29 fu speronato dall'HMS Dreadnought nel Pentland Firth il 18 marzo 1915. Non ci furono sopravvissuti. Sebbene le tre navi perse nel Broad Fourteens fossero di scarso valore combattivo, l'impatto sull'opinione pubblica britannica fu enorme, anche a causa della pesante perdita di vite umane. Le numerose "raffigurazioni artistiche" degli affondamenti pubblicate su riviste illustrate non fecero nulla per sottovalutare l'orrore coinvolto. I rapporti tedeschi secondo cui gli affondamenti erano opera di un singolo sottomarino non erano raccolti dal quotidiano Times che ipotizzava invece che fosse responsabile un'intera flottiglia di sottomarini tedesca, da cui solo l'U-9 era tornato sano e salvo. La successiva corte d'inchiesta attribuì la colpa a tutti gli alti ufficiali coinvolti: il capitano Drummond per non aver zigzagato e per non aver chiamato i cacciatorpediniere e il contrammiraglio Christian per non aver chiarito a Drummond che poteva convocare i cacciatorpediniere. La critica più devastante fu rivolta al contrammiraglio Campbell, che era stato il superiore di Christian e per il quale quest'ultimo aveva agito: durante l'inchiesta fece la straordinaria dichiarazione di non sapere quale fosse lo scopo del suo comando. La maggior parte della colpa era rivolta all'Ammiragliato per aver insistito con una pattuglia pericolosa e di scarso valore contro il parere di alti ufficiali. L'impatto sull'opinione neutrale fu altrettanto potente. La supremazia della potenza navale britannica era stata data per scontata sin dai tempi di Trafalgar e ora messa in discussione. La Prima Guerra Mondiale si era aperta male in mare per la Gran Bretagna, eppure altri disastri erano imminenti. |