Operazione Colossus
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Nell'autunno del 1940 gli Alti Comandi britannici presero la decisione di inviare un commando nel sud Italia per compiere una eclatante opera di distruzione che, oltre alla risonanza tra la popolazione, avrebbe dovuto ostacolare le operazioni militari italiane nel Nord Africa e in Albania.

Il bersaglio scelto fu un viadotto sul torrente Tragino, nei pressi di Calitri, al confine tra Campania e Basilicata; questo viadotto sorreggeva il grande canale adduttore principale dell'Acquedotto Pugliese che riforniva d'acqua la Puglia ed i porti strategici di Taranto, Brindisi e Bari.

Tra gli impianti dell’Acquedotto Pugliese, il canale principale era la condotta maestra, la Grande Opera, il fiume “nascosto” della Puglia: 244 chilometri a pelo libero, che partiva a poche centinaia di metri dalle sorgenti della Sanità di Caposele (AV) e terminava nei pressi di Montefellone, nell’agro di Martina Franca (TA); esso procedeva in galleria per lunghi tratti, interrotti da attraversamenti in trincea o in ponti canale, quale appunto quello prescelto come obiettivo.

Il manufatto obiettivo venne studiato tramite lo studio delle fotografie della ricognizione aerea scattate dal British War Office e dei piani di costruzione, forniti dalla società di ingegneria civile di George Kent & Sons, che aveva partecipato alla sua costruzione.

Prospetto del viadotto sul torrente Tragino

Dopo aver considerato varie opzioni sulla modalità di distruzione dell’opera, l’obiettivo fu assegnato all'11° battaglione del SAS che era stato formato in seno al 2° Commando circa sei mesi prima. In quel momento l'11° SAS era l'unica unità paracadutista delle forze armate britanniche. All’operazione fu assegnato il nome in codice “Colossus”.

 Il ten.col. Charles Jackson, comandante dell'unità, disse alle sue truppe riunite che era in programma una missione "top secret" e chiese 40 volontari. Quasi all'unisono tutto il battaglione, ufficali, sottufficiali e soldati, fece un passo avanti. Si dovette procedere quindi ad una selezione.

Il primo selezionato fu il magg. Trevor Pritchard, il secondo in comando di Jackson, al quale fu detto di scegliere altri cinque ufficiali e poi ogni ufficiale doveva scegliere cinque uomini. La squadra fu designata "X Troop". Ai sei ufficiali fu detto solo che avrebbero dovuto addestrare X Troop per far saltare un ponte da qualche parte nel territorio nemico. Più tardi, un ufficiale e due uomini furono aggiunti a X Troop come riserve.

Un'area separata fu assegnata a X Troop presso Ringway.

Le mattine erano dedicate alle corse e alle marce forzate con attrezzatura completa. Durante i pomeriggi, i paracadutisti provarono il contatto con l’obiettivo su un modello di ponte a Tatton Park, situato a circa cinque miglia di distanza da Ringway.

All'incirca nello stesso periodo, otto bombardieri Armstrong Whitworth A.W.38 Whitley furono destinati ad essere impiegati nell’operazione. Pritchard progettò di destinare sei aerei al trasporto degli uomini (sei uomini per aereo) e dell’equipaggiamento (armi ed esplosivi collocati entro contenitori paracadutabili collocati nel vano delle bombe). Gli altri due aerei dovevano essere utilizzati per un bombardamento diversivo su Foggia, vicino alla zona di destinazione. Si sperava che questa manovra avrebbe ingannato il nemico riguardo alla vera natura della missione.

Bombardiere Armstrong Whitworth A.W.38 Whitley Mk. V (T4273) del 102° Squadron della RAF

Furono ancora aggiunti due uomini alla X Troop: uno era un civile di origini italiane, Fortunato Picchi; l'altro era il ten. pilota Ralph Lucky. Entrambi erano stati introdotti con la funzione di interpreti.

Alla fine di gennaio, il ten. Anthony Deane-Drummond, uno dei sei ufficiali di X Troop, fu informato della vera natura del vero bersaglio. Era in procinto di trasferirsi a Malta, dove avrebbe agito come ufficio di collegamento dell'unità con il compito di stabilire una base anticipata.

Deane-Drummond apprese anche che il piano prevedeva che i paracadutisti, una volta completata la loro missione di demolizione, si spostassero a ovest dal loro obiettivo sulla costa italiana, a circa 50 miglia di distanza. Lì dovevano essere prelevati dal sottomarino HMS Triumph (comandante ten. Woods).

Il 4 febbraio, X Troop partì da Ringway con un autobus speciale, diretto alla base della RAF di Mildenhall per il trasferimento a Malta. La mattina del 9 febbraio, la X Troop e tutti gli otto Whitley arrivarono a Malta.

Il 10 febbraio avvenne l’ultimo briefing.

Inizialmente avvenne la preparazione dell’equipaggiamento. Questi includeva cibo, una fornitura di acqua per sei giorni e sigarette. Le armi personali degli ufficiali erano il revolver calibro .38 mentre ogni soldato aveva una Colt calibro .32 con quattro caricatori, oltre a tre bombe a mano. Ogni uomo portava un coltello da Commando legato ad una gamba. Esplosivi, fucili e mitragliatrici furono caricati nei contenitori paracadutabili stivati nei vani bombe dei Whitley.

Nell'uniforme da battaglia dei paracadutisti fu nascosta una varietà di oggetti utili nel caso gli uomini fossero stati catturati: 50.000 lire in banconote italiane cucite nei colletti delle camicie e nelle cinture dei pantaloni; due mappe su foulard di seta (una del nord Italia, l'altra del sud Italia) cucite nelle fodere delle maniche; una lama da seghetto cucita nel taschino sinistro di ogni camicia.

Alle 1700, tutti gli uomini consumarono un pasto a base di uova sode e tè caldo.

Successivamente, il magg. Pritchard informò gli uomini sull’obiettivo della missione, fornendo le ultime fotografie aeree della zona nella quale dovevano operare e spiegando in dettaglio gli oggetti di fuga nelle loro uniformi.

Paracadutisti all'interno di un Whitley

Alla fine del briefing, gli uomini si imbarcarono sui Whitley. Il piano prevedeva che i tre aerei che trasportavano i paracadutisti partissero per primi, seguiti dopo 30 minuti da altri tre aerei che trasportavano i genieri. Uno degli aerei che trasportavano i genieri fu ritardato ulteriormente quando uno dei paracadutisti si infortunò e dovette essere sbarcato.

Al 2137, sette minuti più tardi del previsto, i paracadutisti nell'aereo di Deane-Drummond furono avvisati che l'obiettivo era vicino. Volando su una rotta verso sud-est, gli aerei passarono sopra l’obiettivo e gli uomini si lanciarono.

Nel giro di pochi minuti, gli uomini avevano recuperato le loro armi e messo in sicurezza le aree immediatamente sopra e sotto l'acquedotto. Fece una rapida ispezione e constatarono che le informazioni loro fornite dalla società di ingegneria costruttrice erano errate: i piloni del viadotto non era in mattoni ma di cemento armato. Mentre facevano questa scoperta, si potevano sentire gli scoppi lontani delle bombe che esplodevano in direzione di Foggia.

Presto anche gli altri aerei iniziarono a lanciare il loro carico e, quasi immediatamente, ci si accorse che le operazioni non stavano andando bene. Due aerei che trasportavano la fanteria erano in ritardo perché erano stati dirottati per evitare il fuoco antiaereo sulla loro rotta. Alcuni contenitori di armi ed esplosivi non furono lanciati, mentre altri che furono lanciati si dispersero su una vasta area. Alla fine, l'ultimo aereo, che trasportava il cap. Gerry Daly e cinque genieri, lanciò i paracadutisti nella valle sbagliata.

Paracadutisti si lanciano da un bombardiere Whitley (fonte IWM)

Alle 2215 altri gruppi di commando giunsero all’obiettivo; uno dei primi ad arrivare fu il maggiore Pritchard. Deane-Drummond informò immediatamente il suo comandante della situazione, informandolo che il cap. Daly con i suoi uomini e gli esplosivi non erano ancora giunti. Pritchard incarico il ten. del Genio George Paterson di sopraintendere alla posa degli esplosivi.

Paterson esaminò immediatamente il sito e disse a Pritchard che il piano originale avrebbe dovuto essere modificato a causa del cemento armato.

Paterson e i 12 genieri che erano atterrati vicino al bersaglio iniziarono a fissare gli esplosivi alla base di uno dei pilastri del viadotto.

Una dozzina di civili italiani, fermati dai paracadutisti, furono costretti a lavorare.

Venne anche minato con l’esplosivo un piccolo ponte vicino al viadotto con lo scopo di ostacolare il movimento di truppe motorizzate inviate contro i paracadutisti britannici.

Alle 0030, tutto era pronto. Paterson e Deane-Drummond accesero le micce da 60 secondi sui rispettivi bersagli. Una serie di lampi ed esplosioni rimbombarono nelle oscure montagne lontane. Metà del viadotto era crollata e l’acqua fuoriusciva nella valle; un pilastro era distrutto e un altro "inclinato in un angolo folle".

Quindi i paracadutisti si divisero in tre gruppi di circa dieci uomini e due ufficiali ciascuno. Tutte le attrezzature pesanti e le armi furono sepolte. Il caporale Boulter, che si era rotto una caviglia durante l’atterraggio, fu lasciato indietro. Alle 0100, i tre gruppi si misero in movimento, spostandosi verso ovest.

Nella valle vicina, il cap. Daly e i suoi uomini, sentirono il boato dell'esplosione e decisero che non era più necessario marciare in direzione dell'acquedotto e si diressero verso il luogo dell'appuntamento con il sottomarino.

Nel giro di pochi giorni, tutti i paracadutisti furono catturati da unità del Regio Esercito o dai Reali Carabinieri. Dopo la loro cattura e alcuni interrogatori iniziali, gli italiani identificarono il Picchi come un civile e un italiano. Il giorno seguente fu fucilato. Il resto della X Troop fu inviato in vari campi di prigionia in tutta Italia. Col tempo, alcuni dei parà fuggirono e tornarono in Inghilterra. Deane-Drummond fu uno di quelli che fuggirono; in seguito prese parte all’azione su Arnhem nel settembre 1944.

Anche se qualcuno dei paracadutisti fosse effettivamente arrivato sul luogo dell'appuntamento dopo aver attaccato l'acquedotto di Tragino, non sarebbe stato prelevato secondo il piano operativo. Uno dei Whitley che aveva preso parte al raid di bombardamento diversivo su Foggia nella notte dell'attacco ebbe problemi ad un motore durante il volo di ritorno.

Il pilota contattò via radio la base ed informò che stava tentando un atterraggio di fortuna presso la foce del fiume Sele, per coincidenza l'area nella quale si dovevano recare i paracadutisti quale luogo di appuntamento con il sommergibile.

Temendo che il messaggio fosse stato intercettato dagli italiani e che il sottomarino fosse oggetto di una trappola, il Comando di Malta decise di annullare la missione di recupero.

I danni furono riparati in brevissimo tempo; nei giorni seguenti l'attacco, affluirono centinaia di militari inviati da Bari per le riparazioni definitive; successivamente, le autorità organizzarono una premiazione di tutti coloro che si erano distinti nei lavori. In una pomposa cerimonia vennero distribuite onorificenze e nastrini ad innumerevoli personaggi, tranne a coloro i quali - i tecnici dell'Acquedotto Pugliese - che, per primi, avevano davvero ripristinato la fornitura di acqua.

L'operazione sollevò il morale delle forze paracadutiste di recente formazione. Gli inglesi impararono preziose lezioni che aiutarono la pianificazione e la realizzazione delle future operazioni aviotrasportate, dimostrando realmente che potevano essere una utile minaccia per il nemico.

Cartolina commemorativa emessa nel cinquantenario dell'attacco

 

 

Fonti:

https://www.storiedelsud.altervista.org/tragino/index2.htm

https://weaponsandwarfare.com/2019/02/15/the-tragino-aqueduct-mission/

https://www.paradata.org.uk/event/tragino-operation-colossus

https://ww2db.com/battle_spec.php?battle_id=343

https://www.battlefieldhistorian.com/operation_colossus.asp

https://hforhistory.co.uk/h-for-history-posts/2019/10/31/operation-colossus-sas-shadow-raiders/

https://militaryhistorynow.com/2020/02/19/operation-colossus-ww2s-forgotten-commando-raid-and-the-rise-of-the-sas/