Fronte greco
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L'attacco italiano

La controffensiva greca

L'azione italiana di arresto e di contenimento

La controffensiva italiana in Val Deshnices

L'avanzata finale italiana

 

 

L'attacco italiano

Le forze italiane destinate all’attacco alla Grecia, al comando del generale Visconti Prasca, erano schierate, dal mare verso l’interno, nel seguente ordine:

il Raggruppamento del Litorale (reggimenti di cavalleria Aosta e Milano e 3° regg. Granatieri), il XXV Corpo d’Armata della Ciamuria (divisioni di fanteria Ferrara, Siena e corazzata Centauro, quest’ultima composta da 3 battaglioni bersaglieri e 3 battaglioni carri con 133 carri CV e 37 carri lanciafiamme). A seguire verso l’interno era schierata, al centro dello schieramento, la divisione alpina Julia e in continuità il XXVI Corpo d’Armata del Korçano (divisioni di fanteria Parma in prima linea e Piemonte in riserva). Alle divisioni Arezzo e Venezia erano state assegnate funzioni di copertura alla frontiera iugoslava.

L’isola di Corfù doveva essere occupata dalla divisione Bari e dal battaglione San Marco.

Il Comando Superiore Truppe Albania aveva ricevuto l'ordine di iniziare le ostilità alle ore zero del 28 ottobre 1940 e uguale ordine trasmise ai comandi dipendenti, ma il maltempo e considerazioni personali, indussero i comandanti a muovere all'alba e le prime pattuglie passarono il confine verso le ore 06.00.

Nell’Epiro, all'ala destra, il Raggruppamento del Litorale incontrò sin dall'inizio difficoltà logistiche. In virtù di una resistenza greca poco tenace, riuscì a forzare il Kalamas contribuendo alla costituzione di un'ampia testa di ponte. Il Raggruppamento del Litorale sfruttò le circostanze e le tre colonne che lo componevano scesero verso Sud lungo le rispettive direttrici di movimento, raggiungendo Igoumenitsa. Ma il 7 novembre, il Comando Superiore Truppe Albania, vista la settorialità di tali avanzamenti, ordinò al 3° Granatieri ed ai due reggimenti di cavalleria Aosta e Milano, che si erano spinti oltre il Kalamas, di ritornare entro la testa di ponte.

Lancieri d'Aosta passano il Kalamas

Nel settore centrale, il XXV Corpo d'Armata della Ciamuria attaccò con la Ferrara e la Siena tenendo in riserva la Centauro, che avrebbe dovuto sfruttare il successo non appena sfondato il nodo fortificato di Kalibaki. Una colonna della Ferrara, con alcuni carri armati, riuscì ad impossessarsi del ponte di Perati sul fiume Vojussa prima che i Greci lo facessero saltare, e le altre colonne di fanteria ne approfittarono per procedere oltre. Ma lo stato delle strade, rese impraticabili dalle piogge torrenziali e dal fango, e la forte resistenza nemica, resero lenta l’avanzata, separando le Unità in molti scaglioni.

La Siena operò sul medio Kalamas, in un settore montano e privo di rotabili, obbligata ad affrontare per prime le difficoltà logistiche: costruzione e miglioramento di mulattiere, gittamento di passerelle sui torrenti, costituzione di depositi avanzati di viveri e munizioni. La Divisione si trovò nell'impossibilità materiale di superare il Kalamas in piena, largo una cinquantina di metri e profondo circa tre metri, fra sponde incassate, inguadabile dato lo stato di forte piena, e risentì di seri problemi logistici.

Dal 1 al 4 novembre si procedette alla preparazione per il forzamento del fiume. La Centauro fu incaricata di sfondare fra Kalibaki e Paliokastro, mentre la Ferrara doveva agevolare l'azione di rottura della divisione corazzata e proteggerne i fianchi.

Da parte greca, visto l'andamento dei primi scontri ed il rapporto di forze esistente, si decise di insistere nella difesa sulla linea del Kalamas, a meno che una manovra di avvolgimento non avesse costretto ad abbandonare Kalibaki, fermo l'assoluto impegno di tenere saldamente il passo di Metsovo.

Il 5 novembre le colonne italiane iniziarono il movimento, lento per la forte resistenza avversaria, ottenendo qualche successo locale. In particolare le caratteristiche della Centauro non poterono essere sfruttate a pieno, penalizzate da ostacoli naturali (terreno acquitrinoso) ed artificiali che la fermarono.

Dopo ripetuti tentativi, a metà giornata del 5 novembre, una passerella con natanti gittata per la terza volta non fu più interrotta dal fuoco nemico, e due battaglioni del 32° Fanteria superarono il Kalamas travolgendo le resistenze greche. Durante la notte la testa di ponte venne saldamente consolidata, ed il giorno seguente venne allestita anche una passerella rinforzata, riuscendo in tal modo a stabilire il collegamento regolare con l'altra sponda. Nel tardo pomeriggio del 7 il Kalamas fu finalmente oltrepassato.

Sulla catena del Pindo, i punti cruciali dello scarso sistema di comunicazioni erano rappresentati dai passi di Furka e di Metsovo; la Julia mosse decisamente verso quest’ultimo passo.

Genieri riattano un ponte

La divisione alpina si articolò in due raggruppamenti di forze, con l'8° Rgt. alpini su tre colonne ed il 9° su due, corrispondenti ai rispettivi battaglioni e si mosse necessariamente con direzione Nord Ovest - Sud Est, quella cioè meno favorevole all’andamento delle comunicazioni; le operazioni imposero che ogni colonna avesse sufficiente forza ed autonomia logistica per poter vincere da sola le prevedibili resistenze. Si rese pertanto necessario adottare drastiche misure quali riservare le salmerie esclusivamente al trasporto di viveri, munizioni, materiale sanitario e delle trasmissioni.

Il confine venne varcato di slancio dagli alpini e le colonne si aprirono la strada fino al Sarandaporos superando le difese incontrate, ed all'imbrunire del 28 ottobre i battaglioni Gemona e Cividale dell'8° Rgt. occuparono il monte Stavros. Alle prime luci del 29 l'avanzata riprese sotto una pioggia torrenziale che ingrossò il Sarandaporos, superato a guado solo con molte difficoltà. Tutte le resistenze opposte dai reparti greci vennero infrante con vigore. Il 31 ottobre l'8° Alpini prese saldamente possesso del nodo di Furka, mentre il 9° raggiunse le pendici settentrionali dello Smolika. L'asprezza della marcia, il freddo intenso e la fitta pioggia continua avevano rallentato il movimento rispetto alle previsioni.

Il Comando Supremo greco, vista la rapida occupazione dello Stavros e prevedendo la minaccia della separazione delle forze del Pindo da quelle della Macedonia occidentale, corse con prontezza ai ripari, ordinando l’afflusso sul Pindo di tutte le unità più vicine e definendo quale compito principale la difesa dall'invasione della Tessaglia lungo la direttrice Gianina – Metsovo - Trikkala.

Colonna di rifornimenti

Ormai le truppe greche confluite nel settore avevano raggiunto una consistenza ampiamente superiore alla Julia; nella prima settimana di novembre vi furono infatti una serie di violenti attacchi che gli alpini riuscirono a respingere, ma si videro costretti a ripiegare su posizioni più arretrate con epicentro Konitza e ad iniziare il trasferimento verso Premeti per il riordino della Divisione, dopo aver ceduto la responsabilità del settore alla Bari, giunta nel frattempo dall'Italia a seguito della rinuncia allo sbarco a Corfù, con organici ridotti e priva di salmerie e di buona parte delle artiglierie.

Nel settore sinistro del fronte, quello del Korçano, l'inizio delle ostilità fu caratterizzato da un'attività piuttosto vivace dei minori reparti di frontiera più avanzati, cui fece seguito il 1° novembre l'attacco della 9a Divisione e della 4a Brigata greche contro la divisione Parma. Se pur contenuto, le notevoli perdite nelle file italiane, costrinsero il gen. Nasci a decidere per la ritirata su una posizione arretrata ad occidente della conca di Bilisthti.

L'attacco italiano si era quindi arenato ma, fatto più grave era che tutte le nostre forze erano ormai proiettate in prima linea, mancavano riserve strategiche e quelle tattiche erano assai limitate.

 

La controffensiva greca

Non appena parve chiaro il fallimento del nostro attacco, il 9 novembre Mussolini nominò Comandante Superiore delle Forze Armate Albania il gen. Ubaldo Soddu in sostituzione del gen. Visconti Prasca, e dispose una riorganizzazione delle forze nello scacchiere e il loro aumento mediante l'invio in Albania di 7 divisioni ed il dislocamento in Puglia di altre 3 di riserva.

Soddu dette corpo al nuovo ordinamento che prevedeva il rinnovato Comando Superiore FF.AA. d'Albania come un Gruppo d'Armate, che il 15 novembre era costituito, dal mare verso l’interno, dalle seguenti unità:

Comando Superiore FF.AA. Albania (gen. Ubaldo Soddu)

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11a Armata (gen. Carlo Geloso)
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XXV Corpo d'Armata (gen. Carlo Rossi)
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Divisione Fanteria Ferrara (gen. Licurgo Zannini)

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Divisione Fanteria Siena (gen. Gualtiero Gabutti, poi Giulio Perugi, poi Angelico Carta)

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Divisione Corazzata Centauro (gen. Giovanni Magli)

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Raggruppamento Litorale (gen. Carlo Rivolta).

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VIII Corpo d'Armata (gen. Emilio Bancale, poi Gastone Gambara)
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Divisione Fanteria Bari (gen. Mario Zaccone, poi Achille D'Havet, poi Matteo Negro)

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Divisione Alpina Julia (gen. Mario Girotti)

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9a Armata (gen. Mario Vercellino, poi Alessandro Pirzio Biroli)
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III Corpo d'Armata (gen. Mario Arisio)
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Divisione Fanteria Venezia (gen. Silvio Bonini)

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Divisione Fanteria Arezzo (gen. Emesto Ferone)

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XXVI Corpo d'Armata (gen. Gabriele Nasci)
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Divisione Fanteria Parma (gen. Giuseppe Grattarola)

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Divisione Fanteria Piemonte (gen. Adolfo Naldi)

 Il Comando Supremo greco, visto il favorevole andamento delle operazioni, si propose di passare alla controffensiva nella prima decade di novembre contro uno schieramento italiano pressoché filiforme.

 L'esercito greco sferrò la controffensiva all'alba del 14 novembre cogliendo le forze italiane nella fase critica della riorganizzazione. In Epiro operava il I Corpo d’Armata (gen. Panaghiotis Demestikas, su 3 divisioni di fanteria più una di cavalleria), nel Korçano il III Corpo d'Armata (gen. Gheorgios Tsolakoglou, su 3 divisioni di fanteria), sul Pindo il Il (gen. Demetrios Papadopoulos, su 2 divisioni di fanteria più una brigata di cavalleria).

Il nostro schieramento presentava l'ala destra (XXV Corpo d'Armata) spinta in avanti, il centro (VIII Corpo d'Armata) diluito su ampio fronte e l'ala sinistra (III e XXVI Corpo d'Armata) arretrata.

Il III Corpo d'Armata greco aggirò il massiccio del Morova ed il 22 entrò a Korça, respingendo le unità italiane della 9a Armata sul margine settentrionale della conca dove fu infine arrestato; il Il scavalcò la dorsale Grammos - Pindo e si impadronì dell'area Ersekë - Leskoviku, aprendo una breccia di circa 30 km.; il I attaccò in tre direzioni, verso Konitza - Perati, verso Kakavia e sul basso Kalamas.

Fanti del 232 reggimento di fanteria della Brennero rientrano provati in seconda linea

La discontinuità, la frammentazione e, soprattutto, l’esiguità del nostro schieramento, i tamponamenti delle falle ed i logoranti contrattacchi locali condotti da reparti non organicamente inquadrati, le forti perdite di personale, armi e materiali e le carenze logistiche indussero Soddu ad intraprendere un ripiegamento generale, che fu completato il 3 dicembre fra cruenti combattimenti di contenimento.

 

L'azione italiana di arresto e di contenimento

L'entrata in scena del gen. Ugo Cavallero, nominato il 4 dicembre Capo di Stato Maggiore Generale, fu apportatrice di calma e di energia nelle forze italiane in Albania, duramente provate e fortemente demoralizzate per lo sfavorevole andamento delle operazioni e per le difficoltà logistiche interne.

Dopo una presa visione di tre giorni della situazione in Albania, Cavallero definì senza indugio i provvedimenti da attuare rapidamente per fronteggiare la crisi. In particolare, era indispensabile resistere sulle posizioni raggiunte, senza più cedere terreno.

Da parte greca c'era euforia; superiori numericamente, con la possibilità di avvicendare in linea i reparti più provati, sostenuti da una migliore organizzazione logistica, supportati dalla popolazione locale delle regioni confinanti e galvanizzati dai successi ottenuti, continuarono ad avanzare anche se contrastati localmente da decisi contrattacchi.

Sul fronte della 9a Armata, la lotta si protrasse con vicende alterne. Particolarmente in crisi si venne a trovare la destra del XXVI Corpo d'Armata per carenze logistiche e per le condizioni climatiche inclementi; costretta all'indietreggiamento, favorì l’ampliamento della separazione dalla 11a Armata, con il pericolo di un aggiramento di quest’ultima nella valle dell'Osum che fu sventato grazie all'arrivo dei reparti della divisione alpina Cuneense, sbarcata in Albania il 14 dicembre 1940. Era stata preceduta di un giorno dalla divisione di fanteria Acqui e sarebbe stata poi seguita dalle altre 3 di fanteria (Cuneo; Brennero; Lupi di Toscana), affluite tra il 22 ed il 31 dicembre 1940, nel piano di rafforzamento dello scacchiere.

Pontone traghetto sulla Vojussa presso Tepeleni

Sul fronte dell'11a Armata, nel momento in cui essa si portava sulle posizioni di Tepeleni - Klisura, la Pusteria, giunta in linea a scaglioni di battaglione, senza artiglierie e senza salmerie, stava disponendosi fra il Qarishta ed il Tomori con l'unica possibilità di sbarrare abbastanza saldamente la valle dell'Osum senza tuttavia migliorare lo schieramento, specialmente alla sua destra dove la Julia teneva il monte Fratarit, anche se ormai giunta al limite di ogni ragionevole risorsa.

L'attacco greco per aprirsi una strada verso l'interno dell'Albania si svolse in dicembre a cavallo di 4 direttrici: quella della valle dell'Osum nella zona di contatto fra 9a e 11a Armata; quella della Vojussa - Deshnicës (il fiume parallelo all'Osum sull'altro versante, quello Ovest, del Qarishta) con Klisura come primo obiettivo; quella Dhrinos - Vojussa, con Tepeleni come obiettivo immediato; quella della val Sushiça (posta fra il litorale ed il crinale Ovest del Kurvelesh).

All'inizio della battaglia, l'8 dicembre, il rapporto di forze era di 2 ad 1 a favore dei greci. Questi attaccarono duramente lungo tutte e quattro le direttrici, ma per la strenua resistenza dei difensori non riuscirono a conseguire alcun successo tattico di tali proporzioni da consentire sviluppi strategici.

Lotta contro il fango

Il 19 dicembre la 9 Armata era stata costretta a flettere la propria ala destra mentre l’11 Armata, già con seri problemi per Klisura, venne posta improvvisamente in crisi dal ripiegamento della Modena sul Kurvelesh e soprattutto dal cedimento della Siena con il conseguente abbandono di Porto Palermo. La minaccia creatasi sul litorale con l’occupazione di Himera da parte dei greci, arrivati a 50 km. da Valona, fece passare il resto in secondo piano. A garantire l'integrità dell’importante base logistica, fu posto alle dipendenze dell'11 Armata il Corpo d'Armata Speciale (gen. Giovanni Messe), giunto in Albania a novembre al completo delle strutture di comando ma privo di truppe. Venne schierato nel settore del litorale, comprendendo reparti della Acqui, della Siena, della Divisione Alpina Speciale (gen. Alessandro Piazzoni) e di supporti di C.A.

Il clima intanto non concedeva tregue: le intense ed incessanti piogge avevano reso le zone pianeggianti del fondo valle e le rotabili un mare di fango, mentre nelle posizioni elevate imperversavano violente bufere e prolungate nevicate. Il fango, in particolare, esercitava un'influenza straordinariamente ostile sulle operazioni, perché impediva i rifornimenti e gli sgomberi, per cui molti feriti morivano per l'impossibilità di essere ricoverati in ospedale, inghiottiva parte delle salmerie e causava anche vittime umane.

Avamposto della divisione Parma sul Kulmakes

Non era ancora ultimato l'afflusso delle unità del Corpo d'Armata Speciale che i greci ripresero il 22 dicembre l'offensiva. Sulla direttrice di Valona urtò contro i resti della Siena e proseguì con particolare violenza tra il 26 al 28 in val Sushiça e si spostò nel periodo 28‑30 sul litorale, dove si sarebbe poi manifestato con intensità massima durante tutta la giornata del 4 gennaio 1941. Il 27 dicembre l'11 Armata vedeva l'ala destra (Corpo d'Armata Speciale) a sbarrare gli attacchi greci in val Sushiça che miravano a Valona distante appena una quarantina di chilometri; all'ala sinistra la Pusteria, assalita frontalmente e sul fianco, era stata costretta a ripiegare  e si faceva seria la minaccia nella valle dell'Osum, mentre permaneva esposto a minaccia il solco Tepeleni - Klisura, a causa della pressione avversaria sul Qarishta e sul Fratarit, perni della difesa settentrionale di Klisura.

Sul Qarishta l'attacco greco, teso a sfondare il fronte della Julia ed a proseguire verso la catena dei Trebeshines, cominciò il 23. Nonostante la resistenza veramente epica ed i disperati contrattacchi, la breccia fu aperta e mantenuta, ed il 29 i pochi difensori rimasti furono travolti.

Il 30 dicembre Mussolini sostituì lo sfiduciato Soddu con Cavallero, che mantenne anche la carica di Capo di Stato Maggiore Generale.

Il 2 gennaio 1941 Cavallero dispose la costituzione di un nuovo Corpo d'Armata, il IV (gen. Camillo Mercalli), formato dalla Pusteria, dalla Lupi di Toscana e dalla Siena più un Gruppo di cavalleria ‑ con il compito di contromanovrare nei confronti delle provenienze nemiche dalle valli del Tomori, Osum e Vojussa, ed il 9 gennaio dette il via alla ripresa dell'iniziativa nei settori di Valona e Berat. La perdita dell’importante posizione del monte Topajanit, sul massiccio del Qarishta rese necessario l'abbandono di Klisura e nuovi arretramenti.

Cavallero, dopo la perdita di Klisura, orientò l'impiego delle forze disponibili per la reazione nel settore di Berat, manovra di alleggerimento per il settore di Valona. L'offensiva ellenica, incentrata nella zona del Qarishta, venne contenuta e la contromanovra su Klisura, dopo cinque giorni di sanguinosi scontri che ci costrinsero ad un nuovo ripiegamento dalle posizioni sulle pendici Sudorientali del Trebeshines, valse comunque ad attenuare la pressione nemica su Berat e costituì il primo evento reattivo che influì sulla condotta greca delle operazioni. Verso la fine di gennaio, infatti, il Comando Supremo ellenico rinunziò all'azione a fondo su Berat

La battaglia per Tepeleni ebbe inizio il 13 febbraio e si protrasse sino a metà marzo: la prima fase, asperrima e sanguinosa da entrambe le parti, fu impostata dai greci sulle posizioni del Golico e dello Shëndeli; conseguirono indubbi risultati tattici, ma non raggiunsero l'obiettivo strategico. L'attacco a fondo condotto fu arrestato grazie all'accanita resistenza del XXV C.A. ed al congruo impiego delle sue artiglierie e di quelle dell'VIII, che avevano seriamente ostacolato lo sviluppo della manovra. Dal 20 al 26 febbraio vi fu una pausa legata alla durezza delle condizioni climatiche, che comportò per i combattenti di ambo le parti un puro problema di sopravvivenza: a centinaia i congelati furono sgomberati, ed ogni attività operativa dovette essere sospesa. L'innevamento era copioso, il termometro segnava temperature inferiori ai -15° ed un vento gelido e violento sferzava le truppe.

Passerella sulla Vojussa presso Tepeleni, sullo sfondo il Monte Golico

La seconda fase ebbe luogo tra la fine di febbraio e la prima metà di marzo, ed ebbe un decorso non meno aspro e cruento. I greci attaccarono in forze il Golico e conquistarono alcune quote importanti mettendo in crisi il settore più delicato della posizione di resistenza italiana,. Poi mutarono direzione puntando lungo il solo versante destro della valle della Vojussa, a mezza costa e verso il basso, per isolare le difese dall'altro; riuscirono a far cadere la spalla sinistra dello sbarramento di fondo valle e cercarono di insinuarsi su Dragoti, località e nodo stradale fra Tepeleni e Klisura, ma alla fine, tra l'11 ed il 12 marzo, dovettero arrestarsi avendo ormai esaurito del tutto la loro capacità offensiva.

La nostra strenua battaglia d'arresto condotta dai primi di dicembre in poi aveva dato i suoi frutti, l'azione difensiva era progressivamente diventata più solida e consistente nonostante la povertà dei mezzi, le condizioni climatiche al limite delle possibilità umane e l'impraticabilità delle vie di comunicazione. Ma anche l'apparato logistico iniziava a funzionare.

Anche l'afflusso di nuove GG.UU. continuò, se pur in termini disordinati: fra il 1 gennaio ed il 15 marzo 1941 giunsero in Albania le seguenti Divisioni: Legnano (gen. Vittorio Ruggero, poi Amedeo De Cia) - Pinerolo (gen. Giuseppe De Stefanis) - Cacciatori delle Alpi (gen. Angelo Pivano) ‑ Cagliari (gen. Giuseppe Gianni, poi Paolo Angioy) - Sforzesca (gen. Antonio Ollearo) ‑ Forlì (gen. Giunio Ruggero) - Puglie (gen. Alberto D'Aponte) - Casale (gen. Enea Navarrini), alle quali si sarebbero poi aggiunte, entro il 20 aprile, la Firenze (gen. Paride Negri), la Messina (gen. Francesco Zani) e la Marche (gen. Riccardo Pentimalli).

 

La controffensiva italiana in Val Deshnices

La controffensiva italiana in val Deshnicës, ideata inizialmente quale operazione di concorso per arrestare la pressione greca sul fronte di Tepeleni, fu successivamente ampliata, anche in vista dell'evoluzione in atto della situazione politica, ed assunse un intento strategico anche se le linee della manovra permasero immutate.

Il concetto operativo prevedeva la rottura della linea nemica a cavallo della val Deshnicés con primo obiettivo Suka, località a circa una dozzina di chilometri a Nord di Klisura, e come secondo Klisura stessa; la protezione dei fianchi del contingente operante in tale direzione con contemporanee azioni sia ad Est della catena dei Mali (una lunga dorsale separante le due valli dell'Osum e del Deshnicés) che ad Ovest, dallo Shëndeli verso il Trebeshines, ed infine la recisione dei collegamenti delle truppe greche operanti sull'alto.

La controffensiva ebbe inizio il 9 marzo, affidata al IV C.A. (Cacciatori delle Alpi, Pusteria) all'VIII (Pinerolo, Cagliari, Puglie e Bari) ed al XXV (Sorzesca, Julia, Raggruppamento CC.NN. Galbiati, 2" Rgt. Bersaglieri più un Gruppo alpino). La riserva dell'11a Armata venne costituita su due divisioni (Siena e Legnano), mentre la Centauro rimase come riserva del Comando Superiore; l'Armata fu inoltre rinforzata con 6 gruppi di artiglieria pesante appena giunti. In vista dell'azione, una settimana prima era arrivato in Albania Mussolini, che sino alla vigilia dell'attacco si recò in visita presso i comandi e le truppe.

Fanti avanzano appoggiandosi alle asperità del terreno

Dopo alcuni promettenti successi iniziali ottenuti con l'eliminazione dei dispositivi avanzati delle difese greche, le colonne attaccanti vennero prima o poi quasi tutte arrestate in corrispondenza della linea di resistenza nemica. Per quattro giorni imperversarono violenti combattimenti; al quinto, senza aver conseguito alcun successo rilevante, lo stesso Mussolini ordinò la sospensione dell'offensiva.

Il giorno 19 Cavallero emanò le nuove direttive per una ripresa della controffensiva, dopo una breve sosta necessaria per completare il riordino delle unità, schierare le nuove artiglierie in arrivo dall'Italia e completare l'afflusso di due nuove divisioni provenienti anch'esse dal territorio nazionale, la Casale e la Firenze.

La ripresa delle operazioni, che avrebbe dovuto consistere in due spallate risolutive sulla catena dei Mali ed in un'azione offensiva verso Korça dal settore di Pogradec, affidata alla 9a Armata, fu fissata per il 31, ma gli eventi politici maturati in Jugoslavia determinarono l'annullamento del piano per la precedenza da dare alle operazioni in questo territorio e per la conseguente sottrazione di forze da destinare alla frontiera albano‑jugoslava.

 

L'avanzata finale italiana

I greci ripresero fra il 3 e l'8 aprile gli attacchi alla linea della nostra 9a Annata, che alla fine di marzo, stava preparando la ripresa dell'azione offensiva.

L'attacco greco si sviluppò fra il 3 ed il 4 con grande impeto, ma ottenne solo successi locali in virtù della resistenza opposta dai nostri reparti; il 9 la 9a Amata passò alla controffensiva proiettando una colonna verso Gostivar ed una verso Struga, mentre il grosso venne mantenuto pronto a spostare l'azione su Pogradec per determinare la rottura della linea greca e la riconquista del Korçano.

Il 12 aprile il comando supremo greco ordinò alle truppe d'Albania di dare inizio alla ritirata, diradando progressivamente il fronte. Il 14 la 9 Armata, forzato il Devoli, occupò Korça, il 15 Bilisthti, il 17 Ersekë. La progressione della G.U. fu lenta a causa delle difficoltà opposte dal terreno. Nel primo mattino del 22 la compagnia mitragliatrici del 4' Bersaglieri arrivò al ponte di Perati, trovandolo occupato da un reparto tedesco che, adducendo l'avvenuto armistizio fra la Germania e la Grecia stipulato il giorno prima a Larissa, vietò categoricamente il passaggio.

Bersaglieri e carri L3 in azione

Per quanto concerne l'11a Armata, iniziò il proprio movimento il 13 aprile lungo la direttrice Tepeleni – Argirocastro - bivio di Kalibaki – Gianina - Missolungi. Anch'essa incontrò una dura resistenza e difficoltà rilevanti connesse al movimento e dove le interruzioni erano sempre faticose da superare. Nonostante tutto il 17 riconquistò Klisura. In quello stesso giorno lo schieramento delle retroguardie avversarie dal Tomori al mare era crollato; la sinistra dell'Armata, con la Pusteria, attestava ad Ersekë; al centro la Bari risaliva la valle della Vojussa verso Premeti, mentre in quella del Dhrinos la Ferrara e la Casale si avvicinavano ad Argirocastro; l'ala destra, alquanto più arretrata, era a Porto Palermo. Fra il 19 ed il 22 reparti della Bari, della Cagliari e della Cacciatori delle Alpi ebbero ragione della testa di ponte di Perati, congiungendosi con quelli della 9a Armata giunti in contemporanea, ed anch'essi obbligati  dalle truppe tedesche a fermarsi.

Il 22 aprile 1941, la resa senza condizioni di tutte le forze armate greche venne offerta al gen. Geloso, ed il «cessate il fuoco» venne firmato a notte inoltrata dai plenipotenziari ellenici ed italo‑tedeschi. Le operazioni italiane terminarono con l'occupazione di Corfù il 28 e delle isole di Cefalonia, Zante ed Itaca il 30 aprile.