Das Afrika Schiff
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Nel 1917, la Grande Guerra infuriava fino ai confini più remoti dei possedimenti coloniali tedeschi in Africa. Le truppe britanniche stavano combattendo contro il generale Paul Emil von Lettow-Vorbeck nell'Africa Orientale Tedesca, un'area subequatoriale che oggi è compresa negli stati di Tanzania, Ruanda e Burundi.

Dal 1941 al comando di 110 ufficiali e 126 sottufficiali tedeschi e 2.500 nativi, era di gran lunga inferiore alle forze britanniche contrapposte. Lettow-Vorbeck ottenne vittorie decisive nel 1914 prima di dover ricorrere alla guerriglia con l’aumento delle forze britanniche oppostegli. Da allora resisteva ed era riuscito ad aumentare le sue forze a quasi 12.000 uomini, la maggior parte dei quali erano Askari indigeni. Tuttavia, nel novembre 1917, rifornimenti e munizioni stavano finendo e il piccolo esercito di Lettow-Vorbeck era attaccato da un esercito misto di quasi 300.000 uomini di forze britanniche e portoghesi.

Tagliate fuori da possibili rifornimenti via mare dalla potente marina britannica, le forze tedesche si battevano disperatamente. Di fronte alla necessità di rifornirle, a Berlino si escogitò un piano innovativo per trasportare in aereo i rifornimenti attraverso i 7.250 chilometri che separavano la Germania dai suoi possedimenti coloniali.

Per portare a termine il piano, venne incaricato allo Zeppelin LZ104 di effettuare una missione segreta nell'angolo più oscuro dell'Africa e di consegnare 50 tonnellate di rifornimenti.

Lo Zeppelin LZ104 aveva una lunghezza di 226 metri, un diametro di 24 metri e un volume di gas di 68.500 metri cubi, che forniva una capacità di sollevamento di 52.100 kg e una quota operativa di 8.200 m. Era alimentato da cinque motori in linea Maybach Mb IVa da 240 CV, con una velocità massima di 108 kmh e un'autonomia di 8.000 km.

Lo Zeppelin LZ104 partì dalla sua base a Friedrichshafen e mise prua a sud attraverso l'Europa per un volo di 29 ore che lo portò fino all'ultimo aeroporto dove la Germania poteva aspettarsi assistenza: Jamboli in Bulgaria.

La missione aveva il nome in codice “China-Sache” e doveva essere tenuta segreta per evitare la possibilità di intercettazioni da parte di aerei britannici con base in Nord Africa. Tuttavia, il segreto fu presto svelato poiché i decrittatori britannici avevano decifrato i codici militari tedeschi. Le squadriglie aeree britanniche in Egitto vennero quindi poste in allarme.

Il 21 novembre 1917, lo Zeppelin LZ104 (designato L.59 per le operazioni tattiche) al comando del Kapitänleutnant Ludwig Bockholt partì da Jamboli in Bulgaria per la sua missione. Davanti c'erano migliaia di chilometri di territorio quasi tutto controllato dal nemico senza supporto e privo di qualsiasi aeroporto amico.

Poiché nell'Africa Orientale Tedesca non sarebbe stato disponibile gas idrogeno per rifornire le sacche di gas del dirigibile, il volo era senso unico. Dopo l'arrivo, l'L.59 sarebbe stato spogliato e cannibalizzato.

Volando quasi sempre alla massima velocità, il dirigibile poteva raggiungere gli 80 km/h, per cui si stimava il raggiungimento della sua destinazione in circa 100 ore. Tuttavia, tale velocità lo rendeva facile preda di qualsiasi aereo britannico che fosse riuscito ad intercettarlo.

Dopo essere partito dalla Bulgaria, l’L.59 transitò alle 0945 sopra Adrianopoli per poi proseguire attraverso la Turchia verso il Mar di Marmara. A Pandena, sulla sponda meridionale, seguì i binari della ferrovia per Smirne, un nastro d'acciaio appena visibile dopo il tramonto. Alle 1940 l’L.59 si staccò dalla costa turca allo Stretto di Lipsa. Ora le isole greche del Dodecaneso - Kos, Patmos, Rodi - passavano sotto, incastonate come gioielli oscuri nelle acque nere del Mediterraneo e il dirigibile puntava su Creta.

Alle 2215 l’L.59 passò sopra Capo Sidero all'estremità orientale di Creta a 900 metri. Poi le stelle con cui Bockholt aveva guidato lo Zeppelin verso Africa scomparvero improvvisamente, cancellate da una solida massa di nubi nere e ribollenti, attraversate da brillanti vene di fulmini. Il dirigibile si diresse verso questo banco di nubi e, sballottato da tuoni e pioggia battente, fu anche improvvisamente consumato da una strana fiamma vivida, fredda al tatto, che sembrava danzare su ogni superficie dell'involucro di tela drogata.

"La nave sta bruciando!" gridò la vedetta superiore: era il fuoco di Sant'Elmo, dal nome di Sant’Erasmo da Formia, patrono dei naviganti. Tecnicamente un plasma luminoso generato da una scarica in un campo elettrico atmosferico, bruciava di un vivido viola-blu e, in termini non tecnici, era del tutto bello. Per innumerevoli secoli il fenomeno era stato interpretato come un segno - di quello che, esattamente, nessuno poteva dire - della benedizione o della maledizione di Dio.

Non era un fenomeno tranquillo, il fuoco di Sant'Elmo ora sibilava, sfrigolava e scoppiettava mentre L.59 passava attraverso la tempesta, svanendo alla fine quando il dirigibile irruppe nell'aria limpida e nell'abbagliante luce della luna. Ora l'Africa brillava debolmente davanti a sé, i porti marittimi dei pirati della costa settentrionale. Per tutta la durata della tempesta, le antenne radio dell'L.59, tre lunghi fili delicati che si trascinavano sotto il suo vasto ventre, erano state avvolte. Attutito dal silenzio radio, lo Zeppelin era stato irraggiungibile da qualsiasi comunicazione dalla Germania.

Tre ore e mezza dall'inizio del volo, i tedeschi appresero in qualche modo - come, esattamente, diventerà una questione critica - dell'avanzata britannica nelle Makonde Highlands, il luogo di atterraggio concordato e decisero di interrompere la missione. Nonostante l’intervento del trasmettitore radio di Nauen, vicino a Berlino, il più potente della Germania, che trasmise il messaggio di richiamo per tutta la notte lo stesso non giunse all’L.59.

Proseguendo la rotta, l’L.59 incontrò la costa dell'Africa alle 0515 del 22 novembre a Ras Bulair, sulla costa libica e da lì in poi correva il serio pericolo di essere intercettato dai velivoli da caccia britannici. Si diresse verso sud alla massima velocità, raggiungendo il Nilo all’Wadi Halfa e seguendo il corso, nella speranza di evitare il rilevamento.

Un altro problema emerse nella metà pomeriggio quando si fermò un motore. Per coincidenza, quel motore alimentava anche il trasmettitore radio del dirigibile, il che significava che il dirigibile non poteva trasmettere i suoi rapporti di posizione al Comando ma era solo in grado di ricevere messaggi.

Anche l'equipaggio iniziava a subire lo stress dalle estreme condizioni climatiche che si incontravano durante il volo: durante il giorno il caldo che, al calare della notte diventava freddo quasi gelido

Questi sbalzi di temperatura influenzavano anche l'idrogeno gassoso del dirigibile: il raffreddamento durante la notte provocava una perdita di galleggiamento che, seguita dalla turbolenza termica causata dal rapido riscaldamento delle dune di sabbia all'alba da parte del sole, portò, al mattino del 23 novembre, il dirigibile vicino al precipitare.

Con il caldo opprimente del giorno, l'equipaggio iniziò a soffrire di mal di testa e stanchezza; alcuni addirittura iniziarono ad avere allucinazioni.

Nel frattempo, gli inglesi iniziarono a trasmettere false comunicazioni navali tedesche, trasmesse in perfetto codice, come stratagemma nel tentativo di cambiare la missione. In qualche modo, i messaggi non furono ricevuti e non influirono sul prosieguo della missione. Inoltre, per il danno al trasmettere radio. L’L.59 non era in grado di trasmettere la sua posizione. Questo ostacolava i piani di intercettazione britannici poiché non avevano messaggi di segnalazione di posizione attraverso i quali tracciare il dirigibile e dirigere i loro aeroplani. Fu una circostanza fortunata per i tedeschi che volarono così senza ostacoli nonostante una vasta ricerca aerea britannica in gran parte dell'Egitto.

Lo Zeppelin L.59 uscì dall'Egitto ed aveva superato la metà del volò verso l'Africa Orientale Tedesca quando fu ricevuto il messaggio da Nauen. Il messaggio era chiaro: era l’ordine di interrompere la missione. Gli inglesi erano riusciti a scacciare le forze di Lettow-Vorbeck dalla prevista zona di atterraggio. Le truppe di Lettow-Vorbeck si erano ritirate sulle montagne dove cime e pendii rocciosi rendevano impossibile l’atterraggio.

A bordo del L.59, il Kapitänleutnant Bockholt dovette affrontare una scelta difficile. La missione sarebbe senza dubbio fallita se avesse proceduto. Un atterraggio in montagna avrebbe certo portato alla distruzione del dirigibile ma forse si sarebbero salvati parte degli uomini e dei rifornimenti. L’equipaggio lo esortò a proseguire, ma gli ordini erano inequivocabili.

Ritratto di Kapitänleutnant Ludwig Bockholt, comandante dello Zeppelin L.59

Il comandante fece quindi voltare la prua a nord per tornare in Europa. Con tutte le criticità del volo di andata, si fece strada attraverso l'Egitto, in qualche modo ancora una volta evitando il rilevamento da parte dei velivoli di ricerca britannici, seguendo il percorso di andata verso la Bulgaria ma, questa volta, evitando Creta.

Alla fine, la missione dell'L.59 durò 96 ore e vennero percorsi 6.800 chilometri circa alla velocità media di 70 km/h, nonostante la perdita di uno dei motori. L'equipaggio, in condizioni disperate dopo due transiti sull'Egitto e dopo aver sopportato grandi temperature estreme e disidratazione, era rimasto al proprio posto per tutto il viaggio.

Tuttavia, la missione della L.59, nota in seguito come "Das Afrika Schiff", fu un fallimento strategico. Soprattutto, fu un volo eroico, straordinario e da record. La distanza percorsa senza scalo sarebbe rimasta un record ininterrotto per anni a venire.

L’L.59 esplose in volo il 7 aprile 1918 mentre volava verso Malta per attaccare la base britannica.